Il compattamento è uno dei grandi mali che affliggono i suoli agricoli del pianeta. Secondo l’ultimo rapporto Fao, il 33% del territorio è moderatamente o altamente degradato a causa di erosione, salinizzazione, acidificazione, inquinamento e, per l’appunto, compattamento. Invertire questa tendenza è, secondo la Fao, essenziale, anche in vista della preventivata crescita della popolazione globale.
Non è, però, soltanto un fatto di politica alimentare mondiale: i terreni compattati producono meno, sono più sensibili agli sbalzi idrici (stress da carenza o eccesso di pioggia), provocano ristagni d’acqua e non permettono un adeguato sviluppo radicale delle piante che vi crescono. Per ridurre il compattamento esistono due strade: abbassare il peso dei mezzi che vi transitano o distribuirlo meglio, ampliando la superficie di appoggio. Considerando che l’agricoltura moderna ha sempre più bisogno di cavalli e macchine di grande dimensione, tuttavia la seconda opzione diviene quasi obbligatoria. In questo senso – bisogna dirlo – soluzioni come la cingolatura delle macchine operatrici presentano oggettivi vantaggi, rispetto a uno pneumatico tradizionale. È anche per questo motivo che i costruttori di questi ultimi si sono impegnati, da qualche anno, per aumentare la superficie di appoggio dei loro prodotti, così da ottenere, con una operazione, un doppio risultato: ridurre – appunto – il calpestamento e aumentare l’aderenza, che significa maggior capacità di traino e minor rischio di slittamento delle ruote.
La ricerca ha così messo a punto tecnologia piuttosto interessanti, che si affiancano a quelle tradizionalmente adottate dagli agricoltori più attenti a questi problemi: gemellaggio delle ruote, impiego di pneumatici a battistrada più largo o sistemi di telegonfiaggio.
Gli standard IF e VF
Uno degli elementi fondamentali su cui si è lavorato è, come noto, la realizzazione di pneumatici a bassa pressione che offrissero però un livello immutato – se non migliore – di prestazioni e, soprattutto, sicurezza. Abbassando la pressione degli pneumatici si allarga la superficie di appoggio, col risultato di ridurre il compattamento e aumentare la capacità di traino. Ottenendo, di conseguenza, vantaggi anche sulla capacità di lavoro oraria e i consumi di carburante.
Per questo motivo, tra l’altro, ridurre la pressione in campo è una delle soluzioni storicamente impiegate dagli agricoltori. L’adozione di questa tecnica su pneumatici pensati per condizioni di lavoro diverse, tuttavia, comporta rischi di fuoriuscita dal cerchio, possibilità di slittamento dello pneumatico sul medesimo e, nella migliore ipotesi, maggiore usura sui fianchi. Inoltre, la bassa pressione non poteva essere mantenuta su strada, per questioni di omologazione e codice stradale. La sfida è stata allora quella di produrre pneumatici che eliminassero gli svantaggi della bassa pressione. Vi si è riusciti, con due nuovi standard.
Il primo è chiamato IF (Improved flexion): una sigla che, in pratica, contraddistingue gli pneumatici caratterizzati da maggior flessibilità delle spalle e pertanto adatti a operare in piena sicurezza ed efficienza anche sotto il bar. In linea generale, gli pneumatici IF possono sopportano pressioni inferiori del 20% rispetto a un parigrado di tipo convenzionale, il che assicura una superficie di appoggio superiore o, a parità di pressione, una maggior capacità di carico.
Questo è stato un primo importante passo avanti; tuttavia la ricerca, spinta dalla richiesta di pneumatici più efficienti e dalla concorrenza tra produttori, è andata oltre, creando lo standard VF (Very high flexion), che raddoppia le performance dell’IF: 40% di pressione in meno rispetto al normale oppure 40% di capacità di carico in più a parità di pressione. L’aspetto più importante è però che grazie al telaio interno e alla particolare mescola dei fianchi, questi pneumatici possono viaggiare a bassa pressione anche su strada, sempre garantendo la massima sicurezza. In altre parole non è più necessario gonfiare e sgonfiare le gomme ogni volta che ci si sposta da un campo all’altro e questo, conoscendo le condizioni di lavoro degli agricoltori italiani, che hanno aziende spesso disseminate su tre o più corpi, è un bel vantaggio. Per non parlare dei contoterzisti, che per definizione si spostano da un’azienda all’altra e che finora non potevano certo adottare pneumatici a pressione ridotta, a meno di non rigonfiarli ogni volta che dovevano tornare su strade pubbliche.
Esigenze diverse
IF e VF sono due tecnologie che riguardano da vicino i trattori, oltre che irroratori semoventi e macchine per la raccolta. Queste ultime, e anche mezzi come carri, botti per liquami e simili, hanno però anche esigenze specifiche. Fedele al principio della specializzazione, la ricerca ha così messo a punto pneumatici per ogni comparto. Per le macchine da raccolta, per esempio, si lavora su ruote che permettano di sopportare in sicurezza l’elevatissima differenza di carico che si ha tra la macchina vuota e piena di cereale. Lo stesso vale, ovviamente, per spandiletame e botti per liquami, alcune delle quali hanno capacità di carico superiori ai 20 metri cubi. Per i rimorchi, invece, sono stati pensati pneumatici a grande volume e altri che abbinassero capacità di muoversi in campo ed eccellenti prestazioni su strada, a velocità elevate. Atg è arrivata a progettare una ruota in grado di viaggiare fino a 100 km orari a bassa pressione, per esempio, e anche Bkt ha lavorato sulla stessa falsariga con la sua gamma Flotation, mentre Vredestein ha prodotto la linea Traxion Cereall, dedicata appunto a mietitrebbie e macchine a carico variabile. Come si vede, anche in questo campo la parola d’ordine sta diventando “specializzazione”, per dare a ciascun mezzo il miglior pneumatico possibile.