I periti agrari chiedono una “filiera formativa”

Dibattito sulla efficacia e coerenza dei percorsi dai quali escono i futuri professionisti

congresso nazionale Collegio Periti Agrari e Periti Agrari Laureati 2022
Per il Collegio Nazionale guidato dal presidente Mario Braga la sfida è quella del cambiamento della professione che deve essere raccolta a partire dalle scuole, dagli ITS e dalle Università

La sfida è quella del cambiamento della professione. E deve essere raccolta a partire dalle scuole, dagli ITS e dalle Università. E' quanto è stato sostenuto con forza dal presidente del Collegio Nazionale dei Periti Agrari e Periti Laureati Mario Braga in apertura del recente congresso nazionale a Roma, con in platea ad ascoltare il Ministro dell'Agricoltura Stefano Patuanelli, che pur non avendo una competenza diretta in materia di istruzione è stato invitato ad adoperarsi affinchè il sistema della formazione sia maggiormente consapevole delle specificità e pluralità del settore agro-ambientale e agro-alimentare. "Per coniugare produzione, sviluppo del territorio, valorizzazione e salvaguardia ambientale - ha detto Braga - occorre che l'istruzione tecnica agraria risponda meglio e più prontamente alle nuove domande economiche, sociali e culturali provenienti dal Paese".

IL COLLEGIO INCONTRA I FUTURI DIPLOMATI

Non a caso in questi giorni i Collegi territoriali sparsi per la penisola sono impegnati, spesso entrando negli istituti, ad incontrare i futuri diplomati, affiancando all'attività in presenza anche webinar, come quello in programma giovedì 28 aprile promosso dalla Federazione dei Collegi Toscana e Umbria ma esteso a testimonianze da tutta Italia. "Quello dell'incontro online è un'iniziativa nata durante la pandemia - spiega Lorenzo Venturini, presidente del Collegio Siena, Arezzo, Firenze - ma che visto l'interesse e le adesioni si è inteso replicare ed aprire ad una dimensione nazionale con la rappresentazione di più voci, più esperienze, più situazioni".

PIU' RISORSE AGLI ISTITUTI AGRARI

Tornando al dibattito interno sul rapporto scuola-professione, già oggetto di approfondimenti in passato, Giovanni De Luca del Collegio dell'Abruzzo sottolinea che "negli istituti serve più innovazione e per questo servono risorse economiche e di organico a sostegno delle singole scuole e delle loro reti. Serve aggiornamento continuo. Serve evitare gli abbinamenti tra gli insegnamenti e la reintroduzione di materie scientifiche di base con programmazione volte sempre alla sostenibilità dei processi. Servono infine - si accalora De Luca - dirigenti scolastici selezionati tra docenti con curricululm vitae et studiorum completamente trascorsi nel campo dell'istruzione agraria".

ASSENZA DI UN BUON ORIENTAMENTO IN USCITA

La premessa è che il livello di istruzione conseguito negli istituti agrari non sia sufficiente per affrontare il mondo del lavoro. "E' giusto ricordare - si legge in un documento presentato in occasione del congresso nazionale - che la riforma Gelmini era orientata allo spostamento in avanti della fase di approfondimento specializzante dei tecnici di livello intermedio (diplomati) attraverso la formazione accademica nell'ambito di un triennio di laurea al fine di aumentarne il livello culturale adeguandolo agli standard europei. Un percorso condivisibile che però nel tempo (a oltre 10 anni dall'avvio) è stato attuato in modo poco efficace. I professionisti hanno avuto modo di osservare alcuni risultati negatiivi come l'impoverimento dei contenuti formativi, causa riduzione delle materie professionalizzanti, e l'assenza di una politica di orientamento volta a sostenere lo spirito della riforma e a supportare l'accesso all'Università".

SPECIALIZZAZIONI POST DIPLOMA, GLI ITS

Nel frattempo si è ampliata l'offerta formativa di specializzazione post diploma legata al soddisfacimento dei fabbisogni professionali dei singoli territori attraverso i percorsi dell'Istruzione Tecnica Superiore (ITS) e dell'Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS). Un "nuovo mondo" rispetto al quale il Collegio Nazionale guidato da Braga ha promosso una mappatura dei percorsi abilitanti con un focus specifico sugli ITS italiani. "Nel 2021 il CNPAPAL - evidenzia Giovanni Cattaruzzi, presidente del Collegio del Friuli Venezia Giulia - ha censito 18 corsi attivi sul territorio nazionale operanti nel settore agroalimentare e ne ha analizzato gli indirizzi di specializzazione riscontrando una forte eterogeneità di indirizzi, di materie trattate e di livelli di approfondimento; essi spaziano spesso in argomenti che accondiscendono più alla moda del momento o alla formazione di figure di tipo professionale e non tecnica". Altra annotazione che si registra all'interno del Collegio è quella di riservare l'ammissione agli ITS, in un'ottica di coerenza formativa, a diplomati con matrice tecnica agraria e l'accesso diretto all'esame di Stato dei candidati col "doppio diploma".

