«Chi agita il tema della resa più bassa del bio riporta termini percentuali che non sono reali».
«I dati scientifici ci dicono che il biologico - rispetto a produzioni intensive che fanno largo uso di input che oggi sono arrivati a costi insostenibili - ha una produzione più bassa di non più dell’8%, che arriva al 25% su colture e in condizioni pedoclimatiche particolari (ad esempio: mais nella pianura padana, ndr)».
«Gli agricoltori però lo sanno: l'impennata delle rese non può essere mantenuta per molto tempo, nel lungo periodo si paga».
Così Maria Grazia Mammuccini, presidente FederBio, nel corso del convegno romano organizzato dalle Associazioni del bio (Aiab, Assobio, Associazione per l’Agricoltura Biodinamica e FederBio).
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Più ricerca e innovazione
«Il differenziale di resa che accusa il bio - continua la Presidente - può essere poi superato attraverso adeguati investimenti in ricerca e innovazione».
«Per esempio l’agricoltura di precisione può essere uno strumento importante per incrementare le rese del bio, coniugando sostenibilità e innovazione. Inoltre l'obiettivo della sostenibilità impone non solo di guardare all'immediato, ma alla conservazione delle risorse per il futuro».
Suoli fertili per le generazioni future
«Anche le rese vanno perciò considerate nel medio lungo periodo, facendo i conti con la necessità di impostare rotazioni adeguate dal punto di vista agronomico, economico ed ambientale. Nei sistemi sostenibili il biologico consente così di ottenere obiettivi maggiori rispetto al convenzionale, anche perché preserva la fertilità e la biodiversità dei suoli. Elementi che garantiscono la costanza di produzione oggi e per le generazioni future».
In effetti un allarme Fao dice che il 33% dei suoli a livello globale è degradato anche per l’eccesso di uso di chimica di sintesi.
«E’ evidente quindi - evidenzia Mammuccini - che se guardiamo la questione della resa di produzione da questa prospettiva, la riduzione della resa di produzione nel bio non esiste».
«Il mondo del bio deve avviare un confronto aperto»
«Dobbiamo riportare gli agricoltori al centro della produzione del cibo. Produrre di più per distruggere la fertilità del suolo e incrementare processi di desertificazione non è la strada migliore da percorrere. Il biologico è la strada per il futuro - ha incalzato Mammuccini -. Il Governo ha stanziato risorse strategiche per il bio; il Parlamento, con non poche difficoltà, ha approvato la legge sul biologico. Oggi abbiamo una legge e le risorse, il mondo del bio deve rimboccarsi le maniche e avviare un confronto aperto per portare all'attenzione del governo il piano d'azione nazionale per l'agricoltura biologica».
«Trasferire una parte delle soluzioni del bio a tutta l’agricoltura»
Il convegno, che ha visto la partecipazione anche del ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli e del sottosegretario Francesco Battistoni, è stata l’occasione per fare il punto sul settore e sollecitare i decisori politici sul piano d’azione per il biologico, anche alla luce degli attuali scenari geopolitici internazionali.
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Biologico sistema di produzione resiliente
Sul tema approvvigionamento e minaccia climatica le associazioni bio hanno sottolineato un dato: «ogni anno chiudono in Italia 30.000 aziende agricole a conferma che in molti casi l’agricoltura convenzionale non è in grado di garantire un reddito adeguato agli agricoltori».
«Con il biologico, che cura la fertilità della terra, valorizza la qualità dei prodotti e del territorio rilanciando circuiti locali di produzione e consumo, una parte di questi agricoltori potrebbe rimanere in campo assicurando al nostro Paese una riserva strategica di cibo. Esattamente come per le rinnovabili, il biologico è la strada da intraprendere per sostenere le crisi internazionali come quella che stiamo fronteggiando con il conflitto in Ucraina, puntando su sistemi di produzione più indipendenti da input esterni e più resilienti e allo stesso tempo in grado di prendere con decisione la strada della transizione ecologica».
Garantire agli agricoltori un giusto prezzo
Per fronteggiare l’attuale scenario di crisi, le associazioni propongono di rivedere le politiche dei sussidi che devono premiare chi non inquina e chi investe nelle alternative ai combustibili fossili sia in campo energetico che per fertilizzanti e fitofarmaci. Valorizzare i prodotti della terra attraverso il bio per garantire agli agricoltori un giusto prezzo per il loro lavoro e allo stesso tempo tutelare i consumatori di fronte a rincari in gran parte giustificabili solo con speculazione finanziaria. «Il biologico rappresenta un’opportunità strategica in campo economico e nella tutela dell’ambiente e della biodiversità. La vera sostenibilità non può che partire dal bio».
Cooperazione e logistica per dare forza al biologico
«Oggi c’è una grande occasione per investire nel biologico e noi porteremo il nostro contributo nell'ambito delle filiere e dei distretti. Crediamo che il settore debba crescere e strutturarsi attraverso la cooperazione, strumento importante per organizzare la produzione e per integrare la fase agricola con quella della trasformazione e della commercializzazione». Ha affermato Francesco Torriani, presidente del settore biologico dell'Alleanza delle Cooperative italiane Agroalimentari.
«Dobbiamo aprire un confronto costruttivo col mondo della logistica per poter trovare uno sbocco di mercato per i nostri prodotti», ha concluso il presidente Aiab, Giuseppe Romano.