Il biologico è la lampada di Aladino dell’export

Emirati Arabi: una realtà cosmopolita dove l’Italia rappresenta la più larga fetta dell’import bio. Un risultato rilevante evidenziato da Nomisma nell’ambito del progetto Ita.Bio promosso da Federbio e Agenzia Ice. I dati divulgati nel webinar moderato da Terra e Vita.

Lo skyline di Dubai. Burj Al Arab è un lussuoso albergo a 5 stelle costruito su un isola artificiale di fronte a Jumeirah beach
Con una quota che supera il 40% della plv il bio italiano è uno dei settori con la maggiore vocazione per l’export. Rivelandosi elemento trainante per l’ agroalimentare made in Italy verso mercati ad alto valore come quello degli Emirati Arabi. Un risultato rilevante perché Dubai, Abu Dhabi e le altre cinque entità politiche affacciate sul Golfo Persico rappresentano oggi la porta di accesso al commercio nel Sud-Est del mondo.

Fly, buy, Dubai (ma solo bio e solo made in Italy).

Gli Emirati Arabi sono un mercato ad alto potenziale per il bio Made in Italy.

Si posizionano infatti al terzo posto a livello mondiale per crescita prevista del biologico, con un tasso medio annuo delle vendite pari al 13,3% per i prossimi 3 anni e la preferenza per quello targato Italia spinge in alto i valori del nostro export.

È quanto emerge dal quarto forum Ita.Bio, la piattaforma di dati e informazioni per l’internazionalizzazione del biologico Made in Italy curata da Nomisma e promossa da Agenzia ICE e FederBio. I dati sono stati diffusi in un recente webinar moderato da Terra e Vita.

Marta Fergacich (Nomisma), Paolo Carnemolla, Silvia Zucconi, Evita Gandini e Lorenzo Tosi

L’utilità della piattaforma Ita.Bio

Anna Flavia Pascarelli

«Il Focus sugli Emirati Arabi . – spiega Anna Flavia Pascarelli, Dirigente Ufficio Agroalimentare & Vini Agenzia ICE - chiude una serie di appuntamenti virtuali previsti dal progetto Ita.Bio che hanno riscontrato un ottimo risultato sia in termini di aziende del settore partecipanti, sia rispetto all'effettiva utilità e validità delle informazioni condivise da parte di esperti ed operatori del settore nei mercati presi in esame».

«Risultati che confermano l'interesse del progetto Ita.Bio e l'efficacia della relativa piattaforma digitale quale strumento a supporto del Made in Italy».

«I mercati esteri - sottolinea Paolo Carnemolla, Segretario Generale di FederBio - rappresentano un’importante opportunità di sviluppo per le realtà dell’agroalimentare biologico italiano». «Con la Piattaforma Ita.Bio intendiamo fornire alle imprese che vogliono migliorare il loro posizionamento nell’export un supporto concreto con informazioni e contatti utili per orientare le strategie commerciali».

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La propensione all’export del bio

All'evento hanno partecipato per Nomisma la Project Manager Evita Gandini e la Responsabile Market Intelligence & Business Information Silvia Zucconi che hanno fornito una panoramica riguardo alle dimensioni e al posizionamento del biologico italiano negli Emirati Arabi. Dai dati della consumer survey presentata emerge un mercato ad alto potenziale per il nostro bio Made in Italy.

I risultati ottenuti sul Golfo Persico si inquadrano però in una generale performance positiva dell’export agroalimentare biologico: nel 2021 le vendite di prodotti agroalimentari italiani bio sui mercati internazionali hanno infatti sfiorato i 3 miliardi di euro, mettendo a segno una crescita del +11% (anno terminante luglio 2021), in linea rispetto all’export agroalimentare nel complesso (+10% gen-lug 2021-20). Il riconoscimento del bio Made in Italy sui mercati internazionali è testimoniato anche dalla crescita di lungo periodo (+156% rispetto al 2009) e dalla quota di export sul paniere Made in Italy (6% sull’export agroalimentare italiano totale).

I numeri chiave

Gli Emirati Arabi sono un mercato ancora work in progress per il biologico, con numeri chiave che segnalano la forte attrattività per le imprese italiane.

Le vendite dei prodotti bio sono infatti in forte crescita: +39% nel 2019 rispetto al 2016, per un totale di 27,9 milioni di dollari. La spesa pro-capite per prodotti biologici non è consistente (nel 2019 era ferma a 2,94 $, rispetto ai 59€ dell’Italia o i 136 € degli USA).

