I danni causati da cinghiali a terreni e colture vanno risarciti da Regione e Provincia.
Lo ha stabilito per la prima volta una sentenza del Tribunale civile di Taranto (giudice monocratico Italo Federici) che, condannando i due enti a risarcire per circa 50.000 euro, compresi interessi e compensi di difesa, un’azienda di Castellaneta (Ta) che nel novembre 2016 aveva subito gravi danni a un agrumeto e un oliveto, apre una nuova strada ai numerosi agricoltori da anni alle prese con l’invasione di cinghiali nei loro terreni.
Infatti, come già da tempo ha denunciato Cia Due Mari (Taranto e Brindisi) con un dossier, nel territorio tarantino i cinghiali, che negli ultimi anni si sono fortemente moltiplicati, di notte scavano sotto gli alberi di olivo e agrumi e si nutrono delle loro radici, causando la caduta di numerose piante.
Una sentenza che fa giurisprudenza
«Questa sentenza fa giurisprudenza – spiega l’avvocato Giuseppe Clemente difensore dell’azienda agricola di Castellaneta – per due ragioni: 1. per la prima volta in Puglia viene riconosciuta la responsabilità solidale a carico di Regione e Provincia per danni arrecati da fauna selvatica a un’azienda agricola; 2. per la prima volta il danno che subisce l’imprenditore agricolo non rientra più nel rischio di impresa e quindi deve essere risarcito».
Regione e Provincia non hanno adempiuto ai loro obblighi di legge
Finora in Puglia Regione e Provincia erano stati condannati solo per aggressioni a persone o incidenti automobilistici causati dai cinghiali. E, per quanto riguarda i danni in agricoltura, agli imprenditori agricoli veniva riconosciuto un semplice indennizzo.
«Invece il giudice monocratico di Taranto, nella sua sentenza, ricorda come la legge 157 del 1992 assegna “alle Regioni a statuto ordinario il potere di emanare norme relative alla gestione e alla tutela di tutte le specie della fauna selvatica” e che “sino a tutto il 2017 la legislazione regionale pugliese demandava poi espressamente alle Province i compiti di vigilanza e di controllo della fauna selvatica nell’ambito dei rispettivi territori, nonché l’applicazione delle sanzioni amministrative, riservando alla Regione solamente funzioni di programmazione e di coordinamento ai fini della pianificazione faunistico venatoria. Le province pugliesi erano, inoltre, tenute alla predisposizione di piani faunistici venatori, attraverso i quali perseguivano persino obiettivi di individuazione e stabilizzazione della densità faunistica ottimale per territorio. Ebbene, il giudice ha evidenziato “la colpa omissiva dei due enti nel non aver predisposto alcun piano di contenimento e controllo dei cinghiali” e ha sottolineato che “non appare possibile anche solo ipotizzare un concorso di colpa della società, dalla quale non si potrebbe di certo pretendere la recinzione di tutti gli estesi terreni condotti in affitto”».
Per colpa omissiva non indennizzo, ma risarcimento
Pertanto, prosegue Clemente, «il giudice ha applicato l’art. 2043 del Codice Civile secondo il quale “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”. In pratica chiunque causi un danno lo deve risarcire per colpa omissiva. E il risarcimento è ben altra cosa rispetto a un semplice indennizzo. Infatti indennizzo significa che con un danno pari a 100 l’ente potrà dare all’agricoltore non più del 5-10% del danno subito e quando avrà a disposizione e potrà indennizzarlo. Risarcimento invece significa che con un danno pari a 100 il suo valore deve essere restituito integralmente».
Sentenza estendibile ai danni causati da qualsiasi tipo di fauna selvatica
La sentenza del Tribunale di Taranto, conclude l’avvocato Clemente, è ancor più significativa «perché può essere estesa ai danni causati da qualsiasi altro tipo di fauna selvatica, come ad esempio i lupi che sbranano pecore, agnelli e altri animali negli allevamenti della Murgia fra le province di Bari e Taranto».