Il consueto appuntamento con le previsioni vendemmiali ufficiali, elaborate congiuntamente da Osservatorio Assoenologi, Ismea e Unione Italiana Vini, con l’ulteriore contributo dell’Ufficio competente del Masaf e delle Regioni, quest’anno si è svolto in un contesto di particolare rilievo ovvero il G7 Agricoltura. Nell’ambito dell’Expo Divinazione a Ortigia (SR), l’evento dedicato ha avuto luogo lo sorso 24 settembre e ha riunito numerose figure di riferimento della filiera vitivinicola italiana. Andando molto oltre la mera esposizione di cifre e trend sulla vendemmia 2024, il momento è divenuto l’occasione per riflettere su un settore di assoluta importanza per l’economia e l’occupazione del nostro Paese, ma che manifesta diversi punti di sofferenza.
Due annate consecutive difficili e controverse sul fronte meteorologico, quali sono state la 2023 e la 2024, certamente hanno avuto un peso determinante nel favorire le criticità. Ma all’orizzonte (e nemmeno un orizzonte tanto lontano) c’è altro: lo spauracchio del calo generalizzato dei consumi, le difficoltà nel dialogo con le fasce più giovani di consumatori e le allerte salutistiche, talora sfociate in generiche e generalizzate crociate contro l’alcol, nelle quali il vino viene inghiottito senza che si tenga conto del suo valore storico, sociale e culturale. E ancora: una Ue che pare voler sostenere gli estirpi in maniera indistinta.
Qui di seguito riportiamo i principali dati emersi dalle previsioni sulla vendemmia 2024 dello scorso 24 settembre.
Vendemmia 2024: volumi in crescita
Sono 41 milioni gli ettolitri stimati per la vendemmia 2024, che segna una timida risalita delle quantità dopo la scorsa annata molto scarsa a causa soprattutto della peronospora. Pur registrando un +7% sul 2023, il raccolto 2024 rimane distante (-12,8%) dalla media produttiva dell’ultimo quinquennio.
A contenere il potenziale produttivo, l’ormai consueto impatto di fenomeni climatici estremi, dalle piogge eccessive al Centro-Nord alla siccità nel Sud.
L’indagine vendemmiale mostra una sostanziale tenuta al Nord (+0,6%), accompagnata da una ripresa importante nel Centro (+29,1%) e da un incremento contenuto nel Sud (+15,5%) che, tuttavia, non bastano a riportare la produzione sui livelli di medio-periodo.
Mentre Nord e Centro si discostano dalle medie quinquennali (2019-2023) rispettivamente del 5,3% e 5,4%, la performance dei vigneti di Sud e Isole si conferma in forte flessione, a -25,7% (tab. 1).
Il ruolo delle precipitazioni
La stagione è stata caratterizzata da piogge eccessive nel Centro-Nord, soprattutto nel periodo primaverile. Se da un lato queste hanno ricostituito le risorse idriche, dall’altro hanno creato apprensione per la gestione delle fitopatie, in particolare la peronospora. A differenza dello scorso anno i danni sono stati più localizzati e contenuti, anche grazie a una buona programmazione dell’azione di contenimento. Tra le più colpite, le aree a coltivazione biologica.
Al Sud, invece, gli sporadici violenti temporali, in particolare nelle aree centrali, non hanno compensato una carenza idrica durata mesi, che ha indotto i viticoltori ad anticipare le operazioni di una vendemmia che alla fine sarà molto lunga. Per questo motivo l’andamento climatico delle ultime settimane di maturazione sarà cruciale e, se le condizioni meteo permetteranno una maturazione ottimale delle uve, soprattutto per le varietà più tardive, la produzione potrebbe essere più generosa delle stime.
La classifica europea
Diffuso anche in altri Paesi europei il calo produttivo, determinato dalle avverse condizioni meteo dell’annata. La Francia segna -18% a 39,28 milioni di ettolitri, la Germania -2% a 8,40 milioni di ettolitri e il Portogallo -8% a 6,90 milioni di ettolitri. In ripresa la produzione spagnola, che con 39,75 milioni di ettolitri registra un aumento del 20% sui volumi 2023 e scalza la Francia dalla seconda posizione nella classifica dei produttori. La drastica contrazione della Francia riconsegna all’Italia il primato produttivo mondiale.
