Nonostante le rassicurazioni del Comitato fitosanitario nazionale, la Decisione comunitaria 789/2015 e la legge 44/2019, l’Osservatorio fitosanitario della Regione Puglia non ha ancora emanato la determina con il protocollo per poter permettere di lavorare alle aziende vivaistiche situate in zone delimitate a Xylella fastidiosa. È quanto afferma Leonardo Capitanio, titolare dei Vivai Capitanio di Monopoli (Ba) e presidente dell’Associazione nazionale vivaisti esportatori (Anve).
Un anno di proteste e proposte
«È trascorso un anno da quando il Coordinamento vivaisti pugliesi ha sollevato il problema, ma la Regione Puglia non ha ancora concesso i permessi ai vivaisti per produrre e commercializzare piante specificate all’interno della zona infetta. Dopo un anno di proteste e proposte dei vivaisti e malgrado una legge nazionale con cui si è ribadito ciò che era già chiaro nelle disposizioni normative comunitarie, la Regione non ha ancora provveduto ad approvare il protocollo per la produzione e movimentazione di piante specificate in area demarcata a X. fastidiosa, costringendo i vivai a mancati guadagni e perdite occupazionali».
Chi preme sul freno?
La Regione Puglia non riesce a sbloccare la situazione, nonostante la soluzione sia stata servita «sul piatto d’argento», continua Capitanio. «Chiarisco che la struttura politica e amministrativa, il presidente della Regione Michele Emiliano e l’assessore Leonardo di Gioia ci hanno fornito ampie rassicurazioni e impegno per favorire la soluzione, che, invece, così sembra, l’Osservatorio fitosanitario cerca di rallentare».
La procedura è chiara
Eppure la questione è chiara. Il Comitato fitosanitario nazionale, riunitosi più volte nel corso dell’ultimo anno, ha ribadito all’Osservatorio fitosanitario regionale della Puglia cosa va fatto e con quali modalità. La produzione e la commercializzazione di piante specificate in area infetta è liberamente consentita dalla Decisione (Ue) 2015/789. Inoltre, ricorda Capitanio, «come dispone l’art. 8-ter, 2° comma della legge 21 maggio 2019, n. 44, che ha convertito, con modificazioni, il decreto legge 29 marzo 2019, n. 27, I soggetti iscritti al Registro ufficiale dei produttori di cui all’articolo 20 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 214, con centri aziendali non autorizzati all’emissione del passaporto perché localizzati in aree delimitate alla X. fastidiosa, possono essere autorizzati dal Servizio fitosanitario regionale a produrre e commercializzare all’interno della zona infetta le piante specificate di cui all’articolo 1 della Decisione di esecuzione (Ue) 2015/789 della Commissione, del 18 maggio 2015, e successive modificazioni".
"Tali soggetti -prosegue - devono garantire la tracciabilità della produzione e della commercializzazione delle suddette piante e devono altresì assicurare che le stesse siano esenti da patogeni da quarantena e da organismi nocivi di qualità e che sia garantita la corrispondenza varietale oltre ad eventuali altri requisiti definiti dai Servizi fitosanitari regionali».
La paura delle responsabilità
«Capisco che ogni documento firmato da un dirigente dell’Osservatorio ha ripercussioni pesanti e richiede tanta responsabilità – prosegue Capitanio –. Ma non si può bloccare tutto a prescindere, perché non si ha la capacità di controllare il territorio, anche per mancanza di organico: così, se una pianta specificata esce fuori della zona infetta, è tutta colpa dell’azienda vivaistica! Sappiamo che la determina è pronta, ora pare che si stia valutando la pagina web dove noi vivaisti dovremmo registrare le nostre operazioni. Ma i ritardi si accumulano. Mi sembra che ci si nasconda dietro una “necessaria” burocrazia come scusa per bloccare tutto».