Rafforzare l’efficienza delle filiere, replicando e ampliando progetti di successo; stimolare la competitività attraverso la sostenibilità delle produzioni alimentari, l’efficientamento della rete logistica e dei sistemi di stoccaggio; valorizzare il modello mediterraneo con attività di informazione, promozione ed educazione alimentare; sostenere e collaborare con territori e comunità per creare valore condiviso; garantire prodotti sempre più salutari grazie alla ricerca e all’innovazione. Sono questi gli obiettivi di UniEat (ex Mediterranea) l’alleanza nata -un anno fa- dalla collaborazione fra Confagricoltura e Unionfood.
Giansanti: «UniEat, cambia il nome ma non la sostanza»
Come sottolineato dal presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, «è cambiato il nome ma non il contenuto dell’alleanza. UniEat si impegna a valorizzare le produzioni agricole italiane e le produzioni agro-industriali italiane. Abbiamo iniziato nel 2024 a lavorare sulla filiera del grano, mappando il prodotto italiano, e oggi annunciamo il nostro prossimo impegno per la filiera del pomodoro da industria. Ma non ci fermeremo a questi due comparti. Per noi è centrale la costruzione di modelli di filiera integrata e organizzata per valorizzare il made in Italy, e in questo sarà determinante il sostegno del Governo».
«UniEat non è un modello che fa business»
«Questa nuova associazione – ha proseguito Giansanti – nasce dalla visione d’insieme di Confagricoltura e Union Food per lavorare a un modello agroindustriale che sia virtuoso, in grado di trasferire valore aggiunto agli attori della filiera agroindustriale, dal campo all’industria alimentare. E ci tengo a sottolineare che il nostro non è un modello che fa business, Giansanti non vende il grano a Barilla».
Il presidente di Confagricoltura ha poi messo l’accento sull’importanza di creare sinergie anche con la distribuzione: «Riteniamo che oggi gli spazi di crescita siano enormi e solamente lavorando insieme possiamo creare valore aggiunto per le nostre filiere».
Barilla: «La nostra è una piattaforma aperta»
«Questa unione – ha commentato il presidente di Unione italiana food e vicepresidente di UniEat Paolo Barilla – mira a creare nuove piattaforme per migliorare i nostri prodotti. Si assoceranno altri soggetti interessati al nostro progetto, la nostra è una piattaforma aperta. Certamente dobbiamo portare dei risultati e quando ci saranno questi risultati ci saranno altre filiere interessate a partecipare».
Barilla ha quindi sottolineato che il nostro è il Paese che produce qualità e non volumi: «L’Italia è sempre stata non autosufficiente nella produzione di grano e ha sempre importato il miscelato è ovvio che a noi interessa produrre il nostro grano in Italia nel miglior modo possibile, e speriamo di produrre anche di più».
Lollobrigida: «Sosteniamo l'iniziativa. Ma dobbiamo incrementare il reddito degli agricoltori»
Presente all’iniziativa il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, che durante il suo intervento ha evidenziato l'importanza della collaborazione tra i vari attori del settore agroalimentare, sottolineando come il sistema Italia rappresenti una risorsa fondamentale per rafforzare la capacità di espandersi sui mercati internazionali e garantire economie di scala nei processi produttivi. Questo, ha spiegato, contribuisce a una ripartizione più equa del valore aggiunto offerto dal made in Italy.
«Siamo sempre d’accordo con iniziative come questa. Ma - ha incalzato - dobbiamo dare reddito agli agricoltori per incrementare la crescita delle produzioni».
Dal grano al pomodoro
Sulla scia del protocollo d’intesa della filiera grano-pasta, Confagricoltura e Unione Italiana Food hanno lanciato il nuovo progetto dedicato alla filiera del pomodoro da industria, realizzato in collaborazione con Value Groovers, spin off dell’Università della Tuscia. Il progetto ha l’obiettivo di avvicinare l’offerta del mondo agricolo con la domanda dell’industria, creando al contempo valore aggiunto e maggior efficienza per l’intera filiera produttiva.
«Questa prima esperienza sulla filiera del pomodoro – spiega Emanuele Blasi, professore di economia e politica agraria e agroalimentare presso il Dipartimento per l’Innovazione nei sistemi biologici, agroalimentari e forestali dell’Università degli Studi della Tuscia – nasce sulla base di un’analisi ampia delle criticità con la filiera e sintetizza già un output che ha permesso l’avvio del co-design della progettualità pilota in linea con l’intesa tra le due associazioni per accompagnare percorsi di sviluppo definiti da più attori.
L’iniziativa ha già raccolto delle manifestazioni d’interesse da parte di aziende agricole e industrie di prima trasformazione e, seppur in fase pre-campagna, osserverà non soltanto la coltura in campo ma anche la relazione commerciale all’interno della filiera. Il tutto con l’intento di identificare un modello che possa essere replicato in più contesti».
Durante la campagna 2025 un ricco portfolio di pratiche verrà testato da imprese agricole e industrie di prima e seconda trasformazione al fine di restituire indicazioni utili a garantire l’ottenimento di approvvigionamenti di produzioni di qualità e sostenibili, il cui valore aggiunto possa diventare patrimonio di tutte quelle imprese disposte ad investire per il consolidamento della filiera del pomodoro italiano, interessata oggi da una campagna complicata, sempre più condizionata dalle mutate e incerte condizioni climatiche e dalle pressioni dei mercati internazionali.
Risollevare la produzione
«Tanto più rilevante è questa iniziativa – ha concluso Blasi – considerando che con oltre 5 milioni di tonnellate, l’Italia, è il terzo produttore mondiale di pomodoro da industria, dopo California e Cina. Nel nostro Paese si sono coltivati nel 2024 oltre 75mila ettari, per il 55% nel Nord Italia e per il 45% nel Centro-Sud. Le superfici sono in aumento (+10,80%), mentre la produzione è in flessione (-2,5%) sostanzialmente a causa della riduzione delle rese, che si può stimare in -12% tra il 2023 ed il 2024».