Comunità, welfare, diritti, inclusione, responsabilità etica, cura. Sono parole identificative di una società che funziona. Negli ultimi anni in Italia c’è un settore nel quale gli aspetti sociali stanno acquisendo sempre più importanza: il primario. L’agricoltura sociale per le imprese agricole rappresenta un’opportunità per diversificare le attività e offrire alle comunità locali spazi di inclusione attiva. La terra diventa così quel luogo in cui la marginalità sociale sparisce e si trasforma in forza, valore, lavoro e dignità.
Sebbene le aziende e le cooperative sociali agricole siano in crescita sui nostri territori, i numeri sono ancora contenuti. Il settimo censimento generale dell’agricoltura condotto dall’Istat nel 2020 ha inserito per la prima volta l’agricoltura sociale tra le attività connesse rilevate, adeguandosi alle regole europee. I dati diffusi parlano di 904 aziende agricole (pari a meno dell’1,4% di quelle che svolgono almeno un’attività connessa), che praticano anche l’agricoltura sociale. Il 77,6% di queste è gestita da un titolare con più di 40 anni (tab. 1). È al Nord che si concentra il maggior numero di imprese impegnate in progetti di agricoltura sociale: 415. Al Centro e al Sud si registra un numero inferiore di realtà, rispettivamente 217 e 186. La Toscana è la regione più virtuosa con 108 aziende, seguono Lombardia (94), Emilia-Romagna (78) e Piemonte (77).
Discrepanze nei numeri
Dagli elenchi istituiti presso le Regioni risulta un numero di operatori di agricoltura sociale molto inferiore rispetto al censimento. Come evidenziato dal Crea Politiche e bioeconomia nell’ultimo annuario dell’agricoltura italiana, nonostante tutte le Regioni abbiano ormai emanato norme specifiche che prevedono l’istituzione di un elenco ufficiale delle aziende, in applicazione della legge nazionale sull’agricoltura sociale, sono soltanto nove quelle che hanno avviato il riconoscimento degli operatori di agricoltura sociale e che, quindi, dispongono del relativo elenco (tab. 2).
Nel dettaglio, come elaborato dal Crea, nel 2022 gli operatori iscritti risultano 301, circa il 31,3% in più rispetto al 2020. Il numero più elevato è nelle Marche con 76 operatori, pari a circa il 24,5% del totale degli iscritti. Seguono Friuli-Venezia Giulia (54), Liguria (36) e Sardegna (30). Rispetto al 2020, le Regioni che mostrano un incremento maggiore sono Liguria (+300%), Sardegna (+57,9), Friuli-Venezia Giulia (+38,5%) e Marche (+30,4%). Abruzzo e Veneto presentano invece un decremento degli iscritti. Ben dodici gli enti locali senza alcuna azienda agricola iscritta nell’elenco. Secondo il Consiglio per la ricerca in agricoltura tali discrepanze nei numeri possono essere dovute ai criteri adottati per il riconoscimento degli operatori che possono includere attori diversi dalle aziende agricole rilevate a oggi dall’Istat, o all’esclusione di alcune realtà di contenute dimensioni economiche che svolgono agricoltura sociale.
Legge ancora senza linee guida
La legge 141/2015 sull’ agricoltura sociale ha fornito una cornice normativa di riferimento alle Regioni e il decreto attuativo del 2018 ha definito i requisiti minimi e le modalità relative alle attività di agricoltura sociale, tuttavia la disciplina nazionale è incompleta. In particolare si attende l’emanazione delle linee guida dell’Osservatorio sull’agricoltura sociale, tra cui: definizione di criteri omogenei per il riconoscimento delle imprese; monitoraggio delle attività; definizione di percorsi formativi per gli operatori; indicazioni su contratti tipo tra imprese e amministrazioni pubbliche. Prima della legge alcune Regioni si erano già dotate di uno strumento normativo sull’ agricoltura sociale, disciplinando la materia in vario modo. Altre sono invece intervenute dopo l’entrata in vigore della stessa, emanando una legge ad hoc o adeguando le proprie norme.
