Braga, Periti agrari: «Più autonomia alle scuole»

periti agrari
Mario Braga
«Bene le parole di Meloni, ma attendiamo i fatti». Il presidente del Collegio dei periti agrari e periti agrari laureati propone un calendario delle lezioni per gli istituti agrari che tenga conto dei cicli colturali

«La scuola è malata. Va riformata profondamente dandole autonomia assoluta». È la posizione netta del presidente del Collegio nazionale dei periti agrari e periti agrari laureati Mario Braga, che puntualizza: «Riformare la scuola tecnica agraria è una cosa seria poiché forma uomini, imprenditori, tecnici e professionisti e lega l’elemento umanistico a quello professionale». Per Braga non servono nuovi Ita, il problema è la qualità dell’insegnamento e la mancanza di orientamento scolastico: «Troppi ragazzi abbandonano gli studi».

La premier Meloni al Vinitaly ha richiamato la centralità degli istituti tecnici, come l’agrario, dichiarando che offrono più opportunità di lavoro rispetto ad altri percorsi formativi. Lei è impegnato da anni a valorizzare i percorsi professionalizzanti degli Its dell’agroalimentare: sarà soddisfatto.

Un bel titolo. Aspettiamo lo svolgimento. Un’illusione di inversione di marcia l’aveva già data l’ex presidente del Consiglio Draghi che, nel discorso d’insediamento affermò: «Particolare attenzione va riservata agli istituti tecnici», così come avviene nei Paesi più sviluppati d’Europa. Il 23 settembre 2022, in fretta e senza alcun contributo esterno, è stato approvato il dl 144 aiuti Ter (per la realizzazione del Pnrr) nel quale, all’art. 26, sono previste misure per la riforma degli istituti tecnici. L’Europa ci chiede di colmare in poco tempo il deficit di riforme che non abbiamo fatto in decenni di estenuanti dibattiti. Nel frattempo, attendiamo che qualcuno ci chiami per dirci che fine hanno fatto i decreti attuativi. Ci avevano illuso anche gli annunci dell’ex ministro Bianchi sull’istituzione della direzione degli indirizzi tecnici nell’ambito del ministero dell’Istruzione. Ancora oggi lettera morta. Il richiamo alla funzione educativa e professionalizzante degli istituti tecnici agrari della presidente Meloni e del ministro Lollobrigida è certamente positivo, ma attendiamo i fatti. La scuola non si riforma con slogan ma con scelte profonde e complesse.

Perché si evoca il rafforzamento dell’istruzione tecnica agraria proprio in questo momento?

Senza professionisti, imprenditori, tecnici motivati e preparati le risorse del Pnrr non determinerebbero quel fenomeno di acceleratore della ripresa e resilienza nell’agroalimentare italiano. Un processo che dovrebbe favorire un consistente e strutturato aumento anche delle esportazioni, il famoso made in Italy agroalimentare, diffusamente copiato e frodato.

Meloni ha affermato anche di voler istituire il liceo del made in Italy.

Non so cosa sia o cosa potrebbe essere. Indirizzi universitari che hanno nel loro programma una specifica preparazione alla promozione del made in Italy già ci sono. Penso alla laurea triennale a indirizzo professionale Agribusiness avviata a Siena, oppure ad analoghi indirizzi attuati negli Its dell’agroalimentare. Se l’intenzione è cambiare nome all’Istituto tecnico agrario forse sarebbe meglio tornare al futuro, ripristinando il titolo di perito agrario, che ha una sua identità storico-culturale-professionale. Per aumentare o diminuire gli iscritti, considerando la carenza di orientamento scolastico nel nostro Paese, basterebbe qualche attenzione in più da parte del Governo e del Parlamento.

La vera cura quindi quale sarebbe?

Confondere i titoli con i contenuti e con il modello educativo è un esercizio inutile, disorienta. La scuola, tutta la scuola, è malata e non la si cura attendendo l’immunità di gregge. Ma mettendoci mano, avendo il coraggio di azioni anche difficili. Ricordo che il magnate delle telecomunicazioni francese Xavier Niel ha realizzato il più grande campus formativo europeo agricolo gratuito. Il mondo e l’innovazione volano. La scuola?