Numeri bassi ma di forte prospettiva, perché la dimensione del carrello healthy&wellness è particolarmente ampia e traccia una possibile linea di crescita per il bio. Le previsioni divulgate da Nomisma sono di un +13,3% per il periodo 2019-2024 trainato da un cambiamento graduale verso uno stile di vita più sano da parte della popolazione, dove la quota di stranieri (90%) rappresenta un altro elemento di attrattività.

Consapevolezza che era già in fase di sviluppo grazie ai numerosi programmi del governo locale per combattere obesità (superiore al 30%) e malattie cardio vascolari, ma che è cresciuta nettamente con la pandemia. Il 16% ha iniziato a consumare bio dall’inizio dell’emergenza sanitaria, ma complessivamente è pari al 53% la quota di chi ha incrementato la spesa in bio, grazie ad una maggiore informazione e una migliore educazione sui benefici e sulle garanzie del consumo di prodotti biologici.

La survey di Nomisma

«Sostenibile, sicuro, biologico, sano -– spiega Evita Gandini, Project Manager Nomisma nel corso della sua relazione- anche negli Emirati Arabi si confermano i trend di consumo in atto a livello globale». «La pandemia e i programmi istituzionali volti a contrastare gli effetti negativi di una scorretta alimentazione hanno acceso i riflettori su queste parole chiave e, in tutto ciò, il Made in Italy è un’eccellenza che il consumatore emiratino riconosce».

«Grazie ai nostri strumenti di Market Intelligence e Consumer Insight – aggiunge Silvia Zucconi, Responsabile Market Intelligence Nomisma– è stato possibile evidenziare su questo mercato complesso e molto dinamico dati, informazioni e strumenti utili al corretto posizionamento dei nostri prodotti biologici. Ancora una volta ITA.BIO si conferma un punto di riferimento per le imprese italiane interessate ad esportare i propri prodotti biologici all’estero».

I dati della consumer survey di Nomisma, che ha coinvolto un campione di 450 cittadini degli Emirati Arabi Uniti dai 18 ai 65 anni, rilevano infatti che più di 1 famiglia su 2 (53%) ha consumato un prodotto biologico nel corso degli ultimi 12 mesi.

La diffusione del bio è ancora più evidente nelle famiglie con reddito alto e tra gli under 45 (rispettivamente 57% e 56%). Altri target in cui è molto forte il richiamo del bio è quello dei turisti (63% acquista bio tra chi è stato in Italia negli ultimi 5 anni) e quello dei nuclei familiari in cui sono presenti bambini in età pre-scolare, qui il tasso di penetrazione raggiunge il 58%. Sicurezza alimentare (espressa dal 63% degli organic user), fiducia nella qualità del prodotto (56%) e attenzione all’ambiente (50%) sono le principali motivazioni per cui i consumatori scelgono le garanzie del biologico.

La presenza del marchio biologico non è l’unico aspetto che il consumatore guarda quando sceglie i prodotti bio da mettere nel carrello: il fatto che il prodotto biologico sia confezionato in un packaging eco-friendly e che sia stato realizzato in coerenza del rispetto ambientale sono fattori decisivi per l’acquisto per il 27% dei consumatori. Fondamentali anche la marca (del produttore per l’11% e private label per il 9%), l’origine (il 17% preferirebbe un prodotto bio fatto in EAU) e, infine, il prezzo (il 17% verifica la presenza di promozioni).

La percezione del valore del made in italy bio

La percezione dei consumatori emiratini relativamente ai nostri prodotti alimentari è assolutamente positiva, tanto che l’Italia si posiziona al terzo posto nella classifica dei paesi con prodotti alimentari di maggiore qualità (13% indica Italia). Anche nel bio siamo sul podio: l’11% vede il bio Made in Italy migliore di quello di altri paesi, ci superano solo Arabia Saudita (21%) e USA (16%). Il posizionamento è alto nel percepito ma la disponibilità a scaffale non è elevata (lo rileva un terzo di chi oggi non ha ancora assaggiato il nostro bio) e quindi se ne conoscono poco anche le caratteristiche distintive (35% dei non users Made in Italy bio). Per questi motivi, il tasso di penetrazione del bio Made in Italy è relativamente basso (8%), ma gli emiratini mostrano un elevato interesse nei prodotti biologici italiani: l’82% comprerebbe un nostro prodotto bio se lo trovasse presso i canali d’acquisto abituali. Gli “indecisi” sarebbero incentivati ad acquistare un nostro prodotto bio in virtù delle sue proprietà nutrizionali e dei benefici che porta alla salute. Altre leve per il Made in Italy bio sono sicuramente le informazioni di dettaglio del prodotto, come l’utilizzo in cucina e informazioni presenti nell’etichetta, fondamentali per coinvolgere il 27% degli attuali incerti. Il prezzo è un fattore rilevante per un quarto dei consumatori, tuttavia, l’80% si rende disponibile a pagare di più per avere un prodotto bio con la garanzia del Made in Italy.

