Una strada tutta italiana per lo sviluppo delle Tea

Luigi Cattivelli intervistato da Lorenzo Tosi spiega come le nuove biotecnologie parleranno presto l’italiano: il progetto Biotech diffonderà infatti ad inizio del 2022 i primi risultati ottenuti su colture chiave per il nostro sistema produttivo
In arrivo i primi risultati del progetto di ricerca Biotech del Crea. Luigi Cattivelli: «Così le Tecnologie di evoluzione assistita daranno un contributo decisivo nella messa a punto di strategie di difesa veramente sostenibili»

Ansie e aspettative

Grandi ansie per le decisioni europee riguardo al futuro delle tecnologie di evoluzione assistita (Tea, la versione italiana addolcita della sigla inglese Ngt, New genomic techniques).

Grandi aspettative sul possibile contributo di genome editing e cisgenesi sull’evoluzione sostenibile delle pratiche di difesa delle colture. È in questo clima di doppia tensione che si giocherà, nei primi mesi del 2022, una partita decisiva per il futuro del made in Italy agroalimentare.

Un ruolo di primo piano

Perché anche il nostro Paese aspira a un ruolo di primo piano nella sfida internazionale delle biotecnologie applicate al comparto primario e una spinta decisiva in tal senso può arrivare dalla presentazione dei primi risultati del progetto Biotech del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria).

Un’ambiziosa azione di ricerca avviata dal Mipaaf (Ministero per le Politiche agricole) nel 2018 (vedi riquadro in fondo) proseguita per quattro anni nonostante le difficoltà causate dall’emergenza sanitaria e che produrrà i primi risultati proprio in questi mesi.

Leggi anche

Arriva la proposta di legge sulle nuove Tecniche di evoluzione assistita...

Nuove biotecnologie, Bruxelles verso la svolta

Gli impegni del Green Deal

Uno dei contributi più attesi riguarda lo sviluppo di nuove varietà resistenti nei confronti degli stress biotici e abiotici.

La Commissione europea confida che questo sviluppo possa dare un forte contributo nella realizzazione degli obiettivi del Green Deal e della strategia Farm to Fork (in particolare in quello di dimezzare l’utilizzo di agrofarmaci entro il 2030), aspettative giustificate?

Nel campo delle resistenze – risponde Luigi Cattivelli, Direttore del Centro di Ricerca Genomica e Bioinformatica di Fiorenzuola d’Arda (Pc) e responsabile scientifico del progetto Biotech – le attese sono alte e ci sono molte opzioni su quello che le nuove biotecnologie di precisione potranno fare. Alcune di queste non sono ancora completamente esplorate, ma su alcuni ambiti ci sono già dei risultati.

Luigi Cattivelli nel suo ufficio presso il Crea Genomica e Bioinformatica di Fiorenzuola d'Adda

Tra i casi più clamorosi c’è quello della vite, una coltura che da sola utilizza quasi la metà dei fungicidi impiegati oggi in Europa per la difesa delle colture. Le viti resistenti a oidio sono infatti facilmente ottenibili attraverso il genome editing agendo sul gene MLO. E ci sono vari geni di resistenza alla peronospora che possono essere trasferiti dalla vite selvatica a quella coltivata attraverso cisgenesi, tutti ambiti su cui si potrebbe velocemente intervenire all’indomani delle attese modifiche normative che consentiranno la sperimentazione in pieno campo e la coltivazione di Ngt in Europa.

Oltre alla vite?

Un altro caso concreto riguarda la resistenza del melo alla ticchiolatura, un obiettivo raggiungibile (ma con tempi decisamente più elevati) anche attraverso incroci tradizionali assistiti da marcatori molecolari.

Ma finora le varietà di melo resistenti non hanno ottenuto i favori del mercato, ancorato al favore concesso alle varietà tradizionali. Un limite che potrebbe condizionare anche l’orizzonte delle varietà resistenti di vite ottenute con incrocio ricorrente, che sono comunque diverse dai parentali di qualità da cui derivano (il 5-10% di DNA proviene dal selvatico resistente), con differenze organolettiche più o meno intense rispetto ai vitigni di riferimento, mentre con le Tea si potranno ottenere quelli che a tutti gli effetti saranno cloni del ricco patrimonio di vitigni autoctoni italiani.

Un altro esempio, su cui stiamo lavorando all’interno del progetto Biotech, riguarda il frumento. Duro e tenero sono infatti difficili da incrociare (talvolta ci si riesce, ma è molto faticoso). Utilizzando le Tea diventa invece possibile il trasferimento di geni di resistenza dal tenero al duro. Un obiettivo che con il miglioramento genetico tradizionale obbligherebbe a non meno di 10-15 generazioni.

