Curare le piante con le biotecnologie

Tea e RNAi, opzioni biotech per ridurre il ricorso agli agrofarmaci. Al 33° Forum Arptra due approcci diversi a confronto per realizzare i target del Farm to Fork

Agrochimica sempre sotto mira.

La strategia Farm to Fork, uno dei pilastri del Green Deal della Commissione europea, punta a ridurne l’utilizzo del 50% entro il 2030.

Con che mezzi?

Il documento messo a punto a Bruxelles dice poco su questo tema, se non un’apertura futuribile alle Ngt (New Genomic Technics, ovvero genome editing e cisgenesi, che in italiano ci stiamo abituando a chiamare Tea, Tecnologie di evoluzione assistita).

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Un’ostica rivoluzione normativa

Un’apertura tutta da conquistare perché presuppone un’ostica rivoluzione normativa per superare l’attuale equiparazione legale tra Ogm e Tea e soprattutto perché richiede di superare lo scoglio non scontato dell’accettazione da parte dell’opinione pubblica.

Una strada alternativa, favorita dall’exploit dei vaccini a mRNA, potrebbe arrivare dalle tecnologie che si basano sull’RNA interferente. Se n’è parlato nella prima sessione del 33° Forum di Medicina vegetale organizzato da Arptra (associazione dei tecnici e ricercatori in agricoltura) a Bari lo scorso 14 dicembre. Da 33 edizioni uno dei temi ricorrenti di questa seguita manifestazione è l’avvento di alternative candidate a sostituire o perlomeno ridurre il ricorso ai mezzi chimici di difesa delle piante.

Articolo pubblicato sulla rubrica Attualità di Terra e Vita

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«Biosolutions e biostimolanti si sono rivelati ottimi strumenti per arricchire le strategie di difesa integrata avanzata, dove però svolgono ancora un ruolo decisivo gli agrofarmaci più evoluti. Penso che possa capitare lo stesso con le biotecnologie sostenibili, di cui auspico una veloce apertura regolatoria».

(da sin) Gianluca Chieppa e Vittorio Filì sul palco del 33 Forum di Medicina Vegetale

È il pensiero di Vittorio Filì (vedi anche Terra e Vita 37/2021 pag 66) che, proprio in occasione del 33° Forum, ha lasciato il timone di Arptra al neopresidente Gianluca Chieppa.

Crispr, il mondo non aspetta

«Il resto del mondo nel frattempo – ammonisce Anna Meldolesi – non aspetta l’Europa». Crispr, le forbici molecolari alla base del genome editing, in grado di indurre con precisione una modifica in una specifica zona del genoma, hanno preso il sopravvento rispetto ad altre tecniche (Zfn, Talen, ecc.).

“Fonte: Elaborazione da: “”Dal Nobel alle applicazioni in campo. Presente e futuro di Crispr in agricoltura””, relazione di Anna Meldolesi al 33° Forum di Medicina Vegetale di Bari”

«Le applicazioni sono ormai oltre 400 in tutto il mondo per quanto riguarda il mondo vegetale. La maggior parte degli studi in corso e dei brevetti riguardano la Cina e poi gli Stati Uniti. Oltre un terzo di queste esperienze sono concentrate sul tema della resistenza/tolleranza agli stress causati da malattie e parassiti».

Meldolesi affronta da giornalista specializzata queste tematiche in un seguito blog (Crisper Mania) e sa che per realizzare un vero cambiamento nel modo di produrre cibo occorre affrontare il nodo delle modifiche della normativa sugli Ogm (Dir 18/2001 in primis), tra vecchi dubbi e nuove speranze.

I progetti di ricerca in corso nell’Ue

Nel frattempo la ricerca europea per fortuna non è immobile. Nel Vecchio continente infatti sono in corso circa 90 progetti, per lo più sostenuti da fondi Europei (vedi figure) per l’applicazione delle nuove biotecnologie sostenibili alle colture agrarie. La maggior parte è concentrata in Germania (37), la Francia ne gestisce 16 mentre in Italia sono 9, nel nostro caso frenate dal grosso ostacolo di non poter effettuare sperimentazioni in pieno campo (ma qualcosa potrebbe cambiare grazie alla presentazione di un recente disegno di legge che vede come primo firmatario l’On Filippo Gallinella).

Luigi Cattivelli

La maggior parte di queste esperienze italiane sono concentrate nel progetto di Ricerca Biotech, di cui dovrebbero venire alla luce i primi risultati ad inizio 2022, e che a Bari è stato illustrato dall’intervento di Luigi Cattivelli del Crea Genomica e Bioinformatica (vedi Terra e Vita 37/2021 pag 68).

Le promesse dei vitigni editati

La viticoltura è uno degli ambiti dove il nostro Paese cova le maggiori speranze per l’applicazione di genome editing e cisgenesi, in primo luogo per assicurare tolleranza a peronospora e oidio ai numerosi vitigni autoctoni che costituiscono un ineguagliabile patrimonio di biodiversità viticola.

