Un portainnesto ci salverà

    viticoltura
    Lucio Brancadoro, docente di Arboricoltura generale e coltivazioni arboree all’Università di Milano
    Nell'editoriale di Terra e Vita n. 21/2024 Lucio Brancadoro indica la strada per rendere la viticoltura più resiliente ai cambiamenti climatici

    I cambiamenti climatici ci stanno portando a una tropicalizzazione del clima, con andamenti stagionali caratterizzati da eventi particolarmente estremi. Questo non significa solo incremento delle temperature, ondate di calore e periodi siccitosi prolungati, ma anche, come nella scorsa e in questa primavera, in gran parte delle regioni d’Italia, eventi piovosi di eccezionale frequenza e portata che stanno avendo conseguenze negative sulla viticoltura e sulla quantità e qualità delle produzioni vitivinicole.

    Cosa fare per affrontare queste condizioni così mutevoli è uno dei quesiti sempre più presenti nei pensieri dei viticoltori italiani e non solo. Da anni il mondo della ricerca ha sviluppato diversi strumenti e tecniche per affrontare in modo efficiente i problemi legati alle alte temperature e/o alle condizioni siccitose dando un ampio ventaglio di soluzioni al mondo produttivo, come sistemi d’irrigazione di precisione e multifunzionale o prodotti schermanti la radiazione solare (caolino, zeolite ecc.), senza dimenticare i diversi Dss che coadiuvano i viticoltori nella loro attività. Ma per le condizioni contrarie, eccessi idrici e temperature inferiori alla media, al momento non ci sono strumenti che possano dare risposte.

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    In realtà una soluzione a questo continuo alternarsi di condizioni meteo è racchiusa in una parola che in questi ultimi anni è diventata un mantra di tutto il settore vitivinicolo e più in generale dell’agricoltura: resilienza. Cioè la capacità di reagire e adattarsi al variare delle condizioni. Se pensiamo realmente di poter dar seguito all’obiettivo di una viticoltura resiliente non possiamo non partire dal principale strumento di mediazione che i viticoltori hanno tra il pedoclima e il vitigno: il portainnesto.

    La capacità di tollerare o no la carenza idrica è una caratteristica riconosciuta ai differenti portainnesti mentre la loro tolleranza a condizioni di eccesso idrico sono poste spesso in secondo ordine se non omesse. In realtà condizioni di eccesso di pioggia, come quest’anno si stanno verificando nel Centro-Nord del Paese, sono causa di numerose disfunzioni nutrizionali della vite e non solo. In queste settimane, nei suoli “freddi”, con eccessi idrici, è possibile vedere di frequente vigneti con chiome verdi pallido, che nei casi peggiori diventano sintomi di clorosi ferrica, con ritardi dello sviluppo vegetativo e in altri casi svilupparsi in carenza di boro, tutti sintomi di insufficiente nutrizione minerale, dovuta a portainnesti che tendono a ritardare i germogliamenti prediligendo terreni più “caldi” e asciutti.

    Ma ancor più marcati squilibri nutrizionali si potranno avere nel caso di vitigni suscettibili al disseccamento del rachide, come Marzemino, Croatina ecc. Questa fisiopatia nutrizionale legata a un non corretto rapporto tra potassio e i cationi calcio e magnesio, in stagioni particolarmente piovose e con temperature contenute si manifesta in modo diffuso, causando importanti perdite produttive e qualitative, soprattutto quando si usano portainnesti efficienti nell’assorbimento del potassio.

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    Solo questi esempi sarebbero sufficienti a far riflettere più attentamente sulla scelta del portainnesto, ma ancor più importante è ricordare che una vite è realmente resiliente quando rimane in equilibrio anche al variare delle condizioni climatiche evitando sia gli eccessi di rigoglio vegetativo, in condizioni di elevata nutrizione idrica, sia i ridotti sviluppi in condizioni di carenza idrica. Solo il portainnesto può dare questo equilibrio di resilienza.


    di Lucio Brancadoro
    docente di Arboricoltura generale e coltivazioni arboree all’Università di Milano

    Un portainnesto ci salverà - Ultima modifica: 2024-07-02T15:41:44+02:00 da Roberta Ponci

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