Mai avremmo immaginato
che bastasse
un solo virus
per devastare produzioni
e mercati mondiali.
Chi produce cibo se la cava meglio di chi vende manufatti o servizi, ma nessuno uscirà indenne dalla drastica interruzione dei flussi di persone e merci.
Se sono anni che il calo dei consumi interni ha interessato anche i generi alimentari, la pandemia ha colpito pesantemente il fuori casa e l’export a cui si aggiunge la ridotta capacità di spesa delle famiglie.
Nel mondo occidentale viviamo di esportazioni, così come importiamo merci e prodotti di cui non abbiamo disponibilità. Questa osmosi è alla base del nostro benessere. Il Made in Italy ha sostenuto le nostre esportazioni e la tenuta del comparto agroindustriale.
Editoriale del numero 36 di Terra e Vita
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Pianificare, missione quasi impossibile
Il lattiero caseario, trainato nelle esportazioni dalle grandi Dop, si è caratterizzato per la qualità della materia prima e per l’eccellenza dei prodotti trasformati, compensando le più difficili condizioni orografiche e climatiche. I consorzi hanno fatto un buon lavoro di promozione sui mercati esteri e dispongono di straordinari strumenti di pianificazione attraverso i piani produttivi, ma è difficile contingentare le quote dei produttori che devono ottimizzare la dimensione produttiva, per ammortizzare gli investimenti e diluire i costi fissi.
Del resto, dal dopo quote latte, tutte le Regioni hanno finanziato più l’aumento delle produzioni che non l’organizzazione commerciale del comparto.
Mercato invaso da volumi di latte mai visti prima
I provvedimenti dei consorzi di tutela per riequilibrare produzione e scorte, il calo irreversibile dei consumi di latte fresco, la chiusura di bar e ristoranti, stanno riversando sul mercato volumi mai visti di latte.
La zootecnia da latte è strutturalmente anelastica, investimenti massicci, costi fissi esorbitanti, genetica e rimonte che necessitano di tempi lunghi, rendono impraticabile un approccio flessibile alle volatilità del mercato. Si tratta di una condizione diffusa un po’ in tutto il mondo e di ricette realmente efficaci per contenere i danni della sovraproduzione non ce ne sono, anche se il Nord Europa, più strutturato dal punto di vista industriale è tradizionalmente più veloce a correre ai ripari.
Autosufficienza a un passo
A questo si aggiunga che Il 2020 si chiuderà con una produzione nazionale vicina a 12,5 milioni di tonnellate e con un indice di autosufficienza superiore al 90%.
Stanno andando a regime ulteriori investimenti per rinnovare e/o potenziare gli allevamenti ed è ragionevole considerare alla portata il traguardo della piena autosufficienza. Risultato importante, frutto della voglia di crescere dei nostri allevatori, che però rischia di alimentare l’eccedenza produttiva e conseguentemente l’avvicinamento delle nostre quotazioni alle medie europee.
Un approccio italiano al Green Deal
Nel prossimo futuro, anche per effetto delle imminenti norme a supporto della sostenibilità, buon cibo non potrà che significare cibo sostenibile, rispettoso dell’ambiente, del paesaggio, della salute di chi lavora e di chi consuma, del benessere e della salute dei nostri animali. All’Italia si richiede di contrastare la crisi più drammatica dal dopoguerra, utilizzando il denaro messo a disposizione dall’Europa, per investire su un cambio di passo deciso. Vorremmo condividere un approccio italiano al Green Deal per l’allevamento da latte, ma per una volta ci piacerebbe trovare partner con cui giocare una sfida al rialzo.
Dall’emergenza alla programmazione
Occorreranno risorse importanti per mettere a punto, già mentre si contrasta questa emergenza, una zootecnia più sostenibile. Possiamo rivendicare a pieno titolo il ruolo di Paese del cibo di qualità, non succubi del Nord Europa ma per una volta indicando noi la strada, perché il Made in Italy non sia la benevola interpretazione bucolica dell’agricoltura, ma il riferimento universale per la corretta produzione del cibo per i 10 miliardi di persone che vivranno sulla Terra nel 2050.
Una cosa allora è affrontare l’emergenza, altra cosa è pianificare la prospettiva.
Gianpiero Calzolari
Presidente del gruppo Granarolo