Peste suina africana, il ruolo centrale dei cinghiali

La videointervista a Denis Vio, dirigente veterinario dell'IzsVe (Pordenone)

Il rischio di introduzione della malattia nella popolazione di cinghiali italiana non è escludibile e, pertanto, è fondamentale aumentare le misure di biosicurezza esterna degli allevamenti suinicoli. Denis Vio, dell’IzsVe esorta gli allevatori e tutti i cittadini a partecipare attivamente al Piano nazionale di sorveglianza

Quando si parla di malattie infettive degli animali domestici “non bisogna mai abbassare la guardia”.  È questo il monito di Denis Vio, dirigente veterinario presso la sezione territoriale di Pordenone dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, che ci spiega quanto sia importante lavorare in sinergia con gli allevatori e i servizi veterinari al fine di prevenire gli effetti negativi di una malattia come quella della Peste suina africana.

Peste suina africana
Denis Vio

“Allo stato attuale sono due i casi più rappresentativi che ci spiegano come questa malattia possa muoversi – spiega l’esperto -, il primo è il caso della Polonia dove la malattia è presente dal 2014 nella parte orientale del paese, ma sono recenti le segnalazioni relative ai focolai nella parte occidentale della Polonia e ancora più recenti le segnalazioni di casi nei cinghiali a circa 10 km dal confine tedesco. Ed essendo la Germania il primo paese produttore di suini a livello europeo, le conseguenze per il settore suinicolo tedesco, qualora il virus entrasse, sarebbero enormi. Il secondo esempio è relativo al Belgio, paese nel quale la malattia ha colpito solo la popolazione di cinghiali, paralizzando tuttavia il settore. La Peste suina africana è stata notificata in Belgio per la prima volta a settembre del 2018 e gli studi condotti sino a ora fanno presupporre che il virus non circoli più da agosto-settembre 2019. Tenuto conto che un paese europeo può tornare allo stato di indennità dalla Peste suina africana dopo un anno dall’ultimo caso rilevato, è presumibile che il Belgio riacquisisca lo stato di nuova indennità ad ottobre di quest’anno”.

 

Il ruolo dell’IzsVe nella prevenzione della diffusione della Peste suina africana

Peste suina africana“L’Istituto zoprofilattico delle Venezie – precisa Vio - opera in merito a quanto previsto dal Piano di sorveglianza nazionale della Peste suina africana e collabora con le Regioni del territorio di competenza, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Province Autonome di Trento e Bolzano, nell’esecuzione di quanto prescrive il Piano ministeriale. L’Istituto esegue le analisi biomolecolari con metodica Pcr Real Time su organi di suini allevati e di cinghiali trovati morti come appunto definito nel Piano Nazionale”.

 

Le raccomandazioni per gli allevatori

“La prima raccomandazione che mi sento di dare agli allevatori  - afferma Vio - è quella di tenere alta e di innalzare - se non già fatto - le misure di biosicurezza esterna, cioè tutte quelle misure utili a evitare che le malattie infettive possano entrare in allevamento. Una parte importante di questa tematica, a mio parere, riguarda la formazione degli operatori degli allevamenti, in merito ai comportamenti da tenere e alle azioni da evitare, vista la grande resistenza del virus nell’ambiente e anche negli alimenti a base di carne suina”.

carbonio

La comunicazione tra IzsVe e gli allevatori

“L’Istituto per il quale lavoro – spiega il veterinario dell’IzsVe - comunica a vari livelli anche con il mondo produttivo, a esempio tramite riunioni con le associazioni di categoria ed eventi formativi destinai anche agli allevatori; la comunicazione avviene primariamente con le Regioni e i relativi Servizi veterinari delle Aziende sanitarie del territorio di competenza e con i veterinari che operano nel settore suinicolo attraverso eventi formativi o riunioni”.

 

Il ruolo del cinghiale nella diffusione e nella persistenza della Peste suina africana

Peste suina africana“Il cinghiale rappresenta la specie serbatoio del virus allo stato naturale; una volta che il virus della Peste suina africana entra in una popolazione di cinghiali, esso può trasmettersi per contatto tra cinghiali infetti e sani. La particolare resistenza del virus nelle carcasse di animali morti (come anche negli alimenti a base di carne) garantisce al virus la possibilità di essere trasmesso per un lungo periodo dopo la morte del soggetto infetto; le carcasse infette possono essere il veicolo della trasmissione fino a in situazione di congelamento. Da tenere presente inoltre – aggiunge l’esperto - che le popolazioni di cinghiali a livello nazionale sono in incremento, ma è difficile, in ragione delle caratteristiche della specie, fare una stima numerica accurata. La specie è diffusa in tutte le regioni, anche in vicinanza dei centri abitati di alcune città. Il rischio di introduzione della Peste suina africana nella popolazione di cinghiali italiana non è assolutamente escludibile e, come già detto, potrebbe rappresentare un grave danno per il settore suinicolo”.

“Il Piano nazionale di sorveglianza della Peste suina africana – sottolinea Vio - ha come obiettivo la “early detection” della malattia - qualora questa entri nel nostro paese -. Essa si basa sulla segnalazione e sul controllo diagnostico di tutti i cinghiali rinvenuti morti (inclusi i morti per incidente stradale) e di tutti i casi sospetti (es. mortalità aumentata, sintomatologia riferibile a pesti suine), oltre che sul controllo diagnostico a campione della mortalità dei suini allevati, con particolare riferimento agli allevamenti di piccole dimensioni inferiori ai 50 capi”.

Peste suina africana, il ruolo centrale dei cinghiali - Ultima modifica: 2020-05-29T08:30:46+02:00 da Mary Mattiaccio

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento
Per favore inserisci il tuo nome