Un Paese impoverito, sfiduciato, schiacciato da una crisi di cui non si riesce a intravedere la fine. Un Paese dove aumentano le disparità, ma anche l’illegalità, con la criminalità organizzata che trova nei campi terreno fertile per gonfiare il proprio fatturato.
È la mesta fotografia dell’Italia che emerge dal Forum internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione, organizzato a Cernobbio dalla Coldiretti. Nel 2013, secondo un’indagine dell’associazione, quasi 4,1 milioni di nostri connazionali non hanno risorse sufficienti neanche per mangiare. Una cifra lievitata in appena tre anni del 47%. Si tratta per lo più di pensionati e disoccupati, ma anche famiglie numerose, specie nel meridione: Sicilia e Campania da sole assorbono il 40% degli indigenti. Lungo la Penisola, invece, il 16% dei cittadini confessa di aver rubato per mangiare qualcosa, mentre il 37% ha dovuto chiedere aiuto ai genitori.
Ma questa situazione, spiega l’associazione, «rappresenta la punta di un iceberg delle difficoltà che incontrano molte famiglie nel momento di fare la spesa». Una spesa sempre più “magra”, che non prevede il superfluo: 2 persone su 3 tagliano sugli acquisti di nuovi abiti e 1 su 2 sui viaggi o sulla tecnologia. E una buona fetta, 14%, risparmia sulla spesa alimentare. Portare il cibo a tavola diventa così, per molti, un lavoro: circa il 50% delle famiglie fa la gincana tra le offerte, il 47% compra spesso low cost, il 70% cerca di evitare ogni spreco.
In questo contesto c’è chi ne approfitta: nel 2013, secondo uno studio condotto da Eurispes per Coldiretti, il volume d’affari complessivo dell’agromafia è salito a circa 14 miliardi di euro (+12% rispetto a due anni fa). «Potendo contare costantemente su una larghissima e immediata disponibilità di capitale e sulla possibilità di condizionare parte degli organi preposti ai controlli le mafie si muovono con maggiore facilità rispetto all’imprenditoria legale. Con i classici strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione impongono la vendita di determinate marche e determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte arrivano a rilevare direttamente».
Dopo le borsette e gli abiti firmati, la Mafia Spa sembra aver puntato gli occhi su un altro pezzo pregiato della nostra economia per ingrossare i propri proventi. Ciò che più colpisce del rapporto è che non sembra esserci passaggio della filiera agricola immune ai tentacoli criminali: si va dai terreni – spesso usati come discarica di rifiuti illegali (un’area pari al Friuli-Venezia Giulia risulta ormai gravemente inquinata) – al trasporto dei prodotti nelle campagne, dallo sfruttamento della manovalanza alla distribuzione fino all’esercizio commerciale vero e proprio.
Secondo lo studio, 5mila locali della ristorazione sarebbero in mano alla mafia e il 15% di tutte le attività agricole apparterrebbe ormai all’illecito. Tutta questa catena di violazioni si ripercuote sulla sicurezza, ma anche sul portafoglio del consumatore: per la Coldiretti il racket del cibo farebbe lievitare i prezzi dal campo alla tavola fino al 294%, mentre almeno un italiano su cinque sarebbe rimasto vittima di frodi, con i sequestri aumentati in un anno del 170%. Eclatante, tra le contraffazioni che colpiscono il made in Italy, il caso del kit fai da te per la produzione di formaggi scoperto in Inghilterra. «La repressione – ha detto al Forum il ministro delle Politiche agricole, Nunzia De Girolamo – è un delitto. Abbiamo due linee da seguire: la repressione e poi avviare anche una campagna non solo di promozione ma di aiuto all’internazionalizzazione, perché chiaramente dove c’è l’offerta buona viene meno quella cattiva». Sul fronte trasparenza il ministro ha inoltre annunciato un piano di riassetto dell’Agea, attualmente commissariata. E poi, ha proseguito, «intendiamo riscrivere la politica agricola nazionale in funzione dell’applicazione della Pac, con spirito unitario. Nessuno – ha avvertito – potrà avere la primogenitura su nessun argomento».
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