INTEGRARE I PROGRAMMI DI STUDIO

"Sarebbe auspicabile inoltre - prosegue Cattaruzzi - contenere gli indirizzi ITS "generici" e integrare il percorso formativo di altri curvandoli verso più specifiche e robuste competenze per ampliarne l'efficacia sul mercato professionale. Per fare un esempio vi sono numerosi ITS nei quali si promuove lo studio del controllo della qualità sia in termini analitici che di processo, ma non si scorgono moduli che portino alla formazione di tecnici in grado di svolgere il ruolo di valutatore di parte seconda (colui che svolge consulenza per accompagnare l'azienda a raggiungere il livello di certificabilità) o di parte terza (colui che svolge consulenza per conto di enti terzi di certificazione che conferiscono il certificato finale di qualità). In questi ITS potrebbe rivelarsi utile integrare il programma degli studi per facilitare la formazioni di tali figure professionali a concreto supporto del sistema delle produzioni agroalimentari di qualità certificata".

FAVORIRE GLI ACCORDI CON LE UNIVERSITA'

"Credo che la prima domanda da farsi in tutta onestà è - sottolinea Lorenzo Venturini dalla Toscana - se e quanto il Collegio è in condizione influenzare le scelte del MIUR per i programmi scolastici. Ritengo non molto, per questo è importante entrare nelle scuole e portare l’esperienza della professione. Vanno in questa direzione gli accordi e convenzioni con le Università, con alcune delle quali vi è stata anche collaborazione nella stesura dei piani di studio che a volte rischiano di essere solo in parte calzanti con la denominazione e con la finalità dei corsi di laurea. Dobbiamo come Collegio andare a stringere intese con tutti i dipartimenti di Agraria, nella consapevolezza che a livello normativo generale siamo indietro".

IL CASO DEL SESTO ANNO DI ENOLOGIA

Tra i percorsi di specializzazione post diploma abilitanti alla libera professione è giusto ricordare anche il corso di specializzazione in enologia con il sesto anno. "Quest'ultimo - torna a spiegare Cattaruzzi - costituisce un esempio efficace di specializzazione mirata ma sufficientemente interdisciplinare, rispondente ad un determinato e significativo bisogno del mercato. Si considera infatti essenziale la centratura del percorso formativo volto alla preparazione di tecnici che posseggano una puntuale competenza professionale, in un certo range di materie funzionali per supportare in modo incisivo le imprese agricole e agroindustriali, ma soprattutto le filiere produttive, gruppi di aziende di diversi segmenti integrate fra loro e specializzate in un dato settore".

ALLA FORMAZIONE SERVE UNA VISIONE SISTEMICA

In sintesi, la rinomanza delle produzioni agroalimentari italiane, il peso economico raggiunto e la rilevanza dell'export induce il Collegio guidato dal Presidente Mario Braga a sollecitare un'organizzazione coerente dell'intera "filiera formativa" all'interno della quale vanno meglio strutturati i contenuti e favorito un maggiore coordinamento dei diversi interlocutori (scuola superiore, università, collegi e ordini professionali, ITS e IFTS) all'interno di una visione di tipo sistemico. Il tutto in considerazione della forte evoluzione dei processi produttivi, dell'introduzione di tecnologie innovative, dell'avvio del PSR 2022-2027 dal marcato orizzonte ambientale e dall'attuazione del PNRR con conseguente accelerazione dello sviluppo di determinati settori (qualità, sostenibilità ambientale, energie rinnovabili). Un contesto per certi versi favorevole ma che per i periti agrari si deve tradurre alla fine nell'accompagnare gli imprenditori agricoli nello sviluppo di progettualità e investimenti volti a produrre nuovo valore economico e sociale.

I periti agrari chiedono una “filiera formativa” - Ultima modifica: 2022-04-28T13:51:11+02:00 da Gilberto Santucci

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