Complessità, la nuova sfida
Abbiamo contattato agronomi ed enologi che operano lungo lo stivale chiedendo loro di restituirci una fotografia dell’annata 2024. Ecco cosa ci hanno risposto.
«A livello nazionale la stagione vegetativa è iniziata con un effetto del cambiamento climatico molto evidente – rimarca l’agronomo Giovanni Bigot (Perleuve) – con temperature dei primi 15 giorni di aprile di 5-7 °C superiori alla media e massime che hanno raggiunto anche i 26-28 °C. Questo ha favorito il germogliamento anticipato di tutte le varietà.
Nella seconda metà di aprile si è invece assistito a un abbassamento termico repentino, con temperature inferiori alla media stagionale del periodo di 4-5 °C. Si è trattato di un’ondata di freddo proveniente da Nord Ovest, che ha portato a gelate tardive il cui danno più preoccupante è emerso a fine aprile, quando ha iniziato a manifestarsi la regressione a viticcio, quest’anno incredibilmente diffusa ed evidente trasversalmente in tutte le regioni d’Italia e su tutti i vitigni. Molti dei cali produttivi cui ci troviamo di fronte ora, dell’ordine del 40-50%, sono legati a questo fenomeno. Nei mesi successivi abbiamo avuto sicuramente andamenti diversi tra il Nord-Est e il Nord-ovest, il Centro e il Sud Italia.
Al Centro-Sud (da Abruzzo e Campania in giù) la carenza di precipitazioni durante l’inverno ha abbassato le riserve idriche dei suoli, con conseguenze gravi nei mesi da maggio alla vendemmia, nei quali le precipitazioni sono state pressoché assenti. Si sono registrati di conseguenza cali produttivi fino a -70 /-80%. Toscana, Marche, Umbria e Sardegna ed Emilia-Romagna sono state nettamente più equilibrate dal punto di vista delle precipitazioni, ma per effetto di temperature decisamente elevate durante i mesi estivi la maturazione tecnologica ha proceduto lentamente, a causa del bilancio negativo tra fotosintesi e respirazione.
La maturazione lenta sarebbe stata di per sé un fatto positivo se nella parte finale del processo di maturazione non fossero insorti problemi di marciumi dovuti ad acini gonfi e spaccature, oltre che infestazioni di Tignoletta di terza generazione – continua Bigot –. In tutto il Nord Italia, da Ovest a Est ma con maggior intensità a Ovest, le piogge abbondanti nella prima parte della stagione vegetativa hanno creato diversi problemi sanitari e di vigoria, che sono stati contenuti al meglio in presenza di una gestione oculata del suolo. Gli inerbimenti alti, per esempio, sono stati utilizzati per sfruttare la competizione con le viti e ridurre gli effetti dell’eccesso di acqua.
Anche al Nord-Est poi, come al Centro, durante l’estate le temperature elevate hanno portato a blocchi della fotosintesi, riduzione del peso medio degli acini e scottature. Questo quadro ha provocato un calo produttivo medio del 40%, che ha raggiunto punte del 50% nei Colli Orientali del Friuli. Piovosità elevata e temperature più basse rispetto a quelle registrate nel resto del Nord hanno invece caratterizzato Trentino e Alto-Adige, dove le condizioni sono state alla fine ottimali per le basi spumanti e sub-ottimali per le altre tipologie enologiche. Insomma, una stagione complessa – conclude –. Ogni areale ha avuto la sue criticità da affrontare e chi ha raggiunto il miglior risultato è chi è riuscito a gestire questa complessità, che è la nuova sfida della viticoltura italiana».
Nord-Ovest, criticità fitoiatriche
Le osservazioni che seguono riguardano principalmente buona parte del Piemonte (Gavi Docg, Clli Tortonesi, Astigiano, Monferrato casalese, Barolo, Barbaresco, Alto Piemonte) e singole zone della Lombardia (Varese e Valtellina).
«L’annata 2024 è stata caratterizzata da temperature elevate non eccessivamente durature e precipitazioni primaverili importanti e frequenti, che hanno richiesto numerosi interventi in vigneto con le operazioni di raccolta ancora in essere e rese difficili dall’andamento meteo, con pioggia che in diverse occasioni ha interrotto momentaneamente le vendemmie – spiega Davide Ferrarese (VignaVeritas) –. Dopo un fine inverno e inizio primavera piovosi, aprile ha portato temperature calde anomale, e, successivamente, un periodo di freddo nelle notti tra il 18 e il 24 dove si sono registrate localmente temperature prossime a 0 ° C, in seguito alle quali si segnalano alcuni danni da gelata.
