In Italia la disponibilità di acqua nel 2023 conferma il trend negativo registrato da diversi anni, anche se come mostrato dalle stime del Bigbang (il modello idrologico nazionale realizzato dall’Ispra) può considerarsi un anno in ripresa rispetto al 2022. Lo fa sapere l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale in occasione della giornata mondiale dell'acqua che si celebra il 22 marzo.
Lo scorso anno nel nostro Paese la disponibilità di risorsa idrica è stata stimata in 112,4 miliardi di metri cubi, a fronte di un valore di precipitazioni totali di 279,1 miliardi di metri cubi. Nel corso dell’anno si è comunque manifestata una certa ripresa rispetto al 2022, anno in cui la disponibilità di risorsa idrica ha raggiunto 67 miliardi di metri cubi, il minimo storico dal 1951 e corrispondente a circa il 50% della disponibilità annua media (137,8 miliardi di metri cubi), calcolata sul periodo 1951–2023. Inevitabili le conseguenze sull'agricoltura.
Infrastrutture irrigue da potenziare
In Italia gli invasi hanno una media di 60 anni, con il 70% in piena funzione. Solo l’11% dell’acqua piovana viene trattenuta e la rete dell’acqua potabile perde il 42% tra quella immessa e quella erogata. "Oggi la maggior parte dell’acqua piovana – sottolinea Coldiretti – va a finire nei 230mila chilometri di canali lungo il Paese e finisce nel mare, con una tendenza accentuata dagli effetti dei cambiamenti climatici. L’alternanza di lunghi periodi di siccità a violente ondate di maltempo fa sì che i canali asciutti favoriscano lo scorrimento rapido delle piogge".
Più acqua "grazie" all'alluvione
Il 2023 ha fatto registrare una riduzione a livello nazionale di circa il 18% della disponibilità rispetto alla media annua dello stesso lungo periodo 1951–2023, risultato dell'effetto combinato di un deficit di precipitazioni - specialmente a febbraio, marzo, settembre e dicembre - e di un incremento dei volumi idrici di evaporazione diretta dagli specchi d'acqua e dal terreno.
A rendere meno severa nel 2023 la diminuzione della disponibilità di risorsa idrica, ha contribuito l’elevato volume di precipitazioni di maggio, stimato in circa 49 miliardi di metri cubi, che è stato, a livello nazionale, più del doppio di quello che mediamente caratterizza lo stesso mese, stimato in circa 23 miliardi di metri cubi sul lungo periodo 1951–2023. In questo mese in Emilia-Romagna, in Sicilia e in minor parte in Calabria, si sono registrati localmente valori cumulati di pioggia addirittura superiori di oltre sei volte le medie del periodo. In particolare, queste piogge intense e concentrate nella prima metà del mese, sono state la causa dei tragici eventi alluvionali in Emilia-Romagna.
È quanto emerge dalle stime del Bigbang che fornisce, a partire dai dati idrologici dal 1951 in poi, il quadro quantitativo sulla risorsa idrica, inclusi i deficit, gli eccessi di precipitazione e i trend delle grandezze idrologiche necessari a caratterizzare la situazione attuale e futura nel Paese.
Allarme rosso in Sicilia
Attualmente, l'Italia è caratterizzata da quattro diverse condizioni di severità idrica:
- alta in Sicilia;
- media (anche se con alcuni sistemi idrici in severità alta) in Sardegna;
- bassa nei distretti dell’Appennino Centrale e dell’Appennino Meridionale (quest’ultimo però con tendenza a severità media);
- si registra invece uno stato di normalità per i distretti idrografici del Fiume Po, delle Alpi Orientali e dell’Appennino Settentrionale.
Occorre tener presente che, come evidenziato dalle analisi sul bilancio idrico a scala nazionale condotte dall’Ispra in collaborazione con l’Istat, condizioni di stress idrico possono verificarsi anche in anni non siccitosi e con larga disponibilità di acqua, anche superiore alla norma, a causa del ruolo significativo dei prelievi di acqua dai corpi idrici.
Fiumi, laghi e mari in buone condizioni
I dati definitivi provenienti dal reporting alla Commissione Ue dei Piani di Gestione delle Acque per il terzo ciclo di gestione della Direttiva Acque (completato ad agosto 2023), consentono di fornire alcuni elementi di riflessione.
Riguardo ai corpi idrici superficiali l'Ispra fa sapere che su un totale di 7.763 corpi idrici, il 43,6% è in stato ecologico buono o superiore, mentre il 75,1% è in stato chimico buono. In entrambi i casi diminuisce, rispetto al secondo ciclo di gestione (completato nel 2016) il numero di corpi idrici superficiali in stato sconosciuto che passano dal 17% a circa il 10% per lo stato ecologico e dal 20% a circa il 9% per lo stato chimico.
Falde in salute
Su un totale di 1.007 corpi idrici, l'Ispra comunica che il 79% è in stato quantitativo buono, mentre il 70% è in stato chimico buono. Diminuisce notevolmente, rispetto al 2° ciclo di gestione, il numero di corpi idrici sotterranei in stato sconosciuto che passano da quasi il 25% a meno del 2% per lo stato quantitativo e dal 17,5% al 3% per lo stato chimico.
Una serie di analisi sulle variazioni di stato rispetto al precedente ciclo di gestione (2016), effettuate dall’Ispra su un campione pari a circa il 70% del totale dei corpi idrici superficiali e sotterranei, rileva un miglioramento dello stato ecologico per il 14% dei corpi idrici superficiali, dei quali il 61,4% raggiunge lo stato buono o superiore.
Il 60% del campione di corpi idrici superficiali analizzato non subisce deterioramento, a fronte di un 16% che peggiora il suo stato ecologico. Sebbene si riscontri un lieve miglioramento della percentuale di corpi idrici superficiali in stato ecologico buono, la previsione di miglioramento al 2027, per i corpi idrici attualmente in stato non buono, è del 63,5%. Per quanto riguarda il campione dei corpi idrici sotterranei, si riscontra un miglioramento dello stato quantitativo per circa il 5% dei corpi idrici.
Simile è la percentuale di corpi idrici che hanno subito un peggioramento, mentre permangono nello stesso stato quantitativo il 64% dei corpi idrici sotterranei. La previsione di miglioramento al 2027, per i corpi idrici sotterranei attualmente in stato quantitativo non buono, è di circa il 60%.