La neve e il gelo continuano ad imperversare sull’intero Sud. Ma per la prima ondata è tempo, oltre che di fare la conta dei danni e individuare vie per il loro eventuale risarcimento, di capire se il disastro accaduto lo si sarebbe potuto evitare, almeno in parte, e se e come si potrà prevenirlo la prossima volta. È infatti evidente non solo che la risposta all’emergenza maltempo non è stata celere nelle campagne, soprattutto in quelle tarantine interne, ma che è mancata del tutto l’organizzazione preventiva di un piano di emergenza su larga scala. La Puglia è la regione più colpita dal freddo glaciale proveniente dalla Siberia e dai Balcani, ma si è dimostrata, fra le regioni del Sud Italia, la più fragile e la più impreparata ad affrontare un’emergenza prevista con ampio margine e per la quale i meteorologi avevano già allarmato l’opinione pubblica sui rischi seri che avrebbe potuto comportare.
Le domande sulla possibile prevenzione, pur parziale, nascono spontanee di fronte all’enormità dei danni causati dal maltempo sull’intera Puglia. Masserie isolate sulla Murgia, sul Subappennino dauno e sul Gargano, costrette per giorni ad affrontare la mancanza di corrente elettrica e acqua e l’impossibilità del ritiro del latte e della consegna dei mangimi; circa 300 capi bovini e ovicaprini morti (ma è un dato sottostimato); tantissimi quintali di latte buttato. E poi, centinaia di ettari di vigneti di uva da vino e da tavola abbattuti dalla neve, soprattutto in provincia di Taranto, ma non solo; ortaggi, come carciofi e finocchi, e agrumi bruciati dalle gelate; serre di fragole piegate da neve e ghiaccio; serre floricole e vivai devastati nel Barese e nel Salento; e ancora tante altre rovine.
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