Sei grandi sigle cooperative.
L’80% della produzione ortofrutticola comunitaria.
Insieme hanno condiviso alcune riflessioni sugli obiettivi fissati dalla Commissione nella strategia Farm to fork. In particolare l’obiettivo della riduzione del 50% entro il 2030 dei prodotti fitosanitari viene considerare troppo stringente perché potrebbe compromettere la redditività e anche la biodiversità di alcune colture: «È indispensabile uno studio d’impatto preventivo».
Un incontro digitale a Interpoma
La riflessione è emersa nel corso di un incontro realizzato assieme ad Assomela nella cornice di Interpoma Connects 2020 alla presenza degli europarlamentari Herbert Dorfmann e Paolo De Castro e della Direzione generale per l’agricoltura e sviluppo rurale (DG AGRI).
In questa occasione le organizzazioni agricole cooperative di Belgio, Francia, Germania, Italia, Spagna e Polonia hanno raggiunto e sottoscritto una posizione comune sulla strategia Farm to fork che contiene alcune riflessioni sulle possibili ricadute sulla competitività del comparto ortofrutticolo europeo derivanti dalla realizzazione dei principali obiettivi fissati dalla Commissione.
La lettera inviata a Bruxelles
Il documento condiviso è stato trasmesso ieri con una lettera ufficiale alla Commissione e al Parlamento UE, e ai Ministeri dei paesi coinvolti.
La posizione sottoscritta dalle sei sigle - che rappresentano oltre 1500 cooperative ed organizzazioni di produttori (OP) ortofrutticole per un fatturato di 20 miliardi di euro – mette nero su bianco alcune considerazioni riguardo alla strategia F2F, unitamente ad alcuni contributi e suggerimenti in vista della futura traduzione in atti normativi della strategia “green” voluta dalla Commissione.
Condivisione, con eccezioni
Le cooperative europee affermano di condividere e sostenere tutti gli obiettivi della Strategia Farm to fork, ricordando come da decenni esse siano già impegnate a ridurre l’utilizzo di fitofarmaci attraverso il ricorso a prodotti fitosanitari a basso profilo tossicologico, pratiche rispettose dell'ambiente e misure agroambientali co-finanziate dai Programmi Operativi.
«Siamo noi produttori – chiarisce Davide Vernocchi, coordinatore Ortofrutticolo di Alleanza Cooperative Agroalimentari - i primi a sostenere la necessità di ridurre l'uso della chimica per il semplice motivo che siamo di fatto i primi beneficiari di un ambiente più sostenibile, essendo il campo agricolo il nostro ambiente di lavoro».
Serve uno studio d’impatto preventivo
L’obiettivo di ridurre del 50% entro il 2030 l’utilizzo dei prodotti per la difesa delle colture delle piante potrebbe tuttavia compromettere - così sostengono le sei sigle - la redditività e la biodiversità di alcune colture ortofrutticole. È pertanto indispensabile uno studio d’impatto preventivo che vada a misurare la possibile ricaduta degli obiettivi fissati. Non solo: occorre tener presente, spiega ancora Vernocchi, che «la ricerca di metodi alternativi in materia di difesa delle colture è un processo molto lento, spesso ancora carente in termini di efficienza, di qui la necessità che venga rafforzato il ruolo della ricerca pubblica e dell'innovazione».
Allora serve reciprocità rispetto alle importazioni dai Paesi terzi
Nel documento congiunto viene tra le altre cose osservato come dovrebbero essere adottate nuove strategie e controlli sulle importazioni da Paesi terzi, affinché si possa disporre degli strumenti necessari per garantire che tutti i prodotti che entrano nella Ue e quindi competono nel mercato interno, soddisfino gli stessi requisiti ambientali, sociali e sanitari obbligatori per i prodotti europei.
Non c’è solo il bio
Una riflessione è dedicata anche alla produzione biologica, che secondo i firmatari del documento «non è l'unico metodo di produzione sostenibile, dal momento che vi sono anche la produzione integrata, il controllo biologico e gli schemi internazionali di sostenibilità. L’obiettivo inoltre di aumentare le coltivazioni biologiche dovrebbe essere ben bilanciato tra l'equilibrio del mercato e le possibili variazioni dei prezzi per il consumatore finale».
«Tutti i cambiamenti – si legge nelle pagine finali del documento - possono essere affrontati, ma a certe e fondamentali condizioni, che siano accessibili, realistiche ed eque».
Le sei centrali della cooperazione
Le sigle che hanno elaborato il documento rappresentano le cooperative ortofrutticole di Belgio (VBT), Italia (Alleanza Cooperative Agroalimentari), Germania (BVEO e DRV), Polonia (KZGP0iW), Francia (Felcoop) e Spagna (Cooperativas Agroalimentarias de Espana).