Salute del suolo, metà del territorio italiano è degradato

salute del suolo
Re Soil Foundation
Erosione e calo della sostanza organica le principali problematiche, seguite dall'accumulo di rame. Tra le proposte per tutelarlo la concimazione organica e il monitoraggio satellitare

I suoli italiani sono in cattiva salute.

È la fotografia del rapporto La salute del suolo italiano ai tempi della crisi climatica, presentato il 30 novembre scorso al centro congressi Palazzo Rospigliosi di Roma. La pubblicazione evidenzia le aree maggiormente esposte al degrado e presenta alcune soluzioni proposte dagli esperti di diverse società del suolo.

Conaf, Coldiretti e Re Soil insieme per il suolo

Mauro Uniformi, presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine degli agronomi e dei dottori forestali (Conaf), ha sottolineato l'importanza di affidarsi ai professionisti per garantirne una corretta gestione del suolo. A tal proposito, ha ricordato la partecipazione del Conaf a un progetto europeo che formerà 1.500 consulenti per l'agricoltura climate smart.

Stefano Masini, responsabile Ambiente e Territorio di Coldiretti, ha in seguito evidenziato come il suolo non sia semplicemente «la superficie dell'azienda agricola», ma «un luogo di autenticità». Citando gli esempi dell'agroecologia e dell'agricoltura biodinamica, Masini ha invitato a instaurare relazioni tra i viventi per far diventare l'azienda agricola un organismo vivente con la sua base nel suolo, elemento fondamentale per un'agricoltura sostenibile.

Giulia Gregori, membro CDA Re Soil Foundation
Giulia Gregori, membro del consiglio di amministrazione di Re Soil Foundation

Giulia Gregori, membro del consiglio di amministrazione di Re Soil Foundation, ha presentato il lavoro svolto dalla fondazione in ambito divulgativo e formativo. In particolare, ha menzionato la mappatura delle migliori esperienze agricole presenti sul territorio nazionale (lighthouse farms), realizzata con Coldiretti, e le attività di sensibilizzazione svolte con le scuole primarie e secondarie.

La maggior parte dei suoli europei è in cattiva salute

Entrando nel vivo, Luca Montanarella, ricercatore del Centro comune di ricerca (Jrc) della Commissione Europea, ha spiegato che i suoli europei sono molto diversificati, quindi per tutelarli è necessario adottare legislazioni specifiche in base al contesto di appartenenza.

Per fare un esempio, le soglie di allerta degli indicatori per la valutazione della qualità del suolo (per esempio il pH) non possono essere uguali nei paesi scandinavi (con suoli notevolmente acidi) e in quelli mediterranei (con suoli più alcalini). Questo approccio è alla base della proposta della Direttiva per il monitoraggio e la resilienza del suolo, presentata a luglio dalla Commissione Europea.

Secondi i dati diffusi dal Jrc, il 61.5 % dei suoli europei è in cattivo stato di salute, dunque non è in grado di fornire adeguatamente servizi ecosistemici.

In Italia la percentuale è leggermente più bassa, ma resta allarmante: il 47%. Il problema principale resta l'erosione (23% dei casi), dovuta soprattutto alle pendenze, alle intense precipitazioni e alla scarsa copertura vegetale. Seguono la perdita sostanza organica (19%) e la contaminazione da rame (14%), in particolare nelle aree viticole.

Contaminazioni e bonifiche dei siti orfani

Sul tema della contaminazione del suolo e delle bonifiche per il recupero delle aree degradate è intervenuta Laura D’Aprile, capa del Dipartimento per la transizione ecologica e gli investimenti verdi del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica.

«Affrontare queste criticità in un contesto europeo garantisce un'omogeneità di trattamento che ci mette a riparo dal rischio di distorsione del mercato europeo» ha dichiarato D'Aprile, che ha poi parlato dei siti orfani, ovvero i siti contaminati in cui non c'è un soggetto responsabile individuato o tale soggetto non provvede alla bonifica, definendoli «bombe ecologiche» e spiegando che alcuni fondi del Pnrr sono stati investiti per riqualificare questi terreni.

