Il costo delle materie prime alimentari, la quantità e la qualità del prodotto realizzato. Sono questi i parametri a cui si fa riferimento quando si vuole ottimizzare la razione alimentare delle bovine da latte. Ma siamo sicuri di non dimenticare qualcosa? Secondo Carlo Cosentino, docente di Zootecnia sostenibile presso la Scuola di Scienze agrarie, forestali, alimentari ed ambientali – SAFE – dell’Università degli Studi della Basilicata, ci stiamo dimenticando di considerare un parametro di rilevante importanza, ovvero il peso/costo dell’impronta idrica derivante dalla razione alimentare. «L’impronta idrica (Water Footprint, Wfp) - che è un indicatore del consumo di acqua dolce che include sia l’uso diretto che indiretto di acqua da parte di un consumatore o di un produttore - è un concetto che oggi è recepito principalmente a livello sperimentale e/o divulgativo e non risulta essere applicato nell’impostazione delle razioni alimentari zootecniche – ha spiegato Cosentino –. Ma considerando che il settore agricolo incide per il 92% sulla risorsa idrica mondiale e, che circa il 29% di questo è rappresentato dal solo comparto zootecnico, si deduce che la razionalizzazione della risorsa idrica, il contenimento e il riuso della stessa in zootecnia sono elementi di fondamentale importanza soprattutto in quelle regioni italiane in cui l’acqua è un fattore limitante per lo sviluppo sociale ed economico. Inserire il Wfp nel processo produttivo del latte qualificherebbe le produzioni del Sud Italia».
Una valutazione quella del docente lucano, messa a punto insieme al suo gruppo di lavoro, che si è meritata il terzo posto al “Concorso di idee per l’innovazione nell’agricoltura del sud” tenutosi mercoledì 17 maggio a Bari durante il convegno “Innovazione e conoscenza nello sviluppo rurale: a che punto siamo” organizzato da Rete rurale, Mipaaf e Crea e di cui Terra è vita e Nova Agricoltura sono stati media partner. Clicca qui per vedere un breve filmato che spiega la ricerca
L’obiettivo da perseguire
Lo scopo principale della proposta: ridurre il Water Footprint nel processo di produzione latte e ottenere una filiera più sostenibile dal punto di vista ambientale. «Questo metodo di valutazione e quindi di proposta, di materie prime alternative e a basso Wfp – ha affermato Cosentino - è finalizzato a ottenere produzioni che siano nel contempo efficienti dal punto di vista tecnico/economico/quanti-qualitativo ma con il plus del valore ambientale a parità di quantità e qualità».
Cosa è stato fatto
«Pochi sono a oggi gli studi che hanno computato la possibile riduzione dell'impronta idrica apportando sostituzioni di materia prima nelle razioni alimentari zootecniche – ha affermato il docente lucano -. Una prova pilota da noi svolta evidenzia la possibilità di ottenere, a parità di quantità e qualità, produzioni di latte maggiormente sostenibili. I dati raccolti e analizzati sono stati validati e oggetto di un lavoro recentemente pubblicato sulla rivista Emirates Journal of Food and Agriculture; reperibile al seguente link: http://www.scopemed.org/fulltextpdf.php?mno=184425».
La prova pilota evidenzia la facilità di impiego di questa innovazione di processo produttivo che permette di promuovere la salvaguardia ambientale e di reagire positivamente al cambiamento climatico valorizzando lo sviluppo locale.