Le innovazioni in arrivo

Il frumento a “durezza media” (si fa per dire) sarà dunque uno dei primi risultati del progetto Biotech?

Il progetto Biotech è la risposta italiana nell’evoluzione delle nuove tecnologie di miglioramento genetico. Vogliamo sviluppare in Italia il know how relativo alle nuove biotecnologie per far sì che l’intero Paese - attraverso strette sinergie tra comunità scientifica, produttori agricoli, industria privata e consumatori - sia preparato a gestire l’innovazione e a utilizzare al meglio e nella massima sicurezza le opportunità che le nuove tecnologie offrono alla società.

Stiamo lavorando allo sviluppo di piante resistenti a malattie e stress abiotici: è il caso del frumento, ma anche del pomodoro, melanzana e vite, ma non basta.

Puntiamo anche a sviluppare piante capaci di esprimere una produttività più sostenibile (frumento, orzo, riso) e piante qualitativamente superiori (agrumi, uva da tavola, pomodoro, frumento). Poter contare su un miglioramento genetico sicuro e preciso è un’innovazione che potrebbe essere decisiva sia nella sfida della produttività che in quella della sostenibilità e che metterebbe nelle mani dei produttori agricoli strumenti determinanti per affrontare le sfide dei cambiamenti climatici.

Articolo pubblicato su Terra e Vita 37/2021

Abbonati e accedi all’edicola digitale

Una rete di laboratori

Il resto del mondo nel frattempo non sta a guardare: fuori dai confini dell’Unione europea ci sono già varietà registrate ottenute attraverso Tea.

I campi sperimentali del Crea Genomica e Bioinformatica di Fiorenzuola d'Adda

L’impegno del progetto Biotech va inserito in questo contesto. Parliamo di tecnologie dirompenti: se non ci attrezziamo oggi rischieremo di diventare marginali in un prossimo domani.

Dobbiamo investire non tanto e non solo in tecnologie, ma in “cervelli”, formare le persone e costruire una rete diffusa di conoscenze scientifiche. L’obiettivo ambizioso è proprio questo: stiamo creando le basi per diffondere queste tecnologie in Italia attrezzando non meno di 20-25 laboratori che possano gestire queste tecnologie al servizio dell’ampio panorama di colture praticate lungo lo Stivale.

L’Italia è il Paese della biodiversità, innanzitutto delle specie coltivate. È per fare fronte alle diverse esigenze di tutte queste colture, non solo in termini di resistenze, ma anche di qualità, produttività, adattamento al cambiamento climatico che occorre contare su un numero elevato di strutture.

In quanto tempo?

Attraversiamo un periodo difficile, non solo per l’attività di ricerca, ma pensiamo di poter diffondere risultati preliminari interessanti entro la fine del progetto. Nei primi mesi del 2022 partiremo con le attività di disseminazione con focus su: trasferimento di geni di resistenza da frumento tenero a duro, varietà di pomodoro in grado di limitare lo sviluppo dell’orobanche, altre tipologie di cereali migliorate dal punto di vista della resa e della qualità, piante con una migliore water efficiency per affrontare le difficoltà causate dal climate change, melanzane apirene, ecc.

Tanti approcci diversi che derivano dai numerosi ambiti esplorati dal progetto di ricerca.

Con la lotteria non si vince

Alcuni progetti sembrano ricalcare gli obiettivi di ricerche precedenti che utilizzavano altre tecniche di miglioramento genetico

In molti casi lo stesso carattere si può ottenere attraverso diversi metodi: mutagenesi indotta, ogm, genome editing, cisgenesi… È come un viaggio: anche se la destinazione è la stessa, è il percorso in realtà che fa la differenza. Le tecnologie di evoluzione assistita espandono in maniera rilevante le possibilità d’intervento a costi decisamente minori.

Dalla ricerca alla coltivazione, così le tecnologie di evoluzione assistita potranno assicurare un balzo di competitività all'agricoltura italiana

Il genome editing induce una mutagenesi mirata attraverso il complesso Crispr/Cas9. In passato per sperare di ottenere lo stesso risultato eravamo obbligati a procedere a caso, inducendo una mutazione con metodi fisici e chimici, sperando di ottenerla nel gene e per il carattere a cui miravamo.

