Con un fatturato pari a 160 milioni di euro, il comparto carni rappresenta circa il 20% del valore della produzione agricola del Friuli Venezia Giulia secondo i dati forniti dalla Regione. Nell'ordine, contribuiscono a questo risultato soprattutto le carni suine (8,5%), seguite da quelle bovine (7,2%) e, infine, dal pollame (5,1%).
Più nel dettaglio, secondo i dati forniti dalla Bdn dell'Anagrafe zootecnica istituita dal ministero della Salute presso il Csn dell'Istituto “G. Caporale” di Teramo, alla base produttiva della filiera suinicola regionale ci sono 750 allevatori professionali e oltre 240mila capi allevati (la suinicoltura friulana rappresentano il 2,79% dell’intero universo suinicolo italiano) dei quali, il 53,90% sono parte della filiera dell’ingrasso. La densità è pari a 30,43 capi a kmq, leggermente superiore alla media nazionale che è di 28,75 capi/kmq. Le macellazioni, nel 2019, ammontano a quasi 58mila capi. Un universo produttivo diffuso sul territorio, con le sue tante e necessarie relazioni quotidiane, che pare non aver subito grandi contraccolpi (almeno fino alla metà del mese di marzo) dall’emergenza Coronavirus.
Suinicoltura friulana, per ora tutto regolare
Dalla provincia di Udine a quella di Pordenone; dalle scrofaie agli ingrassi, dai grandi ai piccoli allevamenti, non si segnalano (per ora) problematiche di sorta.
In provincia di Udine: Silvio Marcuzzo, ingrassatore di Buja; Ennio Dordolo, piccolo allevatore di Colloredo di Monte Albano; Enrico Gazzola, piccolo allevatore di Rivignano-Teor, fuori dalla filiera del San Daniele Dop; Giuseppe Colomba, con scrofaia a Ragogna; e David Pontello, allevatore di San Vito di Fagagna; In provincia di Pordenone: Giuliano Avoledo, ingrassatore a ciclo chiuso di Spilimbergo che chiede di non dimenticare la grave problematica Psa mentre si parla “solo” di coronavirus e Denis Del Ben, ingrassatore in soccida di Maniago, concordano sulla fluidità delle consegne in entrata in azienda di suinetti, mangimi, medicinali e delle vendite (in uscita) di suinetti e suini.
«Nei flussi non ci sono state interruzioni di sorta – dicono - e anche i prezzi di vendita dei lattonzoli e dei suini non hanno subito scarti significativi rispetto alla variabilità stagionale tradizionale. I macelli stanno ricevendo gli animali ai ritmi soliti e così pure la gran parte dei prosciuttifici della filiera del San Daniele Dop.
Anche lo sguardo attento di Marco Bassi, tecnico suinicolo dell’Associazione allevatori del Friuli Venezia Giulia, non ha intercettato segnalazioni particolari da parte dei produttori regionali.
Possibili rischi per i prossimi giorni
Qualche nube, però, pare allungarsi sull’orizzonte delle prossime settimane, con l’emergenza in pieno svolgimento e i sempre più severi limiti agli spostamenti che interessano e investono (persone, animali e merci) non solo tutta l’Italia ma, presumibilmente, anche gli altri Paesi europei.
Nel caso del Friuli Venezia Giulia, regione indenne dalla malattia di Aujeszky, già ci sono delle limitazioni per quanto riguarda i rifornimenti esterni di suini che possono provenire solo da aree a loro volta indenni. Se anche alcune o tutte queste aree (Alto Adige, Danimarca, Paesi Bassi, Austria, Finlandia, Germania, Repubblica Ceca, Slovacchia, Svezia, Svizzera) fossero interessate da eventuali restrizioni, per qualche allevamento si potrebbe porre un serio problema di acquisto/rifornimento dei suinetti e, dunque, un altrettanto serio danno economico.
Inoltre, si può ipotizzare che, al seguito del perdurare dell’emergenza con le chiusure obbligatorie decretate per i locali pubblici, gli alberghi, la ristorazione e gli agriturismi, ci sia una riduzione dei consumi dei salumi la quale, a ritroso, potrebbe ripercuotersi negativamente sull’intera filiera.