Un nuovo business verde grazie al carbon farming

L'approfondimento in primo piano di Terra e Vita 36

Green deal e Farm to fork: la lotta ai cambiamenti climatici impone nuove scelte nelle politiche agroambientali europee. E il sequestro di carbonio (carbon farming) diventa così strategia d'impresa. Gli studi e gli esempi

L’agricoltura può ricoprire un ruolo fondamentale nella lotta ai cambiamenti climatici grazie al sequestro di carbonio nel suolo (carbon farming).

Infatti, attraverso l’impiego di pratiche agronomiche mirate, sarà possibile limitare il cambiamento climatico attraverso il sequestro del carbonio nel suolo.

Il sequestro di carbonio nel suolo da parte di agricoltori e silvicoltori costituirà un nuovo modello di business verde per contrastare i cambiamenti climatici ed aumentare la resilienza dell’ambiente, perseguendo così gli obiettivi del Green New Deal e della strategia “Farm to Fork”.

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Carbon farming, un nuovo business verde

Molti studi dimostrano che il carbon farming, può essere una strategia utile che permetterà di ridurre gli impatti in termini di “greenhouse gases” (GHG) non solo del medesimo settore agricolo, ma consentirà la decarbonizzazione anche lungo tutta la filiera agroalimentare.

Le pratiche agricole che eliminano la CO2 dall’atmosfera contribuiscono all’obiettivo della neutralità climatica e dovrebbero essere ricompensate attraverso la Pac o altre iniziative pubbliche o private (mercato del carbonio).

Una nuova iniziativa dell’Ue per il sequestro del carbonio nei suoli agrari nell’ambito del patto per il clima promuoverà questo nuovo modello di business, che offre agli agricoltori una nuova fonte di reddito e aiuta altri settori a decarbonizzare la filiera alimentare.

La Commissione europea elaborerà un quadro normativo per la certificazione degli assorbimenti di carbonio basato su una contabilizzazione del carbonio solida e trasparente al fine di monitorare e verificare l’autenticità degli assorbimenti.

Tale processo sarà possibile tramite certificati di assorbimento, su cui la Commissione europea sta lavorando, che garantiranno ad una determinata pratica agronomica o ad una specifica coltura un certo quantitativo di sequestro in carbonio in termini di tonnellate ad ettaro.

Questa iniziativa della Commissione europea apre le porte ad una nuova fonte di reddito per gli imprenditori agricoli i quali, in seguito alla normazione del sistema di certificazione, saranno in grado di poter far parte di un nuovo business verde.

Il ruolo dell’agricoltura

Molti studi sia a livello globale che europeo dimostrano l’effettiva capacità del sistema agricolo nel sequestro del carbonio e del contributo dello stesso nella lotta ai cambiamenti climatici. Secondo uno studio riportato da Schlesinger (1999) riguardo 20 anni di coltivazione di mais in Kentucky secondo due sistemi di lavorazione del suolo,

Soia seminata su sodo

convenzionale e no-tillage, è stato riscontrato che il primo garantiva un sequestro pari a 1.250 g di C a metro quadrato, mentre nel secondo caso la non lavorazione consentiva un sequestro di 1.740 g/m.

Nello specifico la coltivazione riceveva 336 kg/ha di azoto all’anno, che considerando il rilascio di CO2 per la produzione del fertilizzante, incideva per il 19-27% del carbonio sequestrato dal suolo.

L'importanza delle cover crops

La coltivazione di colture di copertura (cover crops) può ritenersi un valido alleato nello stock del carbonio nel suolo. Infatti, su uno studio condotto su 139 particelle in 37 siti diversi è stato riscontrato un tasso medio annuo di aumento del carbonio organico nel suolo pari a 0,32 ± 0,08 t/ha/anno a una profondità di 22 cm. Inoltre, è stato calcolato, considerando che l’accumulo di C nel suolo non è illimitato, che nell’arco di 155 anni il suolo ha una capacità di stoccaggio nei primi 22 cm di suolo pari a 16,7 ± 1,5 tonnellate a ettaro.

Esempio di gestione estrema di cover crops: la segale viene allettata direttamente dalla seminatrice durante la semina di soia

È stato stimato che il potenziale sequestro globale di C nel suolo è pari a circa 0,12 ± 0,03 miliardi di t/anno, che compenserebbe l’8% delle emissioni dirette annue di gas serra dall’agricoltura.

In uno studio riguardo il rimboschimento di terreni agricoli e pascoli tropicali abbandonati è stato individuato il potenziale di questo nell’accumulo di CO2 sia nella biomassa che nel suolo.

Nel primo caso è stato constatato che nei primi 20 anni di rimboschimento è stato registrato un accumulo medio di CO2 nella biomassa di 6,2 t/ha/anno, mentre in 80 anni lo stoccaggio medio è pari a 2,9 t/ha/anno. Nell’arco dei primi 20 anni di ricrescita, le foreste nelle zone umide hanno il tasso più elevato di accumulo di carbonio fuori terra con il rimboschimento, seguito da foreste secche e umide. Per quanto riguarda il C nel suolo questo si è accumulato ad una velocità media di 0,41 t/ha/anno per un periodo di 100 anni, ciononostante nei primi 20 anni l’immagazzinamento era di 1,3 t/ha/anno.