Era come giocare alla lotteria: più biglietti ci procuravamo, più elevata era la possibilità di riscuotere il premio. Il genoma del frumento tenero ad esempio è composto da più di 100mila geni, nemmeno “comprando” 100mila biglietti potevamo essere sicuri di indurre una mutazione del gene che ci interessava e nei giochi d’azzardo, si sa, vince sempre il banco, mai il giocatore.

Il genome editing invece è un investimento mirato e sicuro. Puntiamo direttamente alla modifica di un singolo gene, lasciando inalterati gli altri 100mila, non si perde né tempo né soldi e c’è un ulteriore vantaggio. Le specie agrarie su cui agiamo sono sequenziabili e possiamo certificare esattamente dove sia la mutazione, garantendo che la varietà che rilasciamo sia esattamente quella che doveva essere, senza sorprese di altro tipo.

Ma non ci sono troppe aspettative sulle potenzialità di queste biotecnologie? L’esperienza tecnica insegna che le resistenze vanno preservate e difese per evitare che vengano velocemente superate. Come potremo riuscirci in un panorama di estrema rarefazione di mezzi tecnici disponibili?

Ogni azione che altera l’equilibrio di un agro-ecosistema induce una reazione. Le varietà resistenti sviluppate attraverso le Tea non sfuggiranno ovviamente a questa regola, ma ci sono diverse strategie per evitare che la barriera di resistenza genetica venga superata dai patogeni. La buona pratica agricola impone di alternare, nell’arco del ciclo colturale, sulla medesima avversità, mezzi tecnici di difesa e prevenzione a diversa modalità d’azione ed è possibile che il rilascio di queste innovazioni varietali sia accompagnato da un disciplinare che preveda alcuni trattamenti preventivi, che saranno però in numero estremamente contenuto rispetto a quelli che vengono effettuati oggi.

L’innovazione genetica è infatti la strada più efficace per superare i sempre più frequenti casi di sviluppo di resistenze agli agrofarmaci, un problema molto sentito proprio in quei sistemi colturali in cui vige una forte limitazione dei mezzi tecnici impiegabili.

Strategie per proteggere la resistenza

Alcuni casi?

Sta diventando ad esempio sempre più difficile difendere alcune varietà “antiche” come il riso vialone nano dagli attacchi di brusone o dalla concorrenza di infestanti sempre più invadenti, soprattutto in agricoltura biologica.

Altre varietà “antiche” come il riso Gigante di Vercelli mantengono invece una resistenza nei confronti del brusone a oltre 70 anni dal loro rilascio. Un “mistero” svelato dal sequenziamento di questa varietà che ha evidenziato la presenza di due diversi meccanismi di resistenza all’avversità fungina. Un doppio meccanismo d’azione che nessun ceppo di brusone è stato finora in grado di superare. Un colpo di fortuna per chi ha selezionato in maniera empirica questa varietà tanti anni fa, che oggi con le Tea si può ottenere in modo più razionale, sviluppando nuove varietà con più geni di resistenza alle stesse malattie e continuando a ricercare continuamente nuove fonti di resistenza.

È il modello che ad esempio caratterizza già oggi il settore del pomodoro da industria, dove ogni anno vengono rilasciati nuovi ibridi con nuove resistenze, messe in evidenza da marcatori molecolari. Un continuo progresso che le nuove tecnologie di evoluzione assistita potranno rendere più veloce e razionale non solo su pomodoro ma anche su tutte le altre colture.


GLI OBIETTIVI DEL PROGETTO BIOTECH

Biotech è il primo grande progetto nazionale sul miglioramento genetico vegetale, un settore che riveste una valenza strategica per il Paese. Molte delle specie coltivate in Italia - tra cui anche diverse colture alla base di prodotti tipici - derivano da varietà, ibridi o portinnesti importati o realizzati in Italia, con conoscenze e tecnologie sviluppate all’estero, una condizione di strutturale fragilità per il nostro made in Italy che deve essere superata con la ricerca.

Il progetto finanziato dal Mipaaf per il quadriennio 2018-2021 intende quindi costruire un know how scientifico che contribuisca a trasformare le conoscenze relative ai genomi delle diverse specie in prodotti migliorati, sempre più competitivi ed autenticamente italiani.

Responsabile scientifico: Luigi Cattivelli. Comitato di Coordinamento, oltre a Cattivelli: Teodoro Cardi, Maria Francesca Cardone

Per info: https://www.crea.gov.it/-/biotech

Una strada tutta italiana per lo sviluppo delle Tea - Ultima modifica: 2021-12-30T20:40:29+01:00 da Lorenzo Tosi

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento
Per favore inserisci il tuo nome