Desertificazione ed erosione anche in pianura

In seguito, Claudio Ciavatta, professore di chimica agraria all'Università di Bologna, ha fatto un intervento incentrato sulla sostanza organica del suolo. Ha spiegato che l'agricoltura contemporanea, sostituendo i fertilizzanti organici con quelli minerali, ha fortemente ridotto il contenuto di sostanza organica nei suoli agricoli. Ciò ha portato molti suoli a rischio desertificazione, sia nel Nord che nel Centro e nel Sud Italia.

Questo non riguarda solo i suoli delle zone collinari, ma anche quelli della Pianura Padana, che in varie zone venete ed emiliano-romagnole hanno un contenuto di sostanza organica estremamente basso (>1%). Per invertire questa tendenza bisognerebbe fornire carbonio organico ai suoli «usando biomasse alternative al letame (oggi poco disponibile)». Ciò permetterebbe di contrastare sia la desertificazione sia l'erosione del suolo.

Sull'erosione è intervenuto Giuseppe Corti, direttore del Centro agricoltura e ambiente del Crea. Corti ha sottolineato quanto il dissesto idropedologico metta a rischio il patrimonio paesaggistico del nostro paese, oltre che il settore agricolo e la vita degli abitanti del territorio. «Nell'Europa comunitaria l'erosione riguarda un'areale enorme: 1.3 milioni di chilometri quadrati. I rischi maggiori sono nei paesi mediterranei, tra cui l'Italia. In alcune regioni italiane si perdono 50 cm di suolo ogni 30 anni» ha spiegato. Inoltre, l'erosione del suolo causa l'emissione di CO₂ in atmosfera, contribuendo al cambiamento climatico.

La direttiva europea sul monitoraggio

Anna Luise Ispra
Anna Luise, responsabile dell'Unità strumenti di sostenibilità di Ispra

Sul tema della desertificazione in Italia è intervenuta Anna Luise, responsabile dell'Unità strumenti di sostenibilità di Ispra e rappresentante tecnico-scientifica per l'Italia della Convenzione delle Nazione Unite per la Lotta alla desertificazione.

Luise ha sottolineato che per "desertificazione" si intende la perdita di produttività del suolo, causata principalmente dalla gestione scorretta del territorio. Ha aggiunto che recentemente, a livello internazionale, è riemersa la stretta connessione tra degrado del suolo, cambiamento climatico e biodiversità, insieme alla necessità di considerare la complessità e interdipendenza di questi processi per affrontare le problematiche a essi connesse.

Riguardo alle politiche per contrastare questi fenomeni, Luise ha citato la proposta di direttiva europea sul monitoraggio e la resilienza del suolo, il cui obiettivo è che tutti i suoli europei (agricoli e non) siano in buone condizioni di salute entro il 2050. A tal fine, la normativa fornirà una definizione armonizzata di salute del suolo, istituirà un quadro di monitoraggio coerente e stabilirà le norme sia sulla gestione sostenibile del suolo sia sulla bonifica dei siti contaminati.

In aumento la cementificazione del suolo

Michele Munafò, dirigente del Servizio per il sistema informativo nazionale ambientale di Ispra, ha approfondito il tema del consumo di suolo dovuto alla cementificazione e alla sigillazione: «Il 7.14% della superficie nazionale italiana è direttamente coperto da materiali artificiali, un valore in aumento dal 2006 e più alto della media europea, che è intorno al 4%».

Questo valore va letto tenendo conto del fatto che le aree pianeggianti in Italia sono appena il 23%, mentre quelle montane sono il 35%. Dunque non il 100% del territorio è facilmente cementificabile. Inoltre, le differenze regionali sono notevoli: in Lombardia, per esempio, la cementificazione riguarda il 12.16% del territorio.

«Perdiamo 21 ettari di suolo al giorno, cioè 2.4 metri al secondo. Questa velocità di consumo di suolo non è sostenibile e andrebbe azzerata, come previsto dall'Agenda 2030 delle Nazioni Unite, sottoscritta anche dall'Italia», ha aggiunto Munafò.