L’agricoltore cosa ci guadagna?

L’agricoltura è la fonte essenziale per il sostentamento dell’uomo, tuttavia oggigiorno oltre a ricoprire questo importantissimo ruolo deve rispondere ad un’errata gestione delle risorse naturali da parte dell’uomo.

Infatti, nonostante l’agricoltura risulti essere una delle principali fonti che contribuiscono al cambiamento climatico, potrà rappresentare il sistema fondamentale attraverso cui sarà possibile limitare e contenere l’avanzata del riscaldamento globale.

Il sistema agricolo nell’insieme, tenendo conto anche del sistema selvicolturale, sarà in grado, tramite l’attuazione di specifiche tecniche produttive e colturali, di rappresentare realmente una fonte fruibile tramite la quale competere per il ripristino del sistema ambientale finora sfruttato e depredato.

Il tema della resilienza ambientale delinea un’importantissima opportunità per tutto il settore agricolo aprendo le porte ad un nuovo modello di business, business verde, che garantirà – a fronte di comprovate prove di realizzazione ed adozione di specifiche pratiche agronomiche – una premialità per l’impegno messo in atto dagli imprenditori agricoli per contribuire al contenimento del mutamento climatico.

L’imprenditore agricolo quindi, con l’attuazione di determinate tecniche e pratiche colturali, tra cui no-tillage, crover crops, interramento residui colturali, rimboschimento (terreni marginali, svincoli autostradali) ecc., sarà in grado di far riscontrare benefici in termini di sequestro in carbonio nel suolo che saranno riconosciuti tramite certificati.

Il sistema di certificazione del carbon farming

Il sistema di certificazione riguardante la carbon farming, che ogni azienda agricola riesce ad accumulare nel suolo, potrà permettere all’imprenditore agricolo di percepire una premialità per l’impegno messo in atto nell’attività di decarbonizzazione ambientale.

La funzione di tali certificati è quella di garantire l’effettiva quantità in tonnellate di carbonio che è stato sequestrato nel suolo in quella determinata azienda agricola attraverso quella specifica pratica agronomica.

La Commissione europea sta lavorando per concretizzare e normare i certificati, in quanto questi rappresenteranno uno strumento di scambio, attraverso il quale una qualsiasi impresa potrà, per ovviare agli impatti generati, acquisire da un agricoltore o silvicoltore uno o più certificati per la mitigazione delle emissioni prodotte

Inoltre, sono in fase di studio anche le modalità con cui verranno erogate le premialità a fronte del certificato ottenuto dall’agricoltore.

Dovrà essere definito dalla Commissione anche se l’incentivo corrisposto per ogni certificato di assorbimento valido, sarà erogato dal Feaga (Fondo Europeo Agricolo di Garanzia), quindi dal primo pilastro della Pac, oppure dal secondo pilastro, tramite il Feasr (Fondo Europeo Agricolo di Sviluppo Rurale). A proposito di quest’ultimo dovrà essere definito se i certificati rientreranno nella misura 10 del Psr tra i pagamenti agro-climatico-ambientali o se ricadranno in una misura specifica.

Inoltre, verrà definito se l’incentivo sarà legato alle sole tonnellate di CO2 sequestrata nel suolo o se si tratterà di un contributo a superficie, che tenga comunque conto delle tonnellate di CO2 sequestrate.

Le prospettive sono ampie e ancora in fase di costituzione ma sicuramente ci si aspetta che offriranno una nuova opportunità per gli agricoltori che potranno così contare su una nuova fonte di redditività per l’esercizio d’impresa.

I benefici per la collettività

La riduzione del quantitativo di gas ad effetto serra e il contrasto delle problematiche ambientali costituiscono la sfida a cui tutti siamo chiamati in questo tempo.

Costantemente veniamo a conoscenza di nuovi e inaspettati episodi in cui si scatenano dinamiche ambientali disastrose e difficilmente gestibili che manifestano successivamente le conseguenze catastrofiche che si portano dietro. Ogni ambiente del mondo è sotto attacco e risponde agli stimoli di soffocamento verso cui stiamo spingendo i nostri habitat.

Il carbon farming è una delle possibili strade perseguibili al fine di invertire la rotta e contrastare il cambiamento climatico, mettendo in atto un sistema resiliente tale da consentire e favorire il ripristino di determinate condizioni ambientali.

Il sequestro di carbonio nel suolo da parte del settore agricolo attraverso pratiche colturali specifiche potrà permettere l’incremento del benessere della collettività per la minor pressione climatica e l’incremento della biodiversità.

Quest’ultima, inoltre, rafforza la produttività di un qualsiasi ecosistema (di un suolo agricolo, di una foresta, di un lago, e via dicendo). Infatti, è stato dimostrato che la perdita di biodiversità contribuisce all’insicurezza alimentare ed energetica, aumenta la vulnerabilità ai disastri naturali, come inondazioni o tempeste tropicali, diminuisce il livello della salute all’interno della società, riduce la disponibilità e la qualità delle risorse idriche e impoverisce le tradizioni culturali (Ispra, 2020).