«Le operazioni aziendali – ha continuato Cosentino – necessitano infatti, di semplici cambiamenti organizzativi, minime differenze di costo e un cambio di scelte gestionali tese all'efficienza dell’uso della risorsa idrica. Nello specifico, la nostra proposta si fonda su una prova pilota condotta in Basilicata, che ha confrontato due gruppi omogenei di bovine da latte in produzione, la cui razione alimentare prevedeva, rispettivamente, l’uso di insilato di mais (standard feeding) e di insilato di triticale (alternative feeding) come base della razione alimentare. Il monitoraggio è stato effettuato verificando in maniera puntuale i consumi dell’acqua: di abbeverata, per la miscelazione degli alimenti, per il lavaggio degli ambienti di allevamento. Infine, è stata stimata l’impronta idrica relativa alla produzione dei singoli alimenti formanti la razione alimentare delle vacche in produzione. Si è dimostrato come l’uso dell’insilato di triticale in sostituzione a quello di mais comporti un significativo risparmio idrico. Scendendo nel particolare – ha proseguito - è emerso come il gruppo che utilizza insilato di mais ha fatto registrare un’impronta idrica di 501 litri di acqua per litro di latte prodotto nel periodo di prova (619 litri/kg di latte se rapportato all’intera lattazione di 305 giorni) a fronte dei 436 litri di acqua per kg di latte prodotto (542 litri se rapportato all’intera lattazione) del corrispettivo gruppo in prova la cui base foraggera della razione alimentare era l’insilato di triticale. Rapportando tali risultati all’intera lattazione si evidenzia una differenza complessiva di circa 2.600 litri di acqua/vacca/giorno tra i due gruppi a confronto. Tale dato evidenzia quanto il solo cambio della razione alimentare possa aumentare in maniera significativa l’efficienza nell’utilizzo della risorsa idrica».
A chi si rivolge la proposta
«Ottenere un prodotto di largo consumo a minore impatto ed evidenziandolo in etichetta – ha concluso Cosentino – identificherebbe inequivocabilmente la produzione aumentandone l'appeal verso i consumatori ormai sempre più attenti nell'acquistare prodotti ottenuti con processi sostenibili. La proposta è applicabile nell'immediato in tutti gli allevamenti di bovine da latte che utilizzano come base alimentare dell'unifeed l'insilato di mais. In particolare sarebbe auspicabile l'applicazione all'interno di una intera cooperativa e/o filiera conferente a un’unica centrale latte che, ad avvenuta introduzione del nuovo processo produttivo da parte di tutte le aziende aderenti, etichetti il latte "a basso impatto idrico" evidenziandone il "risparmio e il minore impatto ambientale". I territori interessati ricadono principalmente nelle regioni del Sud Italia in quanto sistematicamente sono le aree in cui avvengono più frequentemente periodi di emergenza idrica che compromettono le produzioni di mais da insilato. Questa introduzione di innovazione di processo produttivo, tale da consentire la produzione di latte a minore impatto idrico, è rivolto inoltre a tutti i consumatori e in particolare a quel target di shopper definiti Lohas (Lifestyle of Health and Sustainability - in questo segmento sono definiti i consumatori che hanno un livello di istruzione medio-alto, forte propensione all’acquisto e preferenza per prodotti realizzati con processi-sostanze naturali e di basso impatto ambientale)».
Water Footprint. Alimentazione con insilato di mais a confronto con alimentazione con insilato di triticale | |||||
Gruppi | WF indiretto | WF diretto | |||
WF Feed (stimata) |
WF Feed Mixing (osservata) | WF Drinking (osservata) | WF Service (osservata) | WF Media (l/day/capo) | |
Alimentazione con insilato di mais | 17.630 | 2,5 | 90 | 1.440 | 19.163 |
Alimentazione con insilato triticale | 15.020 | 3,5 | 90 | 1.440 | 16.554 |
Nota: WF feed = impronta idrica relativa alla produzione dei singoli alimenti formanti la razione alimentare; WF feed mixing = impronta idrica relativa alla miscelazione degli alimenti; WF drinking = impronta idrica relativa all’abbeverata; WF service = impronta idrica relativa al lavaggio degli ambienti di allevamento. |
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Fonte: Emirates Journal of Food and Agriculture. Low vs high “water footprint assessment” diet in milk production: A comparison between triticale and corn silage based diets. C. Cosentino et al. 2015. |
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