Le categorie alimentari per cui la qualità biologica e l’italianità sono un binomio vincente negli Emirati Arabi sono l’ortofrutta fresca, i latticini e i condimenti (olio extravergine di oliva e aceto); la pasta è in assoluto il prodotto bio per cui l’origine italiana é/sarebbe più importante.

Il futuro è Bio: più di 1 Emiratino su 2 intende accrescere l’attenzione sulla salute e sulla qualità del cibo che consuma, per far questo la spesa dei prodotti biologici aumenterà per il 48% dei consumatori.

Le esperienze delle aziende

L’abitudine all’utilizzo della leva della certificazione è uno dei segreti che consentono ai produttori bio di penetrare mercati difficili come quello degli Emirati Arabi, dove la certificazione HalAl è d’obbligo per la maggior parte dei prodotti

«La carne avicola bio – conferma Andrea Pascucci, Export Manager di Fileni – è uno dei comparti più richiesti in questi mercati». L'azienda marchigiana è leader nella produzione di carni italiane biologiche e recentemente è stato il primo produttore di carne al mondo ad ottenere la certificazione B Corp, il 'bollino' rilasciato alle aziende che, oltre ad avere obiettivi di profitto rispondono ai più alti standard di performance sociali e ambientali e di trasparenza.

«La collaborazione con gli importatori – continua Pascucci- ci ha consentito di individuare le leve giuste per crescere arrivando ad assicurare una continuità di fornitura attraverso due spedizioni aree alla settimana dall’aeroporto di Venezia nel periodo pre covid». Le restrizioni ai traffici determinate dall’emergenza sanitaria avevano interrotto questo canale commerciale, ma Fileni, grazie alla collaborazione di Casinetto trading, il maggiore importatore di prodotti bio negli Eau, è riuscito comunque a non perdere questo importante mercato ripristinando un canale di fornitura attraverso il Lussemburgo.

È più recente invece l’esperienza nell’export di pasta bio. Sana Chefri, Export Manager del Brand Pasta Felicia spiega che le spedizioni vengono fatte via mare.

«L’ampia offerta di gamma – spiega –, fatto di pasta alternativa ottenuta da diverse varietà di leguminose, mone però di individuare il giusto marketing mix per affrontare questi mercati senza rimesse». L’attenzione per la salute è confermata dall’ottimo exploit ottenuto in questo mercato dalla pasta gluten free e da quella ottenuta dall’alga spirulina.

Una mela al giorno toglie il medico di torno e Werner Castiglioni del Consorzio Vog Marlene, racconta a Ita.Bio come è stato possibile sviluppare il mercato della mela bio in questo difficile mercato, attraverso diversi tentativi per mettere a punto logistica e marketing.

Ancora più difficile è risultata la crescita dell’export dell’aceto. Luca De Nigris dell’omonimo Acetificio ha infatti messo in evidenza la necessità di superare la tradizionale denominazione di aceto “di vino” visti i divieti per le sostanze alcoliche. L’aceto venduto negli Emirati è infatti “di uva bianca” e “diuva nera” e questo ha comportato metodi di lavorazioni e certificazioni che garantissero l’assoluta mancanza di alcol. Oltre al vino tradizionale e balsamico l’export di De Nigris riguarda anche l’aceto di girasole, avocado e cocco, referenze che entrano nei gusti del consumatore della penisola araba.

I canali di vendita

Giacomo Bernardelli, CEO di Casinetto Trading, il maggiore importatore presente in questo mercato, ha spiegato assieme a Alessandro Lamura e a Haifa Alia di Ice Dubai le caratteristiche di questo mercato, dove sono molto attive catene internazionali della distribuzione come Carrefour o Waitrose, dove sono state allestite specifiche penisole dedicate ai prodotti bio (da conquistare), ma dove sta crescendo anche il dettaglio e, durante il periodo della pandemia, l’ecommerce

 

Il biologico è la lampada di Aladino dell’export - Ultima modifica: 2022-02-17T12:30:29+01:00 da Lorenzo Tosi

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