In un Paese con oltre 10 milioni di ettari a foreste manca una vera e propria cultura selvicolturale. Con la conseguenza che siamo ben lontani dall’autosufficienza tanto da importare quasi i due terzi del nostro fabbisogno di materia prima legnosa. Siamo infatti i maggiori importatori al mondo di legname per l’industria e di legna da ardere; e, detto per inciso, siamo anche un Paese che continua a importare legname tagliato illegalmente..
«Un vero paradosso, dal momento che le risorse ci sarebbero ma manca la cultura per utilizzarle». Ne è convinto Piermaria Corona, coordinatore dell’istituendo Centro di ricerca per le foreste e il legno del Crea.
Una trasformazione che Corona definisce «molto positiva. Prima le unità operative principali nel settore forestale e del legno in Italia erano tre: una a Trento, impegnata nel monitoraggio e pianificazione forestale, poi l’istituto di Casale Monferrato (Al) che si occupa di pioppicoltura e arboricoltura da legno e quello di Arezzo che si occupa prevalentemente di selvicoltura».
Un segnale “culturale”
Ma soprattutto, sottolinea Corona «si tratta di un segnale di carattere culturale molto importante perché di fatto, anche se con diverse sfaccettature, l’obiettivo è diventato unico cioè quello del supporto alla filiera foresta-legno. Il settore forestale rappresenta il 6% del valore aggiunto dell’agricoltura ma non c’è un’adeguata consapevolezza anche a livello di Enti pubblici, e il fatto che si sia voluto creare un Centro unico è un segnale importante di presa di consapevolezza».
La filiera, dalla materia prima al prodotto di seconda trasformazione (carta e mobili), è la 2a industria manifatturiera italiana e conta nel complesso 80mila aziende, oltre 400mila addetti, un fatturato di circa 30 miliardi l’anno.
«Ogni anno, come sistema Paese, abbiamo bisogno di 50 milioni di mc di legname; le nostre foreste hanno un incremento annuo di massa legnosa di circa 36 milioni di mc; di questi ne utilizziamo solo 13-14 milioni di mc/anno, quindi una fetta importante di boschi non viene utilizzata. I boschi in Italia rappresentano circa il 36% della superficie nazionale e di questi più del 20% sono all’interno di aree protette. L’incremento che potrebbe essere sostenibilmente utilizzabile (tenendo conto del fatto che in molti casi l’utilizzo non è possibile per le difficili condizioni geomorfologiche) è intorno ai 20 milioni di mc/anno, avremmo quindi la possibilità di utilizzare 7-8 milioni di mc in più, e questo potrebbe portare a circa 35mila nuovi posti di lavoro».
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