Il generale ripensamento sull’impiego dei prodotti fitosanitari ha alimentato il rinnovato interesse per i mezzi di lotta di tipo alternativo. A quelli di tipo agronomico viene attribuito un ruolo di fondamentale importanza, tanto che nei disciplinari di difesa integrata delle colture vengono indicati nell’ambito dei criteri di intervento atti a prevenire l’insorgenza di alcune avversità di natura fungina.
Nella categoria dei mezzi di lotta di tipo agronomico vengono comprese quelle pratiche colturali di cui è nota da tempo l’influenza positiva sulla sanità delle colture come conseguenza dei rapporti diretti o indiretti fra ambiente e patogeno: adeguato avvicendamento colturale (particolarmente utili per le colture erbacee), scelta appropriata del terreno, dell’esposizione e del sesto di impianto.
Purtroppo tali accorgimenti non sempre sono applicabili per esigenze economiche che governano le scelte colturali e fanno preferire l’impiego dei mezzi chimici per il loro effetto immediato. Esistono comunque altre pratiche colturali il cui utilizzo è proponibile nelle usuali tecniche di produzione per contrastare lo sviluppo dei patogeni e che meritano di essere valorizzate nell’ambito di una gestione integrata della difesa fitosanitaria. Si ricordano in particolare la profondità di semina, la densità di investimento, il sistema di irrigazione, la fertilizzazione e, nel caso di coltura in ambiente protetto, anche la regolazione della temperatura e dell’umidità relativa atmosferica.
La semina in superficie, tanto più opportuna quanto più i terreni sono compatti, consente spesso di contrastare l’instaurarsi delle malattie che si sviluppano nelle prime fasi di crescita del germinello e una idonea spaziatura delle piante permette l’aerazione all’interno della vegetazione ed un più rapido prosciugamento delle parti epigee, limitando così la possibilità d’infezione da parte di alcuni patogeni.
Leggi l'articolo completo su Terra e Vita 04/2016 L’Edicola di Terra e Vita