Tripidi, il controllo bio vince la partita

tripidi
Una serie di fitofagi pericolosi che danneggiano i fiori di varie colture orticole come peperone, melanzana e fragola

L’introduzione accidentale alla fine del secolo scorso del tripide Frankliniella occidentalis ha complicato notevolmente il problema dei tripidi in questo inizio degli anni 2000.

Proveniente dall’America questo tripide è anche detto tripide occidentale dei fiori.

In precedenza le specie più comuni erano il tripide degli orti (Thrips tabaci) e, molto più sporadico il tripide degli agrumi e delle serre (Heliothrips haemorroidalis); questi fitofagi non erano annoverati tra i pericoli maggiori per le colture orticole e floricole.

  1. occidentalis ha mostrato subito un ben diversa caratura ed una notevole predisposizione a sviluppare tolleranza agli insetticidi utilizzati per il suo controllo, tanto da diventare un elemento chiave per la conduzione fitoiatrica di diverse colture orticole come peperone e melanzana e per la fragola; in particolare nei cicli produttivi primaverili-estivi il fitofago esprime al massimo la sua pericolosità.

Questo fitofago predilige frequentare il fiore perché si nutre del polline, da cui ricava un alimento prezioso per incrementare la sua fecondità.

Il danno

Il danno arrecato può essere di due tipi: diretto ed indiretto.

L’azione delle neanidi e degli adulti sulle foglie si esprime in forma di punture di alimentazione che svuotano le cellule vegetali e determinano la comparsa di estese aree decolorate che poi degenerano fino alla necrosi dei tessuti; la capacità fotosintetica viene così limitata. Sui fiori l’azione di questi tripidi determina vari tipi di degenerazione dei tessuti fino a raggiungere, nei casi più gravi, la necrosi del fiore.  Anche la ovideposizione può produrre danni: la femmina perfora i tessuti fiorali o delle prime foglie apicali determinando alterazioni di diverso grado. In conseguenza di questa duplice attività l’allegagione e lo sviluppo dei frutti non decorrono regolarmente determinando alterazioni morfologiche e cromatiche.

In particolare su peperone Il fiore così danneggiato trasmette questa situazione al frutto in formazione, in cui i tessuti interessati dalle punture di alimentazione o dalle deposizioni delle uova tendono a deformarsi e non possono sostenere la successiva crescita. Quando il frutto comincia ad ingrandirsi, le zone colpite rimangono di colore diverso e formano aree bronzate o deformate.

  1. occidentalis è inoltre responsabile della trasmissione di numerose virosi come ad esempio il TSWV o virus dell’avvizzimento maculato del pomodoro.

Il tripide in generale si avvantaggia quando le condizioni ambientali sono caratterizzate da frequenti variazioni termoigrometriche con livelli estremi e condizioni di difficoltà della pianta, specialmente a partire dalla fioritura.

In questo quadro si inserisce una concreta difficoltà nel limitare le popolazioni di tripidi esclusivamente con il ricorso a trattamenti con agrofarmaci. L’azione dei fitofarmaci è complicata da alcuni fattori:

1 - la localizzazione del fitofago all’interno dei fiori ne rende difficile il raggiungimento da parte dei prodotti che agiscono per contatto;

2 - la rapidità del ciclo biologico e la contemporanea presenza di diversi tipi di stadi di sviluppo;

3 - la predisposizione della specie a selezionare popolazioni tolleranti in vario grado alle diverse sostanze attive utilizzate.

Difesa bio

Di conseguenza è parso logico fin dai primi tempi rivolgersi alle possibilità di difesa biologica al fine mettere a punto strumenti da utilizzare in agricoltura biologica ed anche in produzione integrata.

Tra i numerosi limitatori naturali segnalati per i tripidi, i migliori risultati, nel bacino del Mediterraneo, sono stati ottenuti con specie appartenenti al gruppo degli antocoridi ed in particolare al genere Orius; Orius laevigatus ha mostrato caratteristiche molto interessanti unite ad una buona predisposizione all’allevamento massale ed è a tutt’ora il principale predatore di tripidi, affiancato a volte da acari fitoseidi predatori appartenenti la genere Amblyseius.

Innanzitutto l’orius predilige stazionare sui fiori; questo significa che frequenta assiduamente gli organi dove anche il fitofago vive. Nella prospettiva della lotta biologica tutto questo si traduce nell’andare a scovare e tenere a bada il nemico nel posto giusto e al momento giusto.

Le introduzioni di O. laevigatus devono avvenire con bassissime presenze del fitofago, ma sempre in presenza di fiori; si è visto infatti che in presenza di poche prede può comunque alimentarsi di polline oppure di prede secondarie.

L’impiego

Il periodo di maggior impiego del predatore è compreso tra febbraio/marzo (per le aree orticole meridionali) e luglio in funzione del momento stagionale e della latitudine, con quantità complessive comprese mediamente tra 2-3 individui/m², che variano in funzione di tre elementi:

- tempestività dell’intervento;

- livello di infestazione presente;

- tipo di ambiente protetto ed areale di produzione.

L’impiego di O. laevigatus consente di innescare un meccanismo di predazione e di controllo nel lungo periodo, dal momento che si introducono adulti in grado di alimentarsi da subito, ma anche di riprodursi e nelle successive generazioni mantenere i tripidi ben controllati.

I vantaggi

I vantaggi dei lanci del predatore si possono schematizzare in 4 punti:

- riduzione drastica del numero generale di trattamenti;

- costi di intervento convenienti;

- risparmio di manodopera;

- la pianta presenta minori problemi di fitotossicità.

Va, inoltre, considerato che non esistono al momento sostanze attive che diano garanzie di un efficace contenimento del tripide ed al tempo stesso selettive per gli organismi utili e che la difesa esclusivamente chimica, per quanto serrata, non porta all’eliminazione del fitofago né ad una minore incidenza del TSWV.

In questo contesto l’impiego di O. laevigatus si presenta come una reale occasione di mantenere sotto controllo la popolazione del tripide e poter giungere a raccolta con un prodotto dalle qualità sanitarie di prim’ordine; si tratta dello strumento ideale per quelle aziende che vogliono realmente valorizzare le proprie produzioni senza correre il rischio di residui indesiderati e senza offrire il fianco agli attacchi del tripide.

Ovviamente l’impiego di O. laevigatus presuppone il suo inserimento in una strategia globale dove altri fitofagi (afidi, lepidotteri, acari) e le malattie fungine devono essere tenute sotto controllo con tecniche, tempi e modi che non ostacolino l’attività del predatore; si tratta, in poche parole, di studiare ed applicare razionali strategie di lotta integrata, dove un ruolo primario è giocato dall’impiego e dalla valorizzazione degli organismi utili.

Tripidi, il controllo bio vince la partita - Ultima modifica: 2015-12-14T16:00:47+01:00 da Sandra Osti

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