Caprioli, daini, cervi, lupi e nutrie. Animali selvatici che per un motivo o per l’altro sono aumentati di numero negli ultimi anni e causano danni sempre più ingenti all’agricoltura. Ma il flagello più grande arriva dai cinghiali, la cui popolazione è letteralmente esplosa nel giro di un paio di decenni. Oltre a devastare le coltivazioni, orticole e cerealicole, ma soprattutto frutticole e viticole, i suidi sono l’unico vettore di trasmissione della Psa (Peste suina africana), che minaccia gli allevamenti suinicoli del Nord Italia. Il recente ritrovamento, nel parmense, a Felino e Sala Baganza, di carcasse della specie positive al virus ha fatto salire il livello di allerta. A due anni mezzo dalla scoperta del primo caso di Psa, a Ovada (Al) il 7 gennaio 2022, la strada per ridurre il rischio di contagio limitando la popolazione di ungulati è ancora in salita.
Per questo il Governo ha deciso di potenziare le misure di contrasto con la cattura e l’abbattimento dei cinghiali anche con l’aiuto del personale delle Forze armate, formato ed equipaggiato in maniera specifica, come prevede la misura contro la diffusione del virus contenuta nel Dl sull’agricoltura varato nei giorni scorsi in Consiglio dei ministri.
Si tratta di un «piano straordinario di cattura, abbattimento e smaltimento dei cinghiali» che porterà alla rimozione di un numero compreso tra il milione e il milione e mezzo di esemplari, ovvero tra il 60 e l’80% della popolazione attuale, nell’arco di 3-5 anni.
Articolo pubblicato sulla rubrica Primo piano di Terra e Vita
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Al Cibus di Parma, il ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, ha fatto sapere come la Psa non sia mai stata sottovalutata dal Governo attuale e come l’emergenza degli ultimi giorni derivi dal trascinamento di errori passati. Secondo Lollobrigida è necessario un nuovo l’approccio a livello di Ue che porti a ragionare sulla biosicurezza degli impianti e non su interventi generalizzati in alcune aree solo per la presenza di un animale infetto che chiudono all’export o addirittura costringono ad abbattimenti di migliaia e migliaia di suini.
Una cabina di regia sulla Psa è stata convocata a Palazzo Chigi, il 9 maggio scorso, alla presenza dei ministri interessati e degli assessori all’agricoltura di Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte, le regione più vocate della suinicoltura nazionale. Come già annunciato dal ministro dell’agricoltura, Francesco Lollobrigida, si è stabilito di chiedere all’Ue di considerare in modo differente l’infezione tra i cinghiali e quella negli allevamenti di suini per le eventuali restrizioni che oggi penalizzano in modo eccessivo le attività degli allevamenti e della trasformazione anche a infezione relativamente lontana e comunque presente solo nei cinghiali.
Scende in campo l’esercito
Il ministero dell’Agricoltura ha chiesto, per raggiungere l’obiettivo, una maggiore collaborazione con l’esercito italiano che è già stato coinvolto fin dagli inizi dell’emergenza Psa. Verrà impiegato un contingente di massimo 177 unità, come stabilisce il Dl agricoltura, per un periodo non superiore a dodici mesi, con spese a carico del Commissario straordinario preposto al contrasto Psa, Vincenzo Caputo.
Nominati anche tre subcommissari
Come prevede la legge n. 112 del 10 agosto 2023, in particolare dall’articolo 29 (Misure per il contrasto della peste suina africana) il Governo ha nominato anche di recente tre subcommissari, Mario Chiari, Giovanni Filippini e Simone Siena, (pubblicata nella Gazzetta ufficiale del 29 aprile scorso) che si aggiungono al Commissario straordinario per la Psa già in carica, Caputo, che è stato confermato, assieme a un ulteriore stanziamento di 3,5 milioni di euro.
I tre nuovi esperti si occuperanno del coordinamento dei servizi veterinari delle aziende sanitarie locali nelle azioni di eradicazione attraverso il contenimento della specie cinghiale, della verifica della regolarità delle procedure dell’abbattimento e della distruzione degli animali infetti e dello smaltimento delle carcasse di suini nonché delle procedure di disinfezione svolte sotto il controllo della Asl. Dovranno, infine, confrontarsi con le associazioni di categoria delle imprese di distribuzione e di vendita di carni per promuovere l’immissione nella filiera dei cinghiali abbattuti, previa verifica dell’idoneità al consumo alimentare.
Distretti suinicoli liberi dai cinghiali
Si fa strada, intanto, l’ipotesi di creare dei distretti suinicoli liberi da cinghiali per fermare l’avanzata della Psa, come indicato da Caputo, nell’incontro organizzato da Confagricoltura Alessandria del 23 aprile scorso.
Si punterebbe, quindi, al depopolamento totale nelle aree a forte vocazione suinicola.
In queste zone i cinghiali verrebbero tutti abbattuti per evitare la trasmissione del virus dopo gli ultimi casi positivi al virus scoperti anche in provincia di Parma.
