Nel 2022 hanno chiuso i battenti 3.363 aziende agricole (-0,46%), facendo scendere le imprese attive al 31 dicembre a 721.614. Peggio ha fatto solo il commercio (8.756 attività perse pari al -0,59%). Il saldo generale tra aperture è chiusure considerando tutti i comparti economici è positivo: +48.000, dovuto per il 40% a nuove iniziative nel settore delle costruzioni. I dati sono di Movimprese, elaborati da Unioncamere e InfoCamere sulla base del Registro delle imprese delle Camere di commercio.
Scendendo nel dettaglio dei dati regionali relativi al settore primario, la maglia nera dello scorso anno per numero di aziende chiuse spetta all'Emilia-Romagna con 608 attività perse, seguita da Veneto (-573), Sicilia (-438) e Campania (-432). In termini percentuali la diminuzione maggiore è stata in Liguria (-1,7% pari a -166 aziende), Marche (-1,6% con 403 imprese in meno) e Molise (-1,41% equivalenti a 133 attività cessate). Bene ha fatto invece la Puglia, con un saldo positivo tra aperture e chiusure di 546 imprese agricole (+0,7%), seguita da Sardegna (+337) e Basilicata (+108).
Quella della diminuzione delle aziende agricole in Italia è una tendenza in atto da tempo, come rilevato anche dal recente censimento dell'agricoltura. In 38 anni sono sparite quasi due terzi degli agricoltori (63,8% dal 1982 al 2020) e un terzo solo tra il 2010 e il 2020. Già nel 2021, infatti, anno di rimbalzo dell'economia dopo il periodo più difficile della pandemia con un saldo attivo tra a perture e chiusure di 86.587 imprese (+1,42%), il settore primario fece segnare un misero +0,07%, secondo dato peggiore dopo quello della manifattura (-0,24).
Secondo il presidente della Coldiretti Ettore Prandini serve un rilancio degli strumenti europei e nazionali che assicurino la sovranità alimentare, riducano la dipendenza dall'estero e garantiscono un giusto prezzo degli alimenti per produttori e consumatori. Da qui l'esigenza di «raddoppiare da 5 a 10 miliardi le risorse destinate all'agroalimentare nel Pnrr, postando fondi da altri comparti per evitare di perdere i finanziamenti dell'Europa».
Direi di fare di meglio. Dare un prezzo minimo al coltivato e non in balia del mercato non esiste che altri possano fare il prezzo per un prodotto finito e pronto alla vendita che produce un agricoltore. Il prezzo deve essere fatto in base alle spese che abbiamo. Dobbiamo fare noi un prezzo minimo al di sotto di quello non si può scendere. Ho visto solo aumenti in tutto ma non nel mio prodotto anzi ho visto il mio prodotto scendere di prezzo. Con gli aumenti di prezzo per la produzione non si può andare avanti così.
Il problema non è solo nel deprezzamento dei prodotti ma soprattutto nella mancanza di pensiero a delle politiche economiche di vero aiuto all’agricoltore.
Chi ha più di 40 anni viene in automatico escluso da titti gli incentivi.
Basso sostegno alle piccole imprese.
Misure dirette ed indirette sempre meno accessibili.
Incentivazione sempre maggiore all’innovazione tecnologica non da parte di tutti applicabile per le caratteristiche territoriali.
Poco sostegno al reddito e sempre più difficoltoso ottenerlo.
Poco tutela per gli agricoltori è troppa incentivazione alla zootecnia selvaggia, e non mi riferisco all’intensiva ma bensì a quella abusiva che distrugge tutto il lavoro fatto dal produttore agricolo.
Seguiamo sogni irraggiungibili e c’è ne accorgiamo quando ci svegliamo e non li abbiamo portati al termine.
Cambiare tutto per non cambiare niente, sempre stata la mossa di quelli che decidono
Basta con la politica della scelta ai consumatori , il governo deve governare e proteggere le proprie imprese, i limiti e i divieti di utilizzo di certe sostanze Metteteli pure ai prodotti importati, la politica del mercato oramai abbiamo appurato che funziona solo ed esclusivamente a senso unico , basta politica degli aiuti, ma iniziamo a puntare sull’autonomia economica come era negli anni settanta e ottanta, visto che poi con gli aiuti che danno per restare in piedi alle aziende in automatico ci autoaiutiamo, , togliendo risorse a altri comparti per fare fare profitti a pochi speculatori