A maggio si è registrato un lieve rialzo termico ma caratterizzato da una forte instabilità in cui hanno prevalso fenomeni piovosi più o meno diffusi e a tratti temporaleschi. L’annata si è subito presentata molto complicata, sia dal punto di vista operativo che delle patologie. Le precipitazioni ripetute, talvolta localizzate e impreviste, hanno reso difficile l’esecuzione dei trattamenti fitosanitari, con il rischio di dilavamento dei prodotti e con allungamento dei turni tra i trattamenti.
Le condizioni hanno così favorito attacchi di peronospora, che si è manifestata principalmente su foglia ma successivamente anche sulle fioriture e sui grappoli – continua Ferrarese –. Inoltre, l’allegagione e lo sviluppo del grappolo in alcuni casi ha manifestato forme di acinellatura. L’inizio di luglio ha visto un progressivo rialzo termico, portando anche la manifestazione di oidio. La disponibilità idrica nel terreno ha comunque favorito l’ingrossamento degli acini e l’avvio verso l’invaiatura anche se in ritardo rispetto agli anni precedenti. Agosto si è aperto con un’ondata di caldo, mentre settembre ha portato a una sensibile riduzione delle temperature minime, più nuove precipitazioni distribuite su tutto il mese.
Attualmente alcune varietà devono essere ancora raccolte (nebbiolo e barbera) e i grappoli arrivati alla vendemmia non avevano eccessi zuccherini; in alcuni casi è tornata farsi vedere la botrite. In questa stagione sono maggiormente presenti le piante colpite dal complesso del Mal dell’Esca, e si mantiene stabile la presenza della Flavescenza dorata – conclude il tecnico –. Anche la Popilia è stabile e non si è allargata dalle zone “storiche” attorno a Malpensa (alto Piemonte e Varese)».
Nord-Est: campagna impegnativa
«L’annata 2024 sarà ricordata dai viticoltori come impegnativa, faticosa e molto lunga – sottolinea Roberto Merlo (Uva Sapiens) –. Quest’anno l’effetto del cambiamento climatico, a differenza del passato, si è percepito più chiaramente anche nel Nord-Est. Se ne sono viste di tutti i colori, dal germogliamento anticipato che si è verificato su alcune varietà alla fine di marzo, alla fioritura anticipata alla fine di maggio, alle piogge insistenti della primavera, ai picchi di calore e alla necessità di effettuare irrigazioni di soccorso, situazione paradossale viste le precipitazioni verificatesi fino alla metà di luglio.
Il periodo piovoso ci ha obbligato ad attuare una difesa antiperonosporica particolarmente serrata ma a questo i viticoltori sono preparati – afferma – non sono invece avvezzi a eseguire trattamenti così frequenti e per così lungo tempo. Per il Pinot grigio la vendemmia è arrivata presto, come per lo Chardonnay e il Sauvignon blanc. In un secondo momento, più in linea con le abitudini, è arrivata la Glera, che ha una superficie sempre più importante nei nostri areali, poi la Ribolla e a seguire i rossi.
Dal punto di vista qualitativo pare che l’annata, a dispetto delle difficoltà mostrate nella fase vegetativa, sia di un buon livello anche se le varietà precoci sono state meno generose del solito. La riduzione delle temperature e le seppur scarse piogge verificatesi tra la fine di agosto e l’inizio di settembre pare abbiano dato ristoro alle varietà raccolte successivamente».
Toscana a mosaico
«Un giugno a tratti fresco e piovoso ha aumentato la pressione della peronospora, creando alcuni problemi di difesa, ma la difficile esperienza del 2023 ha aiutato i viticoltori a mantenere molto viva l’attenzione nei confronti questo pericoloso patogeno – illustra l’agronomo ed enologo Alfredo Tocchini –. Luglio e agosto sono poi stati mediamente molto caldi e asciutti ma con temporali sparsi anche violenti. Il risultato: una significativa disomogeneità di sviluppo e maturazione fra i vigneti.