«È la strada più promettente – sostiene Michele Morgante, docente di genetica all’Università di Udine, direttore di Iga e membro dell’Accademia dei Lincei, la più autorevole istituzione scientifica del nostro Paese – per preservare, attraverso l’innovazione, la nostra tradizione». «Ancor più – ribadisce – dei vitigni resistenti ottenuti per incrocio, che comunque presentano differenze più o meno marcate rispetto ai vitigni tradizionali autorizzati nei disciplinari delle denominazioni d’origine».

Gli ingredienti necessari secondo Morgante per sdoganare queste innovazioni, passando dal laboratorio alla tavola sono: lo sviluppo di una Ricerca di eccellenza, un “ecosistema” favorevole all’innovazione, un corpus normativo adeguato.

Mezzetti: «Sono comunque Ogm»

Bruno Mezzetti

Un punto quest’ultimo di fatto contestato da Bruno Mezzetti dell’Università Politecnica delle Marche. «La normativa europea – puntualizza Mezzetti – definisce come tecniche di modificazione genetica tutti gli interventi di ricombinazione dell’acido nucleico compreso il taglia-cuci del DNA». Secondo Mezzetti anche le Tea sono dunque Ogm. «Per appianare – dice - l’opposizione contro le biotecnologie è importante dare informazioni corrette».

«Altrimenti si corre il rischio – è il paradosso che mette in evidenza – di un’escalation che travolga tecniche oggi tranquillamente consentite come la mutagenesi indotta».

Un modo secondo il ricercatore per superare lo scoglio è quindi quello di accantonare in Europa un paralizzante e male interpretato “principio di precauzione”, superando la prassi di valutare il metodo ma arrivando ad autorizzare anche per la coltivazione, come avviene per l’importazione, le nuove soluzioni biotecnologiche prodotto per prodotto.

Articolo pubblicato sulla rubrica Attualità di Terra e Vita

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Vaccini anti covid come battistrada

Un passo normativo che comunque non sarebbe necessario per soluzioni biotecnologiche innovative che applicano alle piante la tecnica molecolare degli RNA interferenti (RNAi). Una tecnica di cui,secondo Mezzetti, si sentirà parlare sempre più spesso perché simile quella su cui si basa la maggioranza dei vaccini anti covid già autorizzati o in via di sviluppo.

Un’innovazione che si basa su un processo biologico naturale in cui molecole di RNA a doppio filamento (dsRNA) regolano l’espressione genica delle piante e dei parassiti mirando a specifiche molecole di mRNA endogeno.

Le applicazioni più promettenti descritte da Mezzetti riguardano:

  • nuovi approcci per la resistenza al virus Sharka del pesco (PPV);
  • il silenziamento genico per indurre resistenza a botrite e peronospora in vite;
  • l’induzione di resistenza a Drosophila suzukii attraverso RNAi applicato tramite virus.

L’RNAi si può applicare infatti sia in maniera endogena (modificando il genoma della pianta ospite) che esogena (attraverso applicazioni simili a quelle dei normali agrofarmaci).

RNAi, tutti i vantaggi

In questo secondo caso i vantaggi sono immediati:

  • nessuna necessità di modifica genetica della pianta ospite (no ogm);
  • possibilità di applicazione attraverso le pratiche agricole correnti (irrorazione, iniezione nel tronco per le specie arboree, concia dei semi, immersione delle radici nei sistemi idroponici);
  • elevata selettività nei confronti dei parassiti target;
  • bassa persistenza nell’ambiente;
  • ottimo profilo di sicurezza;
  • possibilità di raggiungere il mercato più velocemente rispetto alle Tea, e quindi di realizzare in tempo utile gli obiettivi Farm to Fork.

RNAi è infatti una piccola molecola naturale: alcune iniziative in corso mirano a classificare questi nuovi prodotti non nella categoria degli agrofarmaci chimici ma in quella degli agenti di biocontrollo,

Una circostanza che ne favorirebbe, e di molto, la percezione globale e l’accettazione da parte dell’opinione pubblica. Elementi che, secondo Mezzetti, fanno di questa soluzione la più promettente per l’obiettivo di «curare le piante senza pesticidi».

Nel frattempo però il comparto della difesa va avanti: anche in occasione del 33° Forum sono stati presentate 21 tra nuove soluzioni e miglioramenti di formulazione o estensioni d’impiego. Anche perché occorre affrontare continuamente nuove avversità. Nemici emergenti come Halyomorpha halys, Drosophyla suzukii o Xylella fastidiosa che immancabilmente, nel nostro Paese, finiscono per diventare endemici.

Curare le piante con le biotecnologie - Ultima modifica: 2022-01-05T08:52:53+01:00 da Lorenzo Tosi

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