Raffrescare gli animali per abbassare la temperatura corporea, utilizzando sia doccette sia impianti di refrigerazione. È quanto stanno facendo gli allevatori pugliesi per fronteggiare le temperature che nelle ultime settimane si sono avvicinate ai 40 °C, superiori di alcuni gradi alle medie del periodo.
Le difficoltà maggiori, comunica Coldiretti Puglia, si avvertono sulla Murgia barese e tarantina e nel Foggiano, dove sono concentrati 4.305 allevamenti ovi-caprini con oltre 320mila capi, 3.788 allevamenti bovini con 176mila capi, 56 allevamenti bufalini.
Vacche: -10% circa di latte in meno rispetto ai periodi normali
«In queste condizioni gli animali soffrono il caldo, le vacche in particolare stanno producendo fino al 10% circa di latte in meno rispetto ai periodi normali – rileva Onofrio Maellaro, allevatore e presidente di Coldiretti di Noci (Ba), nonché componente del direttivo dell’Anarb –. Per le mucche il clima ideale è fra i 22 e i 24 °C, oltre i 30 °C cominciano ad andare in stress termico, mangiano poco, bevono molto e producono meno latte».
L’andamento climatico del 2020, caratterizzato non solo da un’estate molto calda ma anche da un inverno siccitoso, sta pesando non poco sulle tasche degli allevatori, sottolinea Maellaro. «La mancanza di pioggia durante l’inverno ci ha fatto produrre meno foraggio, con un aggravio di costi di produzione per poterci approvvigionare del foraggio necessario per le esigenze alimentari dei nostri capi.
Adesso al calo delle produzioni di latte si aggiunge l’aumento dei costi per i maggiori consumi di acqua ed energia elettrica che gli allevatori devono sostenere per aiutare gli animali a resistere al caldo».
La permanenza nelle stalle può creare problemi di salute alle vacche
Nelle stalle, aggiunge il presidente di Coldiretti Puglia, Savino Muraglia, «sono in funzione ventilatori e doccette refrigeranti per aiutare le mucche a sopportare meglio il caldo, mentre gli abbeveratoi sono sempre pieni perché con le alte temperature ogni animale arriva a bere fino a 140 litri di acqua al giorno contro i 70 dei periodi più freschi.
Inoltre le vacche fino a settembre-ottobre potrebbero manifestare una diminuzione della fertilità e problemi alle zampe, perché gli animali, costretti a stare nelle stalle, non riescono a termoregolarsi al meglio e si muovono poco».
Le strategie di mitigazione dello stress da caldo
Per fronteggiare lo stress da caldo l’allevatore può implementare strategie di mitigazione per mantenere quanto più naturale la vita condotta dalle bovine, afferma Pasquale De Palo, docente del Dipartimento di Medicina veterinaria dell’Università di Bari. Ma pensare di risolvere il problema soltanto con il condizionamento termico in stalla è troppo poco.
«Lo stress da caldo è un nemico tutt’altro che scontato. In primo luogo non è un problema solo estivo, perché il rumine della bovina è una “stufa” che produce calore in continuazione. Poi bisogna tenere conto che i bovini hanno una sensibilità al caldo maggiore di quella umana. Infine gli effetti dello stress sulla produzione e sulla riproduzione si pagano non tanto subito, quanto nel corso dell’anno, gli uni in autunno e gli altri nella successiva primavera.
I conti si fanno a medio e lungo termine, perciò l’attacco deve essere portato su più fronti: stoccaggio delle materie prime, alimentazione, gestione dell’allevamento, condizionamento climatico, selezione genetica, ricorso a strutture adeguate, evitando, ad esempio, che i sili abbiano muffe alle pareti, che poi si traducono nella presenza di aflatossine nel latte».
Ogni azienda zootecnica è una realtà diversa dalle altre
Ogni azienda zootecnica è una realtà a sé stante, perciò ognuna deve mettere a punto le misure più efficaci contro lo stress da caldo, senza accontentarsi del minimo indispensabile, ma puntando al più alto miglioramento possibile.
«Non esiste un modello di condizionamento climatico che va bene in ogni stalla. Come si fa quindi a scegliere? Ventilatori, pompe di eliminazione attiva dell’aria calda, fogger/nebulizzatori, sprinkler/spruzzatori (da soli o associati) non sono intercambiabili. La scelta dipende da diversi fattori: microclima aziendale, tipo di pavimento, tipo di area di riposo, livello igienico nei box e nella sala di mungitura. Altezza, posizione, inclinazione e numero di tali dispositivi non sono mai gli stessi in stalle differenti».
La crescita di attenzione verso la zootecnia di precisione, evidenzia De Palo, mira a valorizzare l’individualità di ogni vacca, in quanto essere vivente unico e irripetibile, con l’ausilio di sensori ruminali e trasponder e con la rivalorizzazione dei sistemi automatici di alimentazione.
«Da ciò deriva la necessità di non considerare il box delle vacche in lattazione come una unità omogenea, neanche se le vacche “fresche” sono già state distinte dalle “stanche”. Occorrono dunque termostati separati per area o attivazione modulare, tipologie diversificate di sistemi di raffrescamento nella stessa area, differenziazione delle potenze adottate».
Per affrontare in maniera adeguata lo stress da caldo occorre investire, consiglia De Palo, «evitando però che l’investimento venga annullato da errori voluti come il sovraffollamento, che danneggia le condizioni di vivibilità in stalla e aumenta ulteriormente il problema, o la cattiva gestione alimentare, che si paga per lungo tempo».