In ordine sparso
Per la presidente di Ases-Cia Cinzia Pagni «la 141/2015 è una buona legge, ma la situazione frammentata a livello nazionale con leggi regionali talvolta antecedenti, talvolta successive alla norma nazionale, genera scarsa chiarezza per chiunque si avvicini a questo tema. L’agricoltura sociale è attuata grazie allo spirito d’intraprendenza dei singoli, non certo perché ci sia un chiaro apparato normativo». Pagni sottolinea inoltre, «come il 30% di fatturato agricolo applicato anche alle coop sociali che, in alcuni casi, si vedono non riconosciute come operatori di agricoltura sociale nonostante le attività svolte in tal senso, abbiano creato contrasti. Si parla di agricoltura sociale quindi la parte agricola deve essere presente e riconosciuta come fondamentale, forse il concetto di “fatturato” deve essere superato da un criterio più inclusivo».
«Formalmente a livello nazionale ci sono strumenti coordinati per l’agricoltura sociale. In pratica – ha incalzato il direttore di Campagna amica Coldiretti Carmelo Troccoli – dipenderà da quanto ogni Regione sceglierà di fare rispetto a tali temi nel proprio complemento per lo sviluppo rurale, sia in termini di risorse finanziarie dedicate che di azioni possibili. È importante scindere il concetto di condizionalità sociale, che diventa stimolo per garantire il rispetto degli standard minimi di legge sul lavoro, dai servizi sociali aggiuntivi, in cui l’agricoltura sociale si colloca. La promozione di questi nuovi servizi richiede a livello territoriale comprensione degli attori coinvolti e grande capacità organizzativa. Emergeranno quei territori più capaci a trasformare queste opportunità in progettualità complete».
Sullo stallo applicativo della legge 141/2015 è netta la posizione del presidente della Rete fattorie sociali di Confagricoltura Marco Berardo Di Stefano: «Fino a oggi è mancata la volontà della politica di attuarla, eppure sono tanti i vantaggi che anche le istituzioni hanno dalle iniziative di agricoltura sociale. È inspiegabile perché non si adoperino per svilupparla e darle attuazione».
Il nodo dei finanziamenti
Gli imprenditori che vogliono impegnarsi in progetti di agricoltura sociale possono beneficiare di sostegni pubblici quali i Psr. Tale aiuto avviene prevalentemente attraverso le sottomisure 16.9 e 6.4 (sulla diversificazione dell’attività agricola). In base a quanto elaborato dalla Rete Rurale Nazionale, la 16.9 è stata a oggi attivata in 11 delle 14 Regioni che hanno programmato la sottomisura. Mentre per la 6.4 al 2021 sono stati pubblicati bandi in 18 delle 20 Regioni che hanno stabilito interventi con riferimento specifico all’ agricoltura sociale. Inoltre, nel 2022 sono stati emanati due bandi (Umbria e Toscana) a valere sulla 16.9 e quattro bandi (Basilicata, Campania, Piemonte e Toscana) sulla 6.4.
«Le forme di sostegno che finanziano iniziative di agricoltura sociale dovrebbero diventare sistematiche ed essere legate a interventi strutturali, come ad esempio convenzioni con strutture pubbliche, come accade in altri Paesi europei. L’agricoltura sociale ha bisogno poi di bandi plurifondo. Le attività connesse sono complesse – ha puntualizzato Di Stefano – per cui servono bandi che diano possibilità di interventi diversi a persone coordinate tra loro per realizzare iniziative di agricoltura sociale. Inoltre, vista la ricaduta che queste attività hanno sul territorio, i progetti dovrebbero avere una premialità nei punteggi. La programmazione delle misure a oggi è stata limitata».
«I bandi funzionano quando sono scritti da soggetti con una visione ampia sulle dinamiche anche sociali dei territori di ricaduta dei bandi stessi. Come ASeS, in quanto ente del terzo settore – ha specificato Pagni – stiamo esplorando anche altri canali di finanziamento come le fondazioni private, che hanno ben interpretato e compreso l’importanza dell’agricoltura sociale in termini di impatto e risultati sociali sul territorio».
Le proposte
«È necessario che le fattorie sociali riescano a commercializzare i loro prodotti per creare posti di lavoro. Per questo – ha proposto Di Stefano – dobbiamo arrivare alla realizzazione di un marchio sull’agricoltura sociale riconosciuto dal Masaf. Occorre fare in modo che i consumatori sappiano che stanno acquistando un prodotto di qualità e contestualmente aiutando i più fragili. Abbiamo avanzato questa proposta ai precedenti ministri senza ottenere attenzione. Speriamo in un cambio di rotta».