Anche all’interno della stessa azienda abbiamo avuto impianti che hanno ben sopportato l’irregolarità della stagione affiancati da altri in grande difficoltà a raggiungere condizioni ideali di maturazione. I motivi sono principalmente due. Eventi meteorici spesso localizzati in areali di ridotte dimensioni: in una zona piove molto mentre a poca distanza non piove per niente; vigneti bloccati dal caldo, incapaci di maturare e dalle uve appassite, fiancheggiano vigneti in perfette condizioni vegetative. Situazioni particolari, che in cantina si traducono in fermentazioni molto diverse fra loro e che necessitano, caso per caso, di una attenta interpretazione da parte dell’enologo.
La chiave di volta per la gestione di questi problemi? La corretta conduzione dei vigneti – consiglia l’esperto – che significa saper mettere tutti gli impianti in condizioni vegeto produttive ideali e commisurate all’obiettivo enologico prefissato. Servono viticoltori esperti che mettano l’enologo in condizione di non subire le annate ma di interpretarle sempre ai massimi livelli».
Puglia: siccità e gestione del suolo
«La vendemmia 2024 si caratterizza per una stagione particolare ed estremamente siccitosa – sottolinea l’enologo e viticoltore Angelo Bagorda –. Tra l’inverno e l’inizio della primavera si sono registrati 50-60 mm di pioggia, mentre nella fase di vegetazione del vigneto (150-180 giorni) si sono registrati 75 mm negli ultimi 30 giorni. Le conseguenze sono state una drastica riduzione del peso degli acini (30-50% in meno), una concentrazione degli zuccheri in maturazione e valori di pH sostenuti o alti (3.5-4.0). Segni inequivocabili di una sofferenza delle piante e di una rivedibile qualità dei vini.
Esistono eccezioni legate alla continuità di gestione ponderata, oculata e sostenibile dei suoli da almeno quattro anni, per esempio con applicazione di sovescio. Il 2024 può averci dato un’ulteriore lezione, invitandoci e porre maggiore attenzione alla vita nelle rizosfere delle nostre piante».
Sicilia, anticipo record
«La vendemmia 2024 in Sicilia è figlia di due anni complicati che hanno messo a dura prova anche la naturale resilienza della vite. Le problematiche riscontrate durante la stagione primaverile 2023 hanno portato a perdite di produzione, scarsa lignificazione estiva e basso accumulo di sostanze di riserva dovute ai prolungati attacchi di peronospora – fa notare il consulente di Uva Sapiens Mattia Filippi –. Dall’estate 2023 si è avuto un susseguirsi di periodi decisamente secchi che sono proseguiti fino alla primavera-estate 2024 con totale assenza di piogge a livello regionale. In alcuni areali la piovosità da settembre 2023 a settembre 2024 è pari a 200 mm.
Deficit idrici che hanno addirittura compromesso la possibilità di eseguire in maniera corretta anche semplici interventi agronomici come la lavorazione dei suoli, andando quindi ad aggravare l’evapotraspirazione totale. Le produzioni si sono attestate a circa -15% rispetto alla vendemmia 2023, con un calo del 50% rispetto alla media degli ultimi 10 anni, che manifestava comunque una tendenza in calo costante.
Verosimilmente le medie produttive tra le diverse varietà si attesteranno nell’intorno dei 40 q/ha. Le operazioni di raccolta sono iniziate il 15 luglio, record europeo, con Chardonnay e Pinot grigio, e si concluderanno la seconda decade di ottobre sull’Etna con Carricante e Nerello mascalese, confermando gli ormai famosi 100 giorni di vendemmia siciliana.
L’anticipo delle attività di raccolta nella parte sudorientale e occidentale è stato anche di 20 giorni su alcune varietà come Grillo, Inzolia e Catarratto. La preoccupazione per le condizioni di maturazione ha fatto innalzare l’allerta sulle tempistiche di raccolta, che sono state tempestive e mirate e hanno garantito una qualità delle uve oltre le aspettative.
Ancora una volta le zone storicamente più vocate hanno garantito migliori performance quali-quantitative – conclude Filippi – e questo dovrà servire come segnale per la pianificazione viticola del futuro, visto il quadro allarmante del climate change anche nel bacino del Mediterraneo».