L’agricoltura e gli imprenditori agricoli saranno in grado di prendere parte in maniera attiva al benessere dei cittadini, offrendo non solo prodotti agricoli e alimentari ma anche beni pubblici indispensabili per la salute della popolazione. Il sistema dei certificati e il pagamento degli stessi costituiscono la base attraverso cui la collettività ricompensa l’impegno preso da parte dell’agricoltura per contribuire al contenimento dei cambiamenti climatici e concorrere alla resilienza ambientale.

In conclusione, quindi, il settore primario potrà farsi carico del compito della decarbonizzazione per il miglioramento delle condizioni climatiche e dar vita ad un nuovo assetto economico, più verde.


Le pratiche agricole per il sequestro del carbonio

La pratica del no-tillage è un’operazione solitamente raccomandata per il sequestro del carbonio nel suolo. Tuttavia, lo studio di Lou, evidenzia che non ci sia in realtà una diretta correlazione tra l’attuazione di questa pratica e la cattura di carbonio.

Lo studio è stato condotto su 69 esperimenti accoppiati in cui il campionamento del suolo avveniva per una profondità superiore a 40 cm. È stato rilevato che la coltivazione di suoli naturali per oltre 5 anni in media comporta una perdita di oltre 20 t/ha di C nel suolo sia che si operi in convenzionale che in no-tillage. Tuttavia, la distribuzione di carbonio nel profilo del suolo è cambiata con il passaggio dalla gestione convenzionale alla non lavorazione; infatti, dopo la conversione a no-tillage, il C nel suolo è aumentato 3,15 ± 2,42 t/ha nei primi 10 cm di profondità, ma ha subito un decremento nello strato di terreno compreso tra 20-40 cm pari a 3,30 ± 1,61 t/ha. I risultati dello studio di Lou permettono di evidenziare che l’adozione della gestione no-tillage nel sequestro di C è fortemente dipendente dai sistemi colturali. Sembrerebbe che aumentare la frequenza delle colture potrebbe essere una strategia più efficiente per sequestrare il C negli ecosistemi agricoli. Sono necessari ulteriori studi sugli effetti dell’aumento delle specie e della frequenza delle colture sull’accumulo di C nel suolo.

Il calcolo del ruolo del carbon farming

Uno studio di Yan, condotto in Cina, riguardo il sequestro del carbonio da parte del suolo, evidenzia che la non lavorazione del 50% dei seminativi, unitamente alla restituzione del 50% dei residui colturali, comporterebbe un immagazzinamento annuale di C nel suolo pari a 32,5 milioni di tonnellate, rappresentando il 4 % dell’emissione di CO2 della Cina. La capacità di sequestro del carbonio da parte del suolo non rappresenta un potenziale illimitato, infatti, sempre nel medesimo studio di Yan l’effetto di immagazzinamento del suolo ha una durata variabile tra 20-80 anni. Inoltre, la capacità di sequestro del C nel suolo è dipendente dal clima, dalle condizioni del suolo e dalla produttività delle colture impiegate.

In conclusione, malgrado alcuni studi poco incoraggianti riguardo la gestione convenzionale o no-tillage, sembra che nella maggior parte dei casi l’agricoltura e la silvicoltura possano realmente contribuire al sequestro del carbonio nel suolo, risultando essere di conseguenza una fonte di smaltimento o acquisizione dei gas ad effetto serra. Tali considerazioni riguardo l’agricoltura forniscono la possibilità di gettare le basi riguardo un sistema di scambio dei benefici derivanti dall’adozione di determinate pratiche agricole.


Le strategie europee per la neutralità climatica

L’agricoltura italiana, e più in generale quella europea, si trova di fronte a uno scenario in cui deve scegliere e comprendere come mettere in campo le proprie risorse per far fronte alle nuove sfide di carattere ambientale.

L’Unione Europea ha già fatto le sue scelte con 3 documenti strategici: il Green Deal europeo (vedi Terra e Vita n. 3/2020), la strategia “Farm to Fork” (vedi Terra e Vita n. 18/2020) e la Strategia sulla biodiversità (vedi Terra e Vita n. 20/2020).

Il Green Deal illustra le modalità per consentire all’Europa di divenire il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050 e definisce le strategie per una crescita sostenibile, inclusiva, migliorare la salute e la qualità della vita delle persone prendendosi cura della natura e non lasciare indietro nessuno.

In particolare, la strategia “Farm to Fork” (in italiano “Dal produttore al consumatore”), che rappresenta la politica agroalimentare del Green Deal, affronta la scommessa per il conseguimento di sistemi alimentari sostenibili, riconoscendo i legami inscindibili tra persone sane, società sane e un pianeta sano.

Queste decisioni politiche accompagneranno non solo l’agricoltura, ma tutti i cittadini europei nei prossimi anni fino al 2050. Gli obiettivi europei sono molto ambiziosi ed hanno l’intento di creare una nuova economia, più verde.

Un nuovo business verde grazie al carbon farming - Ultima modifica: 2020-12-14T23:13:51+01:00 da K4

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