Il marciume nero delle pomacee
è sempre più dannoso.
Si tratta di una patologia che può comparire in campo e in post-raccolta causata dal fungo Botryosphaeria obtusa, la cui forma conidica, da lungo tempo riconosciuta appartenere a Sphaeropsis malorum, è oggi stata rinominata come Diplodia serata.
Considerato da tempo come parassita occasionale, sta cominciando a diventare particolarmente dannoso su alcune varietà di mele come Fuji, Braeburn, Pink Lady e Gala, Elstar e Jonagold soprattutto se condotte in regime biologico.
In certe annate le perdite produttive possono arrivare a interessare anche il 30%. Il fungo è in grado di infettare frutti, foglie e rami e, soprattutto soprattutto negli areali più caldi e umidi può arrivare a causare la morte delle piante. Il marciume nero inoltre può comparire anche in fase di conservazione.
Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita
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Modalità d’infezione
Il fungo è in grado infatti di sopravvivere saprofiticamente su ferite di taglio o su cancri già esistenti causati dal colpo di fuoco batterico o dalle gelate.
L’inoculo primario è rappresentato dalle ascospore e dai conidi che vengono diffusi dagli schizzi di pioggia.
L’infezione sulle foglie necessita di temperature elevate (superiori a 26 °C), alta umidità relativa (> 92%) e una durata di umettazione minima di 4 ore, mentre per infettare i frutti, con una temperatura ottimale di 20-24 °C, l’umettazione deve raggiungere le 9 ore.
Sui frutti mummificati si producono una gran quantità di conidi che possono essere dilavati dalla pioggia e raggiungere i frutti e le foglie sottostanti causando più infezioni secondarie che possono susseguirsi per tutta la restante stagione, mentre le infezioni più tardive rimangono latenti e possono manifestarsi in fase di conservazione.
Un’altra modalità d’infezione sembra avvenire nel momento della caduta dei petali o più tardi sfruttando l’apertura del canale stilare e portando alla manifestazione del “marciume del cuore”.
La strategia di difesa
Il primo scoglio è rappresentato dall’assenza di prodotti specifici autorizzati. Tuttavia, conoscendo i periodi di rischio, sapendo che l’infezione primaria avviene in primavera alla caduta dei petali e le infezioni secondarie in estate, si potrebbero adattare le strategie di difesa utilizzando prodotti autorizzati su altre avversità che possono avere una efficacia anche contro questa malattia.
I principi attivi più efficaci sembrano essere tiofanate-metyl e fludioxonil, mentre le strobilurine risultano mediamente efficaci. La profilassi invece si basa su:
- eliminazione dei frutti colpiti e caduti a terra e le mummie per ridurre il potenziale di inoculo: il primo meno praticabile economicamente e il secondo più performante in termini di controllo della malattia;
- eliminazione dei cancri rameici durante la potatura;
- trattamenti cuprici in inverno;
- evitare l’irrigazione a pioggia.
I sintomi del marciume nero sulle pomacee
I sintomi compaiono generalmente in estate o all’inizio dell’autunno.
Sui frutti si manifestano come tacche nerastre di forma variabile, talvolta circondate da un’areola rossastra, che possono rimanere latenti o, in altri casi, assumono un aspetto polverulento. Le necrosi spesso sono inizialmente di pochi millimetri di diametro che si evolvono col tempo in tacche arrotondate brunastre spesso con aree concentriche.
I frutti completamente infetti mummificano. Sulle mummie, se le condizioni permangono favorevoli, compaiono dei piccoli corpiccioli nerastri, i picnidi, contenenti caratteristici conidi brunastri e di forma ovale. In certi casi si possono altresì osservare delle tacche di aspetto oleoso o una necrosi del cuore che progredisce verso la superficie del frutto.
Sui frutti in conservazione le caratteristiche tacche nerastre sono più rare e le necrosi dal contorno irregolare non presentano aree concentriche. Sulle foglie, possono talvolta comparire delle tacche brunastre ocellate, mentre sui rami i sintomi si presentano inizialmente con piccole tacche depresse principalmente localizzate all’ascella di giovani rametti o in corrispondenza di gemme morte. La parte colpita va incontro a una progressiva necrotizzazione dei tessuti sottocorticali e alla formazione di veri e propri cancri.