«L’agricoltura sociale è in grado di mobilizzare risorse delle imprese agricole, generando valore economico da redistribuire in valore sociale e contrasta lo spopolamento delle aree interne. Per questi motivi – ha incalzato Troccoli – è fondamentale creare strumenti agevolanti quali, lo sgravio contributivo per le imprese che assumono persone svantaggiate, la valorizzazione del prodotto nella ristorazione collettiva, la premialità negli appalti di manutenzione del verde».
«Non sempre le istituzioni sono al corrente di cosa sia l’agricoltura sociale e delle sue potenzialità in ambito inclusivo. Questo sarebbe importante per agevolare la costituzione di reti territoriali tra enti e istituzioni, alla base di progetti di successo. Per supportare le aziende di agricoltura sociale – ha affermato Pagni – si potrebbe partire dalla creazione, prevista dalla norma nazionale, di albi regionali pubblici di aziende riconosciute come operatori di agricoltura sociale, questo incrementerebbe la visibilità di tali attività e contribuirebbe a valorizzarle agli occhi dell’opinione pubblica».
tab. 1 Numero di aziende per attività connesse e agricoltura sociale per età del capo azienda |
||||||
Azienda con almeno un’attività connessa | Azienda con almeno un’attività connessa e capo azienda con meno di 40 anni | Azienda con almeno un’attività connessa e capo azienda con più di 40 anni | ||||
Totale | Agricoltura sociale | Totale | Agricoltura sociale | Totale | Agricoltura sociale | |
Piemonte | 5.680 | 77 | 1.210 | 17 | 4.470 | 60 |
Valle d'Aosta | 338 | 5 | 83 | 2 | 255 | 3 |
Lombardia | 6.347 | 94 | 1.097 | 17 | 5.250 | 77 |
Liguria | 1.332 | 13 | 307 | 0 | 1.025 | 13 |
P. a. Bolzano | 4.936 | 20 | 834 | 4 | 4.102 | 16 |
P. a.Trento | 1.267 | 21 | 352 | 5 | 915 | 16 |
Veneto | 5.698 | 71 | 1.104 | 15 | 4.594 | 56 |
Friuli-Venezia Giulia | 1.743 | 36 | 325 | 5 | 1.418 | 31 |
Emilia-Romagna | 5.725 | 78 | 828 | 12 | 4.897 | 66 |
Toscana | 7.624 | 108 | 1.230 | 38 | 6.394 | 70 |
Umbria | 2.310 | 25 | 484 | 4 | 1.826 | 21 |
Marche | 2.553 | 32 | 445 | 7 | 2.108 | 25 |
Lazio | 2.779 | 52 | 599 | 15 | 2.180 | 37 |
Abbruzzo | 1.688 | 21 | 292 | 2 | 1.396 | 19 |
Molise | 592 | 13 | 116 | 6 | 476 | 7 |
Campania | 2.485 | 49 | 562 | 11 | 1.923 | 38 |
Puglia | 3.402 | 52 | 582 | 12 | 2.820 | 40 |
Basilicata | 806 | 14 | 188 | 5 | 618 | 9 |
Calabria | 2.049 | 37 | 393 | 11 | 1.656 | 26 |
Sicilia | 3.367 | 53 | 667 | 7 | 2.700 | 46 |
Sardegna | 2.405 | 33 | 507 | 7 | 1.898 | 26 |
Italia | 65.126 | 904 | 12.205 | 202 | 52.921 | 702 |
Fonte: Istat, 7° Censimento generale agricoltura |
L’identikit delle aziende
Secondo un’indagine del Crea le aziende che praticano agricoltura sociale sono medio piccole, utilizzano tecniche produttive a basso impatto (agricoltura bio oltre il 60%) e tra le coltivazioni spiccano le orticole (oltre 80%). L’inserimento socio lavorativo di soggetti fragili è l’attività più frequente (76%), seguita da formazione (51%), attività terapeutiche (45%).
