La Corte di giustizia dell’Unione europea è stata chiamato ancora una volta a dare un parere preventivo sui criteri di ripartizione del prelievo incassato in eccedenza e riattribuito ai produttori.
La vicenda sulla quale il nostro Consiglio di Stato aveva chiesto un parere interpretativo della norma risale alla campagna di commercializzazione 2000/2001, ma l’azienda zootecnica coinvolta, non ha ceduto alle pretese dell’Agea che non intendeva riattribuirle una parte del prelievo risultato in eccesso.
Dopo il ricorso al Tribunale amministrativo del Lazio che ha dato torto all’allevatore, questo ultimo è ricorso al Consiglio di Stato che ha fermato il giudizio e ha chiesto un parere pregiudiziale alla Corte di Giustizia di Lussemburgo.
La sentenza della Corte Ue
I giudici comunitari nella loro sentenza depositata il 27 giugno 2019 hanno affermato che, qualora uno Stato membro decida di procedere alla riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati, tale riassegnazione deve essere effettuata, tra i produttori che hanno superato i propri quantitativi di riferimento, in modo proporzionale ai quantitativi di riferimento a disposizione di ciascun produttore.
In particolare la sentenza afferma che la norma comunitaria di riferimento stabilisce un criterio in base al quale deve essere effettuata la riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati. Così, dato che tale disposizione non menziona nessun altro criterio, né rinvia alla competenza degli Stati membri per stabilire criteri che siano loro propri, il suddetto criterio di ripartizione proporzionale deve essere considerato come il solo in base al quale deve essere effettuata la riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati.
Inoltre nella misura in cui l’esercizio della facoltà riconosciuta allo Stato membro di procedere alla riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati porta alla diminuzione del superamento dei quantitativi di riferimento dei produttori nonché, di conseguenza, alla diminuzione dei fondi costituiti mediante il prelievo dovuto, uno Stato membro non può decidere liberamente il modo in cui tale riassegnazione viene effettuata, dal momento che il legislatore dell’Unione ha delimitato l’esercizio di tale facoltà prescrivendo le condizioni a tal fine.
L’interpretazione italiana
La controversia trae origine dalla norma legislativa italiana che stabiliva i criteri per la compensazione nazionale di fine campagna che doveva avvenire secondo i seguenti criteri:
- a) in favore dei produttori titolari di quota delle zone di montagna, di cui alla direttiva [75/268];
- b) in favore dei produttori titolari di quota A e di quota B nei confronti dei quali è stata disposta la riduzione della quota B, nei limiti del quantitativo ridotto;
- c) in favore dei produttori titolari di quota ubicati nelle zone svantaggiate, di cui alla direttiva [75/268], e nelle zone di cui all’obiettivo 1 ai sensi del regolamento (CEE) n. 2081/93 del Consiglio, del 20 luglio 1993[, che modifica il regolamento (CEE) n. 2052/88 relativo alle missioni dei Fondi a finalità strutturali, alla loro efficacia e al coordinamento dei loro interventi e di quelli della Banca europea per gli investimenti e degli altri strumenti finanziari esistenti (GU 1993, L 193, pag. 5)];
- d) in favore dei produttori titolari esclusivamente della quota A che hanno superato la propria quota, nei limiti del 5 per cento della quota medesima;
- e) in favore di tutti gli altri produttori titolari di quota;
- e-bis) in favore di tutti gli altri produttori.
L’allevatore ricorrente che aveva superato la sua quota nazionale produttiva non riceveva quindi nessuna compensazione e veniva costretto al pagamento del prelievo in misura completa per il tutto il quantitativo di latte consegnato in eccesso rispetto alla quota.
I motivi della sentenza
Con la sua questione pregiudiziale, il Consiglio di Stato chiedeva, in sostanza, se l’articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 3950/92 dovesse essere interpretato nel senso che, qualora uno Stato membro decida di procedere alla riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati, tale riassegnazione deve essere effettuata, tra i produttori che hanno superato i propri quantitativi di riferimento, in modo proporzionale ai quantitativi di riferimento a disposizione di ciascun produttore, oppure se detta riassegnazione possa essere effettuata secondo criteri obiettivi di priorità fissati dal suddetto Stato membro.
La risposta della Corte è molto chiara anche nelle motivazioni dove si afferma:
- la norma di riferimento dispone che, a seconda della decisione dello Stato membro, il contributo dei produttori al pagamento del prelievo dovuto è stabilito, previa riassegnazione o meno dei quantitativi di riferimento inutilizzati, a livello dell’acquirente in base al superamento sussistente dopo la ripartizione, proporzionale ai quantitativi di riferimento a disposizione di ciascun produttore, dei quantitativi di riferimento inutilizzati, oppure a livello nazionale in base al superamento del quantitativo di riferimento a disposizione di ciascun produttore.
- di conseguenza, la disposizione sopra citata lasciava agli Stati membri la scelta di procedere ad una riassegnazione della parte inutilizzata del quantitativo di riferimento complessivo a favore dei produttori che avevano effettuato delle consegne eccedentarie, prima di stabilire il contributo di ciascuno dei produttori al pagamento del prelievo dovuto. Infatti, la decisione di procedere alla riassegnazione è un’operazione facoltativa preliminare alla determinazione del contributo dei produttori e incide sul risultato di quest’ultima operazione).
inoltre, lo Stato membro dispone della facoltà di procedere alla riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati alla fine del periodo, o a livello nazionale, direttamente ai produttori interessati, o a livello degli acquirenti affinché detti quantitativi vengano ripartiti tra i produttori in questione.