Tutelare i suoli con soluzioni tecniche specifiche...

Nella terza e ultima fase dell'incontro sono intervenuti alcuni esperti delle società del suolo per proporre soluzioni concrete per affrontare le problematiche precedentemente esposte, tutelando la salute dei suoli italiani.

Maria Rao, professoressa di chimica agraria dell'Università di Napoli Federico II
Maria Rao, professoressa di chimica agraria dell'Università di Napoli

Maria Rao, membro della Società italiana chimica agraria e professoressa di chimica agraria dell'Università di Napoli Federico II, ha evidenziato la necessità di incrementare l'accumulo di carbonio organico nel suolo, garantendone la persistenza.

Per questo scopo sono utili gli ammendanti organici come il letame, gli scarti agricoli, i reflui zootecnici e i sottoprodotti agroindustriali opportunamente compostati o sottoposti a digestione anaerobica, oppure il biochar. Inoltre, Rao ha ricordato quanto sia fondamentale conoscere il suolo sul quale si opera eseguendo opportune analisi chimico-fisiche, utili a ottimizzare la fertilizzazione delle colture, evitando lisciviazioni e, dunque, limitando l'impatto ambientale della produzione agricola.

Giuseppe Corti, membro della Società italiana di scienze del suolo, ha aggiunto la necessità di adottare soluzioni specifiche in base al contesto. Clima, pendenza, sistema colturale e macchine agricole utilizzate sono elementi indispensabili per valutare le più opportune sistemazioni idraulico-agrarie da implementare in ogni azienda agricola.

...e con politiche lungimiranti

Ampliando il discorso, Fabio Terribile, ex presidente della Società italiana di pedologia e professore di pedologia dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, ha aggiunto che l'Associazione italiana società scientifiche agrarie ha elaborato una proposta di legge quadro sul suolo, presentata nel 2013 e nel 2022. «Queste proposte hanno avuto l'appoggio di tutte le forze politiche, ma si sono arenate in Commissione europea (Dg Agri)».

«È urgente la necessità di intervenire sulla gestione sostenibile del suolo, sulla produttività multifunzionale e sul contrasto ai processi di degrado, dando nuova forza ai territori rurali. Per riuscirci, è stata presentata una legge quadro che ambisce ad affrontare tutte le tematiche interconnesse con l'uso del suolo», ha aggiunto Terribile.

«Tra le altre misure», ha spiegato infine, «questa proposta prevede il libero accesso a piattaforme cibernetiche geospaziali in grado di analizzare dati pedologici e satellitari, fornendo un supporto operativo per prendere decisioni informate sul suolo e sui territori. Un prototipo della piattaforma è già stato sviluppato per alcune aree, grazie al progetto europeo H2020 Landsupport. Estendere questo prototipo permetterebbe di raggiungere gli obiettivi prefissati sulla salute del suolo, con benefici multisettoriali».

In conclusione, Walter Ganapini, presidente del Comitato tecnico scientifico di Re Soil Foundation, ha enfatizzato la necessità di affrontare la complessità di tutti i servizi ecosistemici forniti dal suolo, non focalizzandosi solo sulla produttività. «Dobbiamo sviluppare un percorso finalizzato alla tutela dell'Italia e della sua straordinaria biodiversità, che va ripristinata per consentire uno sviluppo sostenibile. Il rapporto prodotto da Re Soil è un risultato importante; possiamo partire da qui per misurare gli effetti degli interventi che vogliamo attuare», ha chiosato.

Moderato dalla redattrice Cristina Nadotti di Repubblica, l'incontro è stato organizzato da Re Soil Foundation, la fondazione dedita alla salvaguardia del suolo, nata da una collaborazione tra Università di Bologna, Coldiretti, Novamont e Politecnico di Torino.

L'intero evento è stato registrato e può essere visto in differita a questo link, mentre il rapporto sulla salute del suolo è scaricabile qui.

Salute del suolo, metà del territorio italiano è degradato - Ultima modifica: 2023-12-04T17:24:05+01:00 da Paola Cassiano

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