In 20 anni di utilizzo ripetuto su colture erbacee, i fanghi di depurazione hanno mostrato di poter effettivamente accrescere la fertilità del terreno. Ciò, in aggiunta ai buoni risultati produttivi ottenibili, rende questa pratica consigliabile, almeno a certe condizioni. In particolare, non oltrepassare la dose consentita dalla legge è apparso importante per i fanghi liquidi e disidratati.
Nello specifico si è visto che il compost prodotto dai fanghi di depurazione è in grado di massimizzare i risultati sulla fertilità del suolo senza danneggiare la qualità dei prodotti.
Paolo Mantovi del Crpa (Centro ricerche produzioni animali di Reggio Emilia) ha presentato, in febbraio, ad un convegno organizzato dal Consorzio italiano biogas (Cib), i risultati dello studio da lui seguito sull’utilizzo dei fanghi di depurazione come alternativa alle concimazioni minerali.
«Dal 1988 al 2009 sono state condotte dal Crpa, presso l’azienda agraria sperimentale “M. Marani” (Ra) delle prove agronomiche sull’utilizzo di fanghi digeriti, con la collaborazione del Dista dell’Università di Bologna» spiega Mantovi.
«Sono state somministrate 3 diverse tipologie di fango (liquido, disidratato, compostato), ognuna utilizzata a due diverse dosi 5 t/ha di s.s./ha/anno e 10 t/ha di s.s./ha/anno.
Sui campioni di terreno prelevati, sono stati determinati il pH, i contenuti di sostanza secca, di sostanza organica, di azoto totale, di fosforo, di potassio. In termini generali, il digestato agrozootecnico, rispetto ai fanghi digeriti presenta un minor contenuto di ceneri sulla sostanza secca, un tenore di fosforo più basso, mentre il rapporto carbonio-azoto non presenta differenze sostanziali».
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