Negli ultimi anni, soprattutto in Capitanata, territorio molto vocato per la produzione del pomodoro da industria, hanno suscitato particolare preoccupazione, oltre al ragnetto rosso comune, la maggiore frequenza di attacco dell’eriofide rugginoso, i cui danni, in caso di tardivo controllo, possono essere molto rilevanti, e la diffusa presenza dei tripidi che, essendo vettori di virosi, possono creare seri danni alla coltura. Le strategie di controllo di acari e tripidi prevedono un impegno continuo e puntuale durante tutto il ciclo della coltura da parte dei tecnici che, con le opportune tecniche di monitoraggio, hanno il compito di decidere quando intervenire. La gestione integrata degli acari e dei tripidi del pomodoro da industria è stata protagonista del webinar “Integrated Pest Management - Pomodoro da industria” organizzato dall’Associazione regionale pugliese tecnici e ricercatori in agricoltura (Arptra) insieme con Fruit Communication. Ai numerosi tecnici agricoli partecipanti hanno offerto interessanti spunti esperti d’eccezione quali Antonella Di Palma e Salvatore Giacinto Germinara, docenti del Dipartimento di scienze agrarie, degli alimenti e dell’ambiente (Safe) dell’Università di Foggia, Enrico de Lillo, docente del Dipartimento di scienze del suolo, della pianta e degli alimenti (Disspa) dell’Università di Bari e Sauro Simoni, ricercatore del Crea Centro ricerca Difesa e Certificazione.
Di Palma: «Controllo integrato del ragnetto rosso? un solo metodo non basta»
Contro il ragnetto rosso comune (Tetranichus urticae) l’approccio corrente è ancora basato sull’applicazione di acaricidi di sintesi, ha evidenziato Di Palma. «Ma sono in via di sviluppo alternative quali il miglioramento genetico e la selezione di cultivar resistenti e il controllo biologico con uso di predatori (principalmente acari della famiglia Phytoseidae)».
Infatti per il controllo integrato del ragnetto rosso un singolo metodo non è sufficiente. «Finalità della gestione integrata è ridurre il numero di interventi, variando il meccanismo di azione e privilegiando quelli a basso impatto ambientale. La resistenza è un grosso problema per i Tetranichidi, amplificato dall’elevato numero di generazioni e dalla partenogenesi. Perciò suggerisco l’uso combinato di predatori e interventi chimici (Spirotetramat, popolazioni resistenti di predatori), mezzi non chimici e bio-pesticidi (avermectine, azadiractina, ecc., spesso combinati con estratti vegetali)».
de Lillo: «Il controllo deve partire con un attento monitoraggio»
Il controllo dell’acaro fitofago Aculops lycopersici, l’eriofide rugginoso del pomodoro, ha spiegato de Lillo, «deve partire con un attento monitoraggio impostato su: ricerca delle foglie basali e della parte bassa degli steli con sintomi di ingiallimenti, bronzatura, arrotolamento del margine fogliare verso l’alto; accertamento della presenza di eriofidi sulle foglie in prossimità della parte basale del picciolo (richiede almeno una lente da 20x); verifica dell’area interessata all’infestazione “mappando” le piante sintomatiche; verifica dell’ampliamento dell’area da eseguirsi nei giorni successivi al primo rilievo. Poi il controllo va effettuato con una pluralità di mezzi: agronomico, induzione difesa della pianta, biologici (tideidi, stigmeiide, diversi fitoseidi), chimici, fisici e biotecnologici, agronomici».
Simoni: «Approfondire le conoscenze bionomiche dell’eriofide»
La razionalizzazione delle strategie di difesa dall’eriofide rugginoso del pomodoro prevede l’approfondimento delle conoscenze bionomiche, ha affermato Simoni. «La caratterizzazione biologica ed ecologica dell’eriofide, con particolare attenzione verso la relazione con la pianta ospite elettiva (pomodoro) e quelle alternative, i fattori e meccanismi biotici e abiotici che ne determinano e regolano la persistenza sul territorio, la dinamica della comunità/popolazione, rappresentano aspetti di rilievo per l’ottimizzazione delle strategie multi-tattiche per il controllo di questo fitofago».
Germinara: «Seri problemi di virosi causati da TSWV»
Negli anni scorsi sia nell’areale campano sia in quello foggiano, ha informato Germinara, si sono verificati seri problemi di virosi causati dal virus dell’avvizzimento maculato del pomodoro (TSWV), trasmesso da due vettori: Frankliniella occidentalis e Thrips tabaci. «L’inserimento in pomodoro del gene Sw-5 ha permesso di ottenere ibridi resistenti al TSWV. Tuttavia si sono sviluppati nuovi genotipi virali in grado di superare la resistenza indotta dal gene Sw-5: i ceppi RB (Resistance-Breaking). Infatti sono stati ritrovati isolati RB in grado di rompere la resistenza Sw-5 (SRB) degli ibridi commerciali di pomodoro da industria in Spagna, Australia, Sud Africa, Hawaii, California e Italia. Nel Sud Italia isolati SRB persistono durante tutto l’anno per la presenza in campo di carciofo (inverno) e pomodoro (estate). In queste condizioni occorre fare ricorso a nuove varietà resistenti e a un adeguato controllo dei tripidi vettori».