Negli allevamenti di suini occorrerà, inoltre, rafforzare la biosicurezza cercando di evitare e anche di «chiedere conto» delle speculazioni commerciali in corso. Si era ipotizzata anche l’assunzione trimestrale dei cacciatori (bio-regolatori) come volontari, in analogia a quelli della protezione civile, proprio per assolvere a questo compito.
La stretta dell’Ue
I casi di carcasse di cinghiali infetti, come quelli ritrovati di recente anche nel parmense, a Felino e Sala Baganza, hanno alzato il livello di allarme in alcune delle zone più vocate per gli allevamenti di suini e sede degli stabilimenti della salumeria italiana. La Commissione europea ha emanato, infatti, il regolamento di esecuzione Ue n. 1171 entrato in vigore il 18 aprile scorso includendole tra le aree soggette a pesanti vincoli, ossia nelle aree di restrizione II.
«La conseguenza, tuttavia, è che non solo qui, nei Comuni della zona di restrizione II, gli allevamenti dovranno essere svuotati» come ha sottolineato Rudy Milani, presidente della Federazione nazionale dei suinicoltori di Confagricoltura, facendo il punto sui danni causati sotto il profilo commerciale alle carni dei suini e nella gestione degli allevamenti, penalizzati anche, da una riduzione dei prezzi di vendita dei suini. «I capi allevati - ha rimarcato, tuttavia, la componente di Giunta nazionale di Confagricoltura, Giovanna Parmigiani, allevatrice suinicola piacentina - sono perfettamente sani. Va, inoltre, ricordato che la malattia non è trasmissibile all’uomo in alcun modo, ma è mortale ed estremamente infettiva per i suidi».
Chiesto un cambio di passo
Anche Coldiretti ha chiesto di «fermare la diffusione della Psa e tutelare un settore che è uno dei fiori all’occhiello del Made in Italy a tavola, con un valore tra produzione e indotto di circa 20 miliardi di euro e 100mila posti di lavoro». L’associazione agricola ha chiesto un cambio di passo sulla gestione della presenza di cinghiali ormai fuori controllo. Proprio la fauna selvatica ha causato 200 milioni di euro di danni nell’ultimo anno all’agricoltura italiana. I cinghiali, con una popolazione che ha raggiunto i 2,3 milioni di esemplari sul territorio nazionale, costituiscono il percolo maggiore.
Le regioni più colpite sono la Puglia, con oltre 30 milioni di euro e 250mila cinghiali, e la Toscana, con oltre 20 milioni di cui l’80% a causa dei 200mila cinghiali, secondo i dati diffusi dalla Coldiretti in occasione delle 96 Assemblee organizzate su tutto il territorio nazionale, con la partecipazione di oltre 50mila agricoltori, per celebrare gli 80 anni dell’associazione agricola.
La Psa mette a rischio l’export
La Psa è un pericolo anche per la salumeria italiana. «Da tempo chiediamo un metodo scientifico di contenimento della Psa, ossia va benissimo l’abbattimento dei cinghiali per ridurre il numero dei veicoli di contagio del virus purché vengano recintate prioritariamente anche le aree a rischio. Siamo ancora in tempo, ma occorre velocizzare. Ad esempio, l’autostrada della Cisa, che collega la Liguria con l’Emilia-Romagna, è una barriera già di per sé naturale, ma va rafforzata dove ci siano delle falle. La situazione è complessa ma va gestita correttamente. Oggi ci troviamo, dopo due anni e mezzo dalla presenza del primo caso di Psa, con oltre 500 milioni di euro di danni per mancate esportazioni».
Così Davide Calderone, direttore di Assica, spiega la posizione dell’associazione delle industrie di lavorazione della carne e sottolinea le difficoltà sull’export riscontrate, in seguito alla presenza della Psa, soprattutto sui mercati asiatici. Giappone, Corea, Cina e Taiwan, che hanno chiuso i battenti alle importazioni dall’Italia. Anche in Messico e Serbia le frontiere sono chiuse per la salumeria italiana.
Articolo pubblicato sulla rubrica Primo piano di Terra e Vita
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Per esportare negli Stati Uniti occorrono 400 giorni di stagionatura che, secondo le regole del Paese, sono sufficienti a disattivare il virus, di prodotti provenienti dalle zone di restrizione 2 e 3 e i prodotti cotti. Salvo, quindi, l’export di Prosciutti San Daniele e Parma, in pericolo, invece, i prodotti a stagionature più brevi come salame, pancette e coppe che vedono sbarrate le porte negli Usa.
Sulle spedizioni all’estero di prodotti agroalimentari di qualità italiani incombono, tuttavia, nuove spinte protezionistiche che potrebbero arrivare, ad esempio, se alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti del prossimo novembre dovesse essere eletto Donald Trump, con l’introduzione di dazi e imposizioni tariffarie o, appunto, di nuove barriere sanitarie.