Circa il 70% delle aziende ha una Sau inferiore a 20 ettari. La tipologia produttiva prevalente è l’ortofrutta, seguono vitivinicoltura, florovivaismo, agriturismo. Per lo più sono imprese familiari, il 40% di esse è condotto da donne.
tab. 2 Operatori di agricoltura sociale iscritti negli elenchi ufficiali delle Regioni |
||
PROVINCE | 2020 | 2022 |
Piemonte | X | X |
Valle d'Aosta | X | X |
Lombardia | 24 | 29 |
Liguria | 9 | 36 |
P.a. Bolzano | X | X |
P.a. Trento | X | X |
Veneto | 34 | 31 |
Friuli-Venezia Giulia | 39 | 54 |
Emilia-Romagna | X | X |
Toscana | X | X |
Umbria | X | X |
Marche | 56 | 76 |
Lazio | X | X |
Abbruzzo | 7 | 6 |
Molise | X | X |
Campania | 21 | 21 |
Puglia | X | X |
Basilicata | X | X |
Calabria | 18 | 18 |
Sicilia | X | X |
Sardegna | 19 | 30 |
Italia | 227 | 301 |
Fonte: elaborazioni Crea, da elenchi regionali degli operatori di agricoltura sociale |
Un percorso sensoriale per bambini nel cuneese
Vincitore del bando Coltiviamo agricoltura sociale di Confagricoltura, Christian Foti, con la sua fattoria didattica e sociale di Bubi e Mimi a Bene Vagienna (Cn), ha realizzato il progetto “Fili d’Erba”: un luogo in cui si svolgono attività per bambini e ragazzi con problemi psico-sociali, disabilità, o provenienti da famiglie difficili.
Nella fattoria è stato creato un giardino sensoriale con erbe officinali e aromatiche per percorsi guidati di conoscenza. In un laghetto su due livelli si allevano carpe Coi e i bambini possono dar loro da mangiare. I percorsi sono studiati in forma tondeggiante per essere più lontani possibile, anche visivamente, dalle corsie di ospedale. Uno spazio è dedicato ai porcellini d’India e alle galline nostrane di Morozzo. Tutto è studiato per infondere sicurezza con l’intento di favorire l’inserimento lavorativo dei ragazzi nella produzione di cosmetici naturali. «Dopo aver recuperato terreni abbandonati e realizzato un sistema di recupero dell’acqua piovana, oggi coltivo, allevo e accolgo bambini – spiega Foti –. Un sogno immaginato e realizzato».
Giovani al lavoro a tutta birra
La Rondine a Maccarello di Marco Romanelli è una cooperativa sociale agricola associata Cia di Città di Castello (Pg). Su una superficie di tre ettari coltiva orticole certificate bio, un piccolo oliveto e un luppoleto. L’azienda nata nel 2015 per favorire le persone con disagi psichici, beneficiando in un secondo tempo del bando Psr dell’Umbria, ha avviato un progetto di inclusione lavorativa con i giovani tra 18 e 35 anni: “Raccolti di comunità” e attivato una rete di cooperative sociali sul territorio tra la provincia di Perugia e Terni.
«Spesso i ragazzi disabili terminato il percorso scolastico si trovano in un limbo e rimangono a casa. Nella nostra coop questi giovani oltre a ottenere gratificazione dai frutti della terra riescono a integrarsi nella comunità. Da noi lavorano, dalla raccolta alla vendita, sotto la supervisione di un operaio agricolo e di un operatore, mediamente da cinque a sette giovani. Dalla collaborazione dei ragazzi nel luppoleto è nata anche una birra artigianale sociale di cui vanno molto fieri».
Una buona causa per l’avvocato
Vincitore dell’Oscar green sociale di Coldiretti, Stefano Piatti, giovane avvocato contadino titolare dell’azienda agricola San Giuda di Rozzano (Mi), ha avviato un progetto di agricoltura sociale volto a recuperare detenuti e persone fragili. Dopo aver approfondito nel percorso di tesi lo studio di un’esperienza innovativa di gestione penitenziaria in Brasile, ha deciso di tornare a Rozzano, di cambiare vita e offrire un’opportunità ai ragazzi svantaggiati del suo territorio.
Nella sua impresa agricola alleva bovini da carne e galline ovaiole, produce miele, coltiva cereali e ortofrutta e vende direttamente i suoi prodotti. «La terra è diventata lo strumento per ottenere cibi di qualità coinvolgendo persone in condizione di detenzione, ma anche soggetti con disagi psichici o ex tossicodipendenti e ragazze madri, che hanno l’occasione di riscattarsi e di integrarsi attraverso il lavoro. Ogni persona con cui ho il privilegio di lavorare mi aiuta a fare sempre meglio».