Sono stati 8 i progetti premiati durante la 3° edizione dell’Unido Itpo Italy International Award: “Innovative Ideas and Technologies in Agribusiness” (avevamo lanciato il bando) tenutasi a Roma durante le tre giorni di Exco 2019, la prima fiera internazionale della Cooperazione allo Sviluppo.
Il premio “categoria giovani” è stato assegnato al progetto “phos-FATE”, ideato e realizzato da tre giovani ricercatori del Cnr Alessio Adamiano 34 anni, Michele Iafisco 38 anni, e Francesca Carella 26 anni, con il supporto manageriale di Tom Lavery 32 anni.
Innovativo e sostenibile, phos-FATE è un fertilizzante a base di fosforo ricavato dal riciclo di sottoprodotti ittici (in particolare dalle spine di pesce) ricchi di fosfati.
Il fertilizzante prodotto da un processo brevettato consente il rilascio controllato di nutrienti (P e Ca) per un aumento efficace della crescita del raccolto, riducendo la frequenza e il numero di trattamenti di fertilizzanti a base di fosforo del 50% - 70% rispetto alle pratiche attuali.
Le sperimentazioni sono state fatte mediante test in serra su piante di mais, soia e pomodoro.
«Il nostro progetto – afferma Alessio Adamiano, chimico dei materiali con una formazione in scienze ambientali - punta allo sviluppo dell’economia circolare dei fertilizzanti del fosforo. I risultati delle nostre sperimentazioni sono molto positivi».
Uno degli obiettivi di phos-FATE è di ridurre al minimo l’impatto ambientale dello smaltimento dei sottoprodotti della pesca e dell’estrazione del fosfato, riducendo allo stesso tempo l’inquinamento derivante dall’estrazione del fosfato e dalla sintesi dei fertilizzanti.
Perché avete deciso di avviare questa sperimentazione proprio sul fosforo?
«Perché le risorse di questo minerale non sono di natura rinnovabile e vengono estratte esclusivamente dalle miniere in Marocco. Questo significa che l’Europa dipende totalmente dalle importazioni di fosfato. Il nostro progetto si candida come possibile strumento utile per limare questa problematica».
Phos-FATE non è solamente un progetto di ricerca, nato due anni fa con la collaborazione del Cnr di Faenza, ma punta a diventare una startup entro l’anno.
Phos-FATE un processo semplice e scalabile, quali vantaggi?
«La semplicità e la scalabilità del processo di conversione dello scarto ittico in materiali per l’agricoltura rendono phos-FATE adatto per l’applicazione anche nei paesi meno sviluppati. Nel 2011 – specifica Michele Iafisco - la FAO ha introdotto il concetto di intensificazione della produzione agricola sostenibile (SCPI), che consiste nell’ “aumentare la produzione di colture per unità di superficie, prendendo in considerazione tutti i fattori rilevanti che incidono sulla produttività e sulla sostenibilità, compresi quelli potenziali e reali, sociali, politici, economici e impatto ambientale”. In quest’ottica, l’aumento della Nutrient Use Efficiency (NUE) delle piante, un indice di quanto efficacemente le piante utilizzano i nutrienti minerali disponibili, è un problema chiave per supportare l’SCPI. Purtroppo, la NUE è calata molto negli ultimi 50 anni; ad esempio, in Asia si è passati da una NUE del 50% nel 1960 al 30% nel 2010. Con Phos-FATE abbiamo sviluppato un’innovazione sostenibile e favorevole a una maggiore produttività agricola, convinti che il futuro passi attraverso un’agricoltura sempre più smart».
Prossimi obiettivi?
«Stiamo lavorando – afferma Adamiano - anche a un altro progetto che vogliamo mettere a punto entro quest’anno: produrre protettivi solari in grado di filtrare le radiazioni UV per le piante. Questi protettivi altamente innovativi, realizzati con i gusci di cozze, sono utili per tutte quelle piante in cui una quantità eccessiva di radiazioni UV può determinare un grave stress ossidativo, così come lo sbiancamento delle foglie e dei frutti, la riduzione della fissazione di anidride carbonica, la riduzione del peso secco, dell’amido e del contenuto di clorofilla, oltre che una marcata riduzione della crescita delle piante. Tra queste piante rientra la vite. Il sole a elevata intensità – spiega Adamiano - produce dei metaboliti secondari che vanno a influenzare negativamente le caratteristiche dell’uva, rovinando il frutto».
Vedi l’intervista
Il premio “Innovative Ideas and Technologies in Agribusiness” ha ricevuto 440 candidature, da oltre 100 paesi e 5 continenti, giunte da startup e imprese, ricercatori e università, centri ricerca e di trasferimento tecnologico, associazioni e Ong, innovatori e agro imprenditori, che hanno abbracciato i settori più vari, dall’idroponica alla valorizzazione di colture tradizionali, dai trattamenti post-raccolta alla blockchain.
Gli altri vincitori:
Categoria Assoluta: Aflazero – Italia. Tecnologia relativa al trattamento post-raccolta che elimina il 98% di contaminazione da aflatossina nei cereali e altre colture.
Categoria Assoluta: Imec Film Farming – Giappone. Una pellicola dotata di un particolare idrogel che permette la coltivazione di vegetali con un minore utilizzo di acqua e del suolo.
Categoria Assoluta: AgriProtein – Uk/Sudafrica. Tecnologia innovativa che sfrutta gli insetti per la produzione di proteine che si ricavano da un processo di bio-conversione dei rifiuti organici.
Categoria Donne: Atmonia – Islanda. Produce fertilizzanti a base di azoto direttamente in loco e a zero emissioni, ricavati esclusivamente da aria, acqua ed energie rinnovabili.
Categoria Agro-food & Cambiamento Climatico: Transfoming lands, transforming lives – Bangladesh. Il progetto presenta una best practice di resilienza ai cambiamenti climatici, supportando agricoltori in zone alluvionali nella gestione dei mezzi di sussistenza attraverso il “sandbar cropping”.
Categoria Agro-food & Biodiversità: Camgew – Camerun. Progetto che ha intuito che l’apicoltura può fungere da soluzione intelligente per salvaguardare le foreste dagli incendi boschivi, attraverso il coinvolgimento diretto delle comunità locali.
Menzione d’onore “Disruptive Innovation”: Farmcrowdy – Nigeria. La più grande piattaforma digitale per l’agricoltura della Nigeria, incentrata sul collegamento tra farm sponsor e agricoltori.