I cinghiali finiscono in filiera anche in Umbria

A metà maggio i primi prodotti garantiti e certificati: carne, salumi e sughi

cinghiali
Il Consorzio regionale operatori filiera carni apre un nuovo fronte, quello della carne di selvaggina, che si aggiunge a quelli delle carni bovini e suine già operanti da tempo

Nasce anche in Umbria la filiera delle carni di selvaggina, partendo dall'animale più diffuso e temuto per i gravi danni provocati alle coltivazioni agricole: il cinghiale. L'iniziativa è promossa e gestita dal Consorzio regionale operatori filiera carni dell'Umbria, alle quali fanno già capo la filiera carni bovine e la filiera carni suine, entrambe con ambito regionale, e quella territoriale delle carni del Trasimeno. In programmazione vi sono poi la filiera delle carni ovine e quella dei prodotti di montagna. L'esordio è fissato per la prima metà di maggio, quando su alcuni banchi selezionati arriveranno i primi prodotti etichettati e tracciati "dal bosco al consumatore", con indicato il giorno dell'abbattimento del capo, l'azienda agricola e/o il cacciatore che ha operato la selezione, il mattataio e il laboratorio di sezionamento.

UMBRIA TRA LE ULTIME A ISTITUIRE LA FILIERA DEL CINGHIALE

"Nulla di nuovo rispetto alle altre filiere già da tempo gestite con successo - sottolinea Ubaldo Rosati, presidente del Consorzio regionale degli operatori di filiera - ma coordinare e mettere in fila tutti gli aspetti normativi e organizzativi stavolta è stato più complesso". Molti gli ostacoli da superare, è stato spiegato nel corso di un incontro svoltasi alla presenza dell'onorevole Filippo Gallinella, presidente della Commissione agricoltura della Camera, nonostante l'Umbria sia tra le ultime regioni ad imboccare questa strada, prendendo a riferimento i casi virtuosi di Toscana (addirittura dal 2015), Lombardia e Piemonte, dove, è stato sottolineato, non è mancato, anche in termini di risorse, il sostegno degli assessorati all'agricoltura.

25.000 I CAPI ABBATTUTI IN UN ANNO NELLA REGIONE

La carne verrà proposta alla clientela, sia privata che a ristoranti ed agriturismi, sottoforma di confezioni sottovuoto, così come i prodotti trasformati, quali salami, salsicce e ragù di cinghiale, tutto rigorosamente cacciato in Umbria.
Si stima che nella regione, dove si ritiene che esista un grande mercato parallelo sommerso, possano essere circa 25.000 i capi abbattuti all'anno. Il Consorzio lavorerà non i cinghiali derivanti da attività venatoria ma solo quelli da prelievo di selezione e contenimento, assicurando un servizio di raccolta selvaggina tramite celle mobili e trasporti ben coordinati. Il tutto all'insegna della trasparenza, non solo nell'etichetta ma anche nei costi dei vari passaggi, affinchè il ricavato della vendita delle carni, depurato appunto degli oneri di lavorazione e certificazione, possa tornare nelle tasche dell'agricoltore/allevatore/cacciatore che ha abbattuto il capo, rappresentando così un rimborso per i danni sopportati.

IL RUOLO DI GARANTE DEL CONSORZIO DI CERTIFICAZIONE

"Il Consorzio - spiega il cordinatore della filiera del cinghiale, Federico Rosati - si assumerà il compito di coordinare e fluidificare i cinque passaggi, soprattutto nella fase di messa a punto iniziale. Le richieste di acquisto non mancano e registriamo interesse anche dal mondo della Gdo, ma prima vogliamo piantare per bene i piedi in terra". Il momento viene comunque valutato come favorevole, stante la crescente attenzione dei consumatori alla sanità e qualità di questo tipo di carne, garanzie che finora sono risultate carenti e che rischiano di mettere nei guai anche ristoranti e agriturismi che fanno uso di carni non certificate".

IL 43% DEI CINGHIALI CONTROLLATI AFFETTI DA EPATITE E

E' notizia di questi giorni che ben il 43% dei cinghiali controllati in Umbria (si badi bene, controllati, non uccisi o consumati) risulta essere affetto da Epatite E. Lo ha reso noto l'assessorato regionale alla sanità sulla base dei controlli fatti insieme all'Istituto Zooprofilattico sperimentale delle Marche-Umbria. Una situazione che ha destato non poca preoccupazione e anche qualche allarmismo (la cottura della carne prima del consumo è ritenuto rimedio sufficiente). La nascita della filiera andrà dunque a dare risposte puntuali anche a rischi di ordine sanitario, tanto più forti quanto più resta sommersa la "filiera" che fino ad oggi non esisteva.

NOVE MACELLI E TRE CENTRI DI LAVORAZIONE CARNI COINVOLTI

Associati del Consorzio sono nove macelli operanti nella regione, con quello di Gualdo Tadino che assorbirà il 60-70% del lavoro, il resto per il momento graverà sulla struttura di Massa Martana. Tre i centri di lavorazione carni, a Passignano sul Trasimeno, a Gubbio e a Castiglione del Lago, che assolverà anche il ruolo di primo punto vendita accreditato. All'ultimo tavolo di coordinamento erano presenti anche il presidente dell'Atc 3 Terni, rappresentanti della Confcommercio, dirigenti delle autorità sanitarie e perfino dell'associazione dei consumatori Adiconsum.

I cinghiali finiscono in filiera anche in Umbria - Ultima modifica: 2022-04-30T20:29:20+02:00 da Gilberto Santucci

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