Cosa propone allora per riformare la scuola tecnica agraria?

Intanto basta aprire nuove sedi di istruzione tecnica agraria. L’Ita deve essere una scuola-laboratorio. Le aule, i laboratori e l’azienda sono un tutt’uno. Per questo occorre coinvolgere direttamente il Masaf nella gestione degli indirizzi agrari. È altresì fondamentale che il ministero dell’Istruzione istituisca la direzione degli istituti tecnici agrari. E ancora, agli istituti occorre riconoscere la piena autonomia gestionale con la nomina di un preside d’istituto.

E gli insegnanti?

Andrebbero selezionati, non con bandi né con prove a test, ma con valutazioni che verifichino competenze e capacità d’insegnamento (no a docenti e Itp con competenze non corrispondenti alla materia d’insegnamento – vedi diplomati istituti professionali abilitati per ruolo in Ita). Gli stessi docenti dovrebbero essere valutati periodicamente da una commissione esterna partecipata anche da rappresentanti di organizzazioni datoriali e dal nostro collegio professionale.

L’agricoltura vive il suo periodo più intenso tra maggio e settembre, quando le scuole sono praticamente chiuse.

Il calendario scolastico dovrebbe essere cambiato, soprattutto dopo il secondo anno, per raccordarlo ai calendari stagionali colturali o degli allevamenti. Intervenire sui programmi didattici, innestando materie che aiutino il giovane in quel necessario passaggio di conoscenze dalla generazione precedente. Infine, non è più rinviabile raccordare linearmente i programmi didattici tra la secondaria di secondo livello e il terziario, fissando il livello terziario quale asticella per accedere alla libera professione, alla quale i giovani dovrebbero aderire superando una sola prova attitudinale e non più un esame burocratico e ripetitivo. Le riforme si fanno cambiando. Alla presidente Meloni dico che questo è il tempo di ricostruire e i periti agrari e periti agrari laureati sono pronti a dare il loro concreto contributo.

Allo stato attuale sembrerebbe una scuola senza speranza.

Assolutamente no. La scuola tecnica agraria ha esempi ancora vitali a cui guardare per superare le gravi condizioni attuali. Penso alla Edmund Mach di San Michele all’Adige, all’Ita Basile/Caramia di Locorotondo, al Cerletti di Conegliano e molti Ita. Ma l’impegno di presidi e insegnanti di buona volontà non può essere vanificato da un modello stanco e demotivante.

I giovani diplomati agli Ita trovano lavoro?

Al 100%, anzi, c’è una domanda che rimane inevasa proprio per carenza di periti agrari e periti agrari laureati, di operatori qualificati, agrotecnici; agronomi. Il 100% è riferito a quei giovani diplomati che hanno scientemente scelto questo indirizzo. Purtroppo, la mancanza di orientamento e la scelta di una scuola fatta anche per condizionamenti territoriali e sociali portano molti giovani a iscriversi a indirizzi per altri motivi. Anche il passaggio da cinque a quattro anni non determina un problema insuperabile, purché si abbia la consapevolezza che il modello professionalizzante dovrà linearmente essere elevato al sistema terziario, e proprio per questo non concordo sul rinviare la scelta della scuola superiore a 16 anni. Dobbiamo ancora fare i conti con l’innalzamento dell’obbligo scolastico-inserimento lavorativo.

Mentre l’istruzione tecnica agraria torna a occupare qualche spazio nella comunicazione, lei ha pubblicato il libro Una nuova Scuola Tecnica Agraria un caso o una scelta?

La “questione” scuola tecnica agraria è stata, è, e sarà la priorità del programma del Collegio nazionale dei periti agrari e periti agrari laureati. E dovrà esserlo anche per il Governo se vorrà attuare il Pnrr. Una professione intellettuale vive perché generata da una scuola di qualità. Vive perché genera intelligenze e professioni di qualità che diventano locomotiva di innovazione, sviluppo, ripartenza.

Braga, Periti agrari: «Più autonomia alle scuole» - Ultima modifica: 2023-04-26T17:48:22+02:00 da Laura Saggio

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