Palco d’eccezione alla Johns Hopkins Sais venerdì 5 luglio, dove Nomisma, in occasione della pubblicazione del saggio “Traiettorie di futuro. L'industria manifatturiera italiana nel nuovo disordine mondiale”, ha organizzato il primo di una serie di appuntamenti per introdurre e sviluppare argomenti trattati in questo volume. Moderati da Renaud Dehousse, rettore della Johns Hopkins University Sais Europe, si sono confrontati su uno dei temi caldi del momento – “Stati Uniti alla soglia delle elezioni presidenziali - il presidente di Nomisma Paolo De Castro, il prof. Romano Prodi e l’ex ambasciatore Usa presso la Ue, Anthony Luzzatto Gardner.
Rispunta l'incubo - dazi
Non mancano le preoccupazioni anche in ottica di export agroalimentare, nel caso fosse Donald Trump a prevalere. De Castro è stato molto chiaro in merito: «Siamo arrivati – ha detto – a numeri non banali per l’Italia, che oggi nell’export agroalimentare verso gli Usa continua a crescere in doppia cifra ed è arrivato a 70 miliardi di euro». Il presidente di Nomisma ha sottolineato il rischio più che concreto di nuovi dazi se vincesse Trump: «Sono stato a New York pochi giorni fa – ha detto – e grande è la preoccupazione di tutte le imprese italiane massicciamente presenti sul mercato americano. Il 25% di dazi su tutti i prodotti agroalimentari, come già avvenuto durante la sua presidenza (dazi poi immediatamente revocati da Biden) significherebbe un cambiamento radicale significativo. Per questo aleggia una preoccupazione drammatica».
Luzzatto Gardner ha dato consigli ancora più “pratici”: «Trump – ha rilevato – è ossessionato dalle eccedenze commerciali che l’Europa ha nei confronti degli Stati Uniti e al momento è focalizzato soprattutto sulla Germania. Consiglio agli amici politici italiani di “nascondere” questo aspetto per quanto riguarda l’export di prodotti di qualità, dal vino, alla birra, al prosciutto, ai formaggi, etc.».
Romano Prodi ha offerto al pubblico presente pure un breve excursus basato anche su esperienze personali. «Sia Bush padre sia Bush figlio erano profondamente europei, si può dire che c’era una “discordia tra fratelli” nei rapporti tra Usa ed Europa. Clinton, poi, con la sua intelligenza politica straordinaria ha proseguito questa tradizione. Con Obama, addirittura, Singapore e Copenaghen era sostanzialmente la stessa cosa e ha cambiato la visione del mondo. Trump ha visto l’Europa come un nemico, mentre Biden ha poi riconciliato i rapporti». Lo stesso Prodi, però, ha anche puntato il dito su un’Europa che deve rivedere la propria organizzazione interna, per acquisire anche una maggiore credibilità e concretezza a livello internazionale. Le spese militari, ha sottolineato il professore, andrebbero ad esempio gestite in un modo migliore, e così pure alcuni Paesi (a partire dalla Francia) dovrebbero condividere maggiormente le proprie peculiarità con gli altri fratelli europei: sempre come esempio, ci si è chiesti quando la Francia sarà disponibile a condividere il diritto di veto o l’armamento atomico. «L’Europa partner credibile – ha evidenziato ancora Prodi – è un tema importantissimo, e il gioco di Trump è quello di frammentarci».
Possibili scenari
Durante il convegno, inoltre, si è parlato anche di un altro tema di stretta attualità in questi giorni: quale sarà la decisione di Biden in merito alle prossime presidenziali? Correrà o si ritirerà? Chi conosce da vicino l’entourage più stretto dell’attuale presidente Usa è proprio Anthony Luzzatto Gardner, che ovviamente non ha potuto dare una risposta definitiva in merito, ma ha ricordato comunque il carattere estremamente resiliente di Biden, segnato da “tragedie personali e professionali», ma che “ha saputo sempre rimettersi in piedi”. Tuttavia, se dovesse arrivare la decisione della rinuncia alla candidatura, lo stesso Anthony Luzzatto ha prefigurato tre possibili scenari sul fronte democratico: una convention a metà agosto a Chicago senza nessun candidato in pole position, una situazione in cui ci sia un candidato in pole che sarà comunque sfidato da un altro, oppure ancora un pre-accordo su un nome da proporre tra i maggiori esponenti dei Democratici.
Preoccupazione, non da ultimo, è stata espressa dai relatori anche per la recente sentenza della Corte suprema degli Stati Uniti, la quale ha deliberato che il presidente gode di “immunità” per tutti gli atti ufficiali che intraprende durante il suo mandato, ma non per quelli non ufficiali. Per Romano Prodi «è una sentenza che può avere conseguenze sul sistema democratico, perché toglie di fatto il bilanciamento dei poter nell’ambito del sistema politico americano».