L’attuale fase di criticità idrica non interessa solo il fiume Po, ma è generalizzata in tutta l’area della Pianura Padana. L’Adige è sceso addirittura sotto il livello minimo, che sfiorano anche i fiumi Enza (portata marzo 2018: mc/sec 5,85; marzo 2019: mc/sec 0,01), Secchia (portata marzo 2018: mc/sec 20,25; marzo 2019: 2,17 mc/sec), Reno (portata marzo 2018: mc/sec 34,9; marzo 2019: mc/sec 6,79).
I dati ci sono stati forniti dall’Anbi (Associazione Nazionale Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue), che segnala anche come la situazione attuale del fiume Po sia in linea con le condizioni della siccità che si sono verificate nel 2007, più grave di quella del 2017 che è costata 2 miliardi di euro in danni all’agricoltura.
Le osservazioni degli organi competenti sul Po sono omogenee in tutti punti di rilevazione (Piacenza, Cremona, Boretto, Borgoforte, Pontelagoscuro). Vengono indicati afflussi inferiori del 70% in gennaio e del 40% in febbraio mentre nel Piacentino la portata si avvicina progressivamente a quella minima indicata in 400 metri cubi al secondo. In questo momento è pari a 482 ma, se le condizioni atmosferiche no cambiamo, si prevede scenda a 432 metri cubi al secondo entro il 19 marzo.
Anche se la situazione è preoccupante, secondo l’Anbi esistono ancora margini temporali, utili per nuove precipitazioni. Purtroppo però le previsioni a breve indicano eventi temporaleschi, ma che non si prospettano risolutivi, con temperature in calo verso le medie del periodo.
Il cuneo salino
L’evoluzione prevista ripropone, già nell’immediato, il problema della risalita del cuneo salino lungo il delta del Po, che viene quantificata in oltre 9 chilometri nel ramo di Pila.
I Consorzi di bonifica si stanno comunque adoperando per creare le riserve idriche, necessarie per rispondere alle esigenze delle campagne in caso di siccità. A destare attenzione è anche la situazione dei grandi laghi lombardi (Maggiore, Como, Iseo), i cui livelli sono ampiamente sotto la media stagionale; in loro soccorso dovrebbe arrivare lo scioglimento del manto nevoso, registrato però scarso a tutte le quote, complici le elevate temperature che, in Febbraio, hanno fatto registrare lo zero termico anche a quote superiori ai 3000 metri.
Riserve disponibili, meglio al sud
Attualmente il potenziale idrico del manto nevoso è quantificato in circa 2 miliardi e 200 milioni di metri cubi, che andranno ad aggiungersi a 900 milioni di metri cubi d’acqua, trattenuti nei grandi laghi e nei bacini montani.
Radicalmente diversa è la situazione nelle regioni meridionali e insulari, dove la presenza di numerosi invasi permette oggi di avere scorte idriche mediamente doppie, rispetto allo scorso anno.
«La situazione in atto – conclude il Presidente Anbi, Francesco Vincenzi – sollecita due considerazioni: la necessità di attivare, al più presto, tavoli di concertazione nelle regioni del Nord, per contemperare preventivamente i diversi interessi gravanti sull’utilizzo della risorsa idrica, rispettando le priorità previste dalla normativa, che indica l’uso agricolo dopo quello umano. Il Piano Invasi Straordinario e gli ulteriori investimenti che è necessario attuare sono la risposta che serve al Paese, alla sua economia, all'occupazione».