La pandemia consegna a tutti noi, oltre ai lutti, un lascito tremendo di disagi sociali, crisi economica epocale ed evidenzia, in modo plastico, l’inadeguatezza di apparati e amministrazioni. L’Italia ha meritato l’Oscar delle regole, dallo scoppio dell’emergenza sono stati emanati, malcontati, 590 provvedimenti, di rilievo quelli governativi, seguiti dalle immancabili norme regionali e delle altre autorità territoriali, con il corredo di circolari applicative, di chiarimento e dispositive all’occorrenza.
Editoriale di Terra e Vita 14/2021
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Un piccolo esempio, tra i tanti, può al meglio descrivere la maionese impazzita in cui siamo precipitati e che le aziende agricole si trovano ad affrontare.
Per attutire l’emergenza l’art. 222, comma 2, del dl. 19 maggio 2020 n. 34, conv. in legge n. 77 del 17 luglio 2020, prevede che i datori di lavoro agricoli, appartenenti a determinate filiere, siano esonerati dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti per il periodo 1 gennaio 2020-30 giugno 2020. Lo sgravio straordinario è riconosciuto alle aziende a seguito di presentazione all’Inps di un’apposita istanza; l’Inps ha pubblicato la circolare relativa (n. 57 del 12 aprile 2021) undici mesi dall’emanazione del Decreto Legge n. 34/2020 e nove mesi dopo la conversione in legge.
Le aziende dovranno presentare l’istanza entro il 12 maggio 2021. Quindi l’Inps si prende comodamente un anno per scrivere la circolare e ai datori di lavoro si lasciano, con magnanimità, 30 giorni per produrre un’istanza, che per essere divulgata ha necessitato 12 pagine di testo e due allegati.
Il grave però e altro. L’Inps chiede alle aziende di autocertificare gli “aiuti di stato”, se ricevuti (nei limiti previsti dal quadro temporaneo fissato dalla Commissione europea del 19 marzo 2020 e pari, per l’agricoltura, a 225mila euro).
L’Inps dimentica che questi dati (una trentina sono gli aiuti previsti nel quadro temporaneo, salvo quelli fiscali) sono già conosciuti dalla Pubblica amministrazione, poiché sono appunto aiuti di stato, e che sono in due banche dati pubbliche (Sian e Rna).
Non ha alcun senso, e non è giusto, oberare le imprese di oneri compilatori assurdi perché inutili: le norme vigenti prevedono già che non si possano chiedere ai cittadini informazioni se in possesso dell’amministrazione pubblica (art. 18 legge n. 241/1990 e art. 43 dpr n. 445/2000).
Di più, si chiede agli agricoltori di autocertificare anche gli aiuti non ancora percepiti, in istruttoria o non ancora erogati! Ovviamente è previsto anche l’impegno di comunicare successivamente all’Inps, tutte le modifiche o integrazioni, senza porre limiti temporali a tale onere. Ancora l’autocertificazione espone a responsabilità e rischi anche di natura penale, per l’eventualità di fornire dati mendaci; ipotesi del tutto plausibile, essendo decine gli aiuti previsti, ancorché di modesta entità e molti dei quali ancora in itinere; la burocrazia rende perciò quello che doveva essere un aiuto, un rischio.
Peraltro la soluzione al problema è semplice: da un lato, come suggerivano alcuni emendamenti presentati all’epoca dell’approvazione del dl. Sostegni, si potrebbe prevedere una dichiarazione in capo all’istante di non aver superato i limiti individuali di 225mila euro ovvero, in alternativa, di non essere tenuti a rilasciare alcuna dichiarazione essendo i controlli sugli aiuti percepiti demandati all’Inps, sulla base delle risultanze del Registro nazionale degli aiuti di Stato/Sian.
Massimo Mazzanti
Avvocato giuslavorista
e membro
del Comitato scientifico
di Terra e Vita
questa è PERVERSIONE!! . L’Italia è il primo paese europeo per restituzione dei fondi ricevuti perché incapace di spenderli!!! e cosi l’Europa ce ne concede sempre meno. Se vogliamo RIPARTIRE dobbiamo SBUROCRATIZZARE.