Grano duro, l’incertezza del comparto al DurumDays di Foggia

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All’appuntamento annuale che chiama a confronto tutti gli attori della filiera per fare il punto sulle previsioni della campagna produttiva e commerciale hanno dominato le preoccupazioni degli agricoltori riguardo sia agli esiti produttivi sia alle prospettive di mercato e in particolare ai prezzi al produttore

A meno di un mese dall’inizio della mietitrebbiatura del grano duro nel territorio che esprime il centro nevralgico della superficie coltivata in Italia, il Tavoliere foggiano, il comparto durogranicolo è dominato da un’assoluta incertezza riguardo sia alle rese e alla qualità, sia alle prospettive di mercato e in particolare ai prezzi al produttore.

È stata proprio questa incertezza il tratto dominante dell’evento DurumDays 2023, che ogni anno chiama a confronto a Foggia tutti gli attori della filiera per fare il punto sulle previsioni della campagna produttiva e commerciale e ha visto, quest’anno, la partecipazione dei rappresentanti di Assosementi, Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri, Alleanza Cooperative Agroalimentari, Compag, Italmopa, Unione Italiana Food e Crea, con Areté quale partner tecnico e Syngenta in veste di sponsor. Incertezza che alimenta la preoccupazione soprattutto dei produttori, in particolare di quelli che hanno nel grano duro la fonte principale del reddito aziendale, e poi degli altri attori della filiera.

Al DurumDays confronto fra le ultime annate commerciali

Esistono tuttavia dei punti di riferimento formanti una cornice al cui interno inquadrare il comparto italiano del grano duro, ha evienziato Filippo Bertuzzi, Senior Market Analyst di Areté, società di analisi economiche e business intelligence specializzata sull’agrifood.

«L’annata commerciale 2022-2023 è stata contrassegnata da punti molto precisi:

  • recupero produttivo in Nord America (dopo il crollo nel 2021), ma con un bilancio mondiale in deficit;
  • erosione per il quarto anno consecutivo delle scorte globali, ridotte ormai al minimo storico;
  • domanda di importazione elevata nel bacino del Mediterraneo (Nord Africa e Ue);
  • ritmo di esportazione molto intenso dal Nord America, soprattutto dal Canada.

Per l’annata 2023-2024, nonostante il mercato mantenga un tono di debolezza, permangono numerosi fattori potenzialmente di supporto ai prezzi nella prossima campagna rispetto ai livelli correnti:

  • scorte mondiali di inizio campagna ai minimi storici;
  • atteso incremento produttivo in Nord America e Ue soggetto al conseguimento di rese almeno nella media;
  • nelle restanti regioni del Mediterraneo condizioni siccitose persistenti o in via di parziale risoluzione».

Condizione delle colture e previsioni di produzione

Nell’attuale quadro incerto e complesso del comparto in Italia un punto fermo è la sostanziale tenuta delle superfici, ha evidenziato Nicola Pecchioni, direttore del Crea-Centro di ricerca cerealicoltura e colture industriali di Foggia.

«Partendo da tale considerazione, la produzione italiana dovrebbe attestarsi quest’anno, secondo le previsioni del Crea, sopra i 4 milioni di tonnellate, con un incremento di circa il 12% rispetto alla campagna precedente, dovuto a rese produttive più alte.

Nelle regioni centro-meridionali il decorso meteorologico ha favorito lo sviluppo e la crescita della coltura; in questi areali, se le condizioni meteorologiche permangono stabili, la produzione dovrebbe attestarsi sui valori medi di lungo periodo.

Nelle regioni centro-settentrionali, superato l’allarme siccità del periodo invernale-primaverile, al momento la coltivazione si presenta in buone condizioni.

Resta comunque l’incognita fitosanitaria legata all’andamento meteorologico delle prossime settimane che potrebbe favorire lo sviluppo di malattie, come le ruggini già abbastanza presenti, e limitare la produzione finale».

Relazioni di filiera e modelli organizzativi diversi

Le superfici totali a grano duro sono diminuite in Italia del 9% tra il 2015 e il 2020 e la produzione ha avuto un trend decrescente e ha subito forti oscillazioni, anche in funzione di un mercato nazionale caratterizzato da prezzi molto volatili e influenzati dalle dinamiche del mercato internazionale, ha ricordato Daniele Castagnaviz , coordinatore del settore grandi colture e servizi di Alleanza delle cooperative italiane agroalimentari.

«Quest’anno, però, la produzione sembra in rialzo rispetto al 2022, anche se non è garanzia di prezzi remunerativi. Strutturalmente, le aziende che coltivano grano duro presentano una bassa marginalità a ettaro della coltura in confronto agli altri principali cereali (grano tenero e mais) e una redditività per unità di lavoro inferiore alla media dell’intero settore agricolo. Infine, in molti areali del Meridione tradizionalmente coltivati a grano duro è difficile trovare colture alternative, con rischio di abbandono di aree marginali. La riduzione della produzione nazionale di grano duro incrementa il divario esistente tra l’offerta e la domanda industriale, determinando difficoltà operative all’industria molitoria e pastaia, aggravate dalle perturbazioni di mercato più recenti conseguenti a fattori esogeni come l’andamento globale dell’offerta di grano duro, sempre più influenzata dai cambiamenti climatici (come la siccità persistente nell’ultimo biennio in Canada e Stati Uniti).

In un quadro così connotato, che si traduce in un grado di autoapprovvigionamento della materia prima ampiamente inferiore all’autosufficienza, in Italia è fondamentale:

  • potenziare le relazioni di filiera nello spirito del contratto di filiera triennale
  • e promuovere modelli organizzativi della produzione diversi, basati sul rilancio della cooperazione di conduzione associata dei terreni, cioè l’aggregazione in forma mutualistica delle terre».

L’impatto della nuova Pac sulla filiera del grano duro

Con rese molto ballerine perché influenzate dai cambiamenti climatici e prezzi che non riescono a compensare i costi di produzione l’aiuto Ue diventa fondamentale per la sopravvivenza di tante aziende durogranicole. Ma la Politica agricola comunitaria (Pac) 2023-2027 è diventata molto più complicata da applicare per i produttori e fonte di ulteriori preoccupazioni, ha sottolineato Luca Palazzoni, ricercatore dell’Università di Perugia, analizzando l’impatto della nuova Pac sulla filiera del grano duro.

«Purtroppo la Pac per mantenere il suo budget è diventata più vocata all’ambiente e soprattutto più selettiva e quindi più complicata. I guadagni e le perdite rispetto alla vecchia Pac sono molto differenziati e dipendono: dal livello di partenza dei titoli e dalla selettività dei pagamenti (ecoschema, redistributivo, giovani, accoppiato, ecc.).

L’ecoschema 4, che può compensare, rispetto alla vecchia Pac, il livello dei pagamenti di chi l’adotta, è molto più impegnativo del vecchio greening, con maggiori costi e più burocrazia. Viene proprio da chiedersi se a un’azienda che produce grano duro conviene ancora seguire la Pac oppure seguire solo il mercato. Ma sappiamo bene quanto il mercato sia volatile e come, perciò, sia importante l’aiuto comunitario!».

Grano duro, l’incertezza del comparto al DurumDays di Foggia - Ultima modifica: 2023-05-17T23:28:18+02:00 da Giuseppe Francesco Sportelli

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