Teff e moringa. Chi l’ha detto che non c’è nulla di nuovo da inserire nelle rotazioni agrarie? Il bio è da sempre il settore più vivace e fantasioso dell’agroalimentare italiano e il Sana di Bologna, di cui si è appena conclusa la 28a edizione, diventa spesso l’occasione per vedere in anteprima il futuro delle dispense dei consumatori italiani. È successo così per il boom delle farine alternative, dei prodotti gluten free e vegani, delle birre artigianali, per il vino senza solfiti, per i “latti” di origine vegetale, per le spezie vendute fresche nel reparto ortofrutta come zenzero e curcuma. Se questa tendenza sarà confermata, allora il futuro delle nostre coltivazioni passerà dal boom delle leguminose, con le nuove referenze di pasta ottenute solo da miscele di ceci, pisello e favino e senza cereali, dai succhi d’uva monovarietali di Chardonnay e Merlot, dai functional food a base di olio di oliva e zenzero, da vini bio con etichette di grido come quella di Masi (marchio mito della Valpolicella), da crackers e snack ottenuti non più solo da grani antichi come la Senatore Cappelli, ma anche da cereali alternativi come quinoa, amaranto, canapa e, appunto, teff, il cereale alla base dell’alimentazione etiope. La stessa origine esotica della moringa, pianta arborea con virtù medicali utilizzata per prodotti da banco proposti per curare tutti i mali (compresa… la disfunzione erettile). E il boicottaggio degli oli di palma? Tutto perdonato, gli stand del Sana esaltano le virtù dell’olio di cocco (anch’essa una palma).
Una vivacità che disorienta ma che può essere l’ultima opportunità da cogliere. In un panorama di perdita del potere di acquisto dei consumatori le uniche categorie in crescita sono 4: i senza glutine, i senza lattosio, gli integrali (senza farina 00) e appunto il bio. L’unico settore che attrae i consumatori coraggiosi, quelli che cercano qualcosa in più (più biodiversità, più innovazione). Per tutti gli altri, a forza di togliere, si rischia che non rimanga più nulla.
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