La forte e perdurante calura estiva non ha favorito la mosca della frutta (Ceratitis capitata) che, al pari della “cugina” Bactrocera oleae (mosca delle olive), in condizione di alte temperature e bassa umidità relativa presenta elevata mortalità soprattutto delle larvette.
Ma da fine settembre il clima è diventato più mite, si sono verificate piogge e la popolazione della mosca è salita rapidamente, dopo il periodo di “magra” dovuto anche alla scarsità di frutti disponibili a fine estate (drupacee tardive e agrumi molto precoci).
Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita
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Monitoraggio dalla pre-invaiatura
In questo periodo molte varietà di clementine e mandarini iniziano a invaiare, entrando in una fase suscettibile alle punture di ovideposizione della mosca per la quale andrà impostata una corretta gestione fitosanitaria.
Su queste colture, meglio se dalla in pre-invaiatura, occorrerà monitorare la presenza degli adulti della mosca con l’ausilio di trappole attrattive che però non danno indicazioni utili per le soglie di intervento. Il numero di catture, infatti, è difficilmente correlabile ai danni sui frutti che dipendono dalle punture di ovideposizione e dall’attività trofica delle larve nella polpa. L’uso delle trappole, pertanto, serve unicamente a verificare la presenza dell’insetto.
Sul mercato sono disponibili diversi tipi di trappole di buona efficacia: cromotropiche (il giallo attira i ditteri, tra cui la C. capitata, ma anche altri insetti, alcuni dei quali appartengono all’entomofauna utile), alimentari (attivate con sostanze prevalentemente a base azotata, a cui sono sensibili soprattutto le femmine con le uova in maturazione) o parasessuali (il trimedlure attira selettivamente i maschi).
Le trappole, in numero minimo di 2 a ettaro, vanno posizionate esternamente alla chioma, a circa 1,80 metri di altezza, con orientamento sud/sud-ovest, in modo da intercettare in maniera efficace le mosche.
Varietà a buccia sottile a rischio
Si ricorda che lo spessore dell’albedo (lo strato bianco della buccia) ostacola la penetrazione delle larvette neonate nella buccia e, pertanto, le cultivar a buccia sottile (satsuma, clementine ecc.) sono più danneggiate di quelle a buccia spessa, come quelle del gruppo navel che comunque in questo periodo non sono ancora nella fase fenologica suscettibile.
Mezzi chimici o bio
Per la lotta chimica si potrà adottare il metodo delle esche proteiche attivate con un insetticida ammesso, da distribuire a filari alterni sul lato più soleggiato della chioma (da ripetere dopo eventi piovosi dilavanti).
Oppure si possono effettuare trattamenti generalizzati con fosmet (che grazie alla sua citotropicità oltre all’azione adulticida ha una certa attività sulle larvette non ancora infossatesi nel frutto), etofenprox o un piretroide (questi ultimi hanno solo azione adulticida) o con il neonicotinoide acetamiprid, che per la sua citotropicità ascendente può avere una discreta azione larvicida penetrando nei frutti immaturi.
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Un’altra possibilità di lotta alla mosca della frutta, con metodi biologici applicabili su superfici relativamente ampie (almeno qualche ettaro), è fornita dalle trappole per la cattura massale o “attract and kill” (ne esistono in commercio diversi tipi che spesso abbinano all’attrazione alimentare quella cromatica e/o quella parassessuale) e dall’esca attrattiva attivata con spinosad che viene distribuita direttamente sulla vegetazione in piccole quantità ad intervalli regolari di 5-10 giorni.
Questi metodi, eventualmente integrati da trattamenti insetticidi diretti, vanno applicati con criteri preventivi prima che la popolazione della mosca cresca eccessivamente nell’agrumeto.