Rese in granella superiori dal 5,6 al 24,5% rispetto agli ibridi convenzionali, con concentrazioni inferiori di micotossine del 28,8%, fumonisina del 30,6% e tricoteceni del 36,5%. Ma anche minore incidenza della diabrotica dell'89,7%. Inoltre, non c’è nessuna evidenza di rischio per la salute umana, animale o per l'ambiente. Questo il verdetto sul mais Ogm emesso da una ricerca che ha raccolto dati relativi a 21 anni di coltivazioni in tutto il mondo. Pubblicato sulla rivista Scientific Reports e coordinato dall’Italia, con l’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna e dell’Università di Pisa, lo studio è il primo ad analizzare le ricerche condotte in pieno campo tra il 1996, anno di inizio della coltivazione del mais transgenico, e il 2016. I dati provengono da Stati Uniti, Europa, Sud America, Asia, Africa, Australia. Per mancanza di bibliografia (sull'argomento esiste solo una ricerca: Accinelli, C., Abbas, H. K., Vicari, A. & Shier, W. T. Aflatoxin contamination of corn under different agro-environmental conditions and biocontrol applications. Crop Protection 63, 9-14, 2014), non è stato possibile per gli studiosi valutare l’effetto (Ogm) sul contenuto in aflatossine.
Nessuna controindicazione
«Questa analisi fornisce una sintesi efficace su un problema specifico molto discusso pubblicamente», ha detto la coordinatrice della ricerca, Laura Ercoli, docente di Agronomia e Coltivazioni Erbacee all'Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant'Anna. Con lei hanno lavorato Elisa Pellegrino, Stefano Bedini e Marco Nuti.
Tutti gli autori rilevano che lo studio ha riguardato esclusivamente l'elaborazione rigorosa dei dati scientifici e non l'interpretazione politica dei medesimi e ritengono che i dati appena pubblicati permettano di trarre conclusioni univoche, aiutando ad aumentare la fiducia del pubblico nei confronti del cibo prodotto con piante geneticamente modificate. Dall'analisi di 11.699 dati raccolti in ricerche condotte in pieno campo negli Stati Uniti, in Europa, Sud America, Asia, Africa e Australia e contenuti in articoli di riviste scientifiche accreditate, è emerso che le colture di mais transgenico hanno una resa superiore dal 5,6 al 24,5%, aiutano a ridurre gli insetti dannosi per i raccolti e hanno percentuali inferiori di contaminanti pericolosi negli alimenti, come micotossine (-28,8%) e fumonisine (-30,6%). Inoltre, le varietà transgeniche non hanno effetto sugli organismi non-target (cioè non bersagli della modificazione genetica), tranne la naturale diminuzione del “Braconide parassitoide” dell’insetto dannoso target “Ostrinia nubilalis”. Non sono state rilevate alterazioni dei cicli biogeochimici come contenuto di lignina negli stocchi e nelle foglie, perdite di peso della biomassa, emissione di CO2 dal suolo.
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Gli Ogm nel mondo: centuplicati in 20 anni
Quelle Ogm sono le colture che il mondo agricolo ha adottato rapidamente: dal milione e mezzo di ettari del 1996 ai 185,1 milioni di ettari nel 2016, pari al 12% delle coltivazioni; di queste oltre la metà (54%) si trova nei Paesi in via di sviluppo. Il mais considerato nello studio è una delle quattro principali colture, accanto a soia, colza e cotone, che sono state modificate in modo da resistere a erbicidi (95,9 milioni di ettari, pari al 53%), insetti (25,2 milioni di ettari, pari al 14%) e per avere entrambe le funzioni (58,5 milioni di ettari, 33%). Rispetto al 2015 c'è stato un aumento di 5,4 milioni di ettari (3%), secondo un documento pubblicato sulla rivista GMO Crops & Food, da Rhodora R. Aldemita e Randy A. Hautea, dell’International Service for the Acquisition of Agri-Biotech Applications (Isaaa).
«Si tratta dell’area più estesa destinata alla coltivazione di colture biotecnologiche dal loro primo anno di commercializzazione, nel 1996, quando la superficie complessiva era pari a appena 1,7 milioni di ettari - ha dichiarato il coordinatore globale della Isaaa Hautea - nel rapporto annuale dell’organizzazione. Nell’arco di 21 anni c'è stato un incremento di 110 volte, che fa delle colture Ogm la tecnologia agricola adottata più rapidamente negli ultimi tempi».
Gli Ogm si coltivano in 26 stati, di cui 19 in via di sviluppo. Brasile, Stati Uniti, Canada, Sudafrica, Australia, Bolivia, Filippine, Spagna, Vietnam, Bangladesh, Colombia, Honduras, Cile, Sudan, Slovacchia, e Costa Rica hanno tutti aumentato la quantità di terra destinata alla coltivazione di colture geneticamente modificate, mentre Cina, India, Argentina, Paraguay, Uruguay, Messico, Portogallo, e Repubblica Ceca hanno diminuito l’area coltivata. Il Pakistan e il Myanmar non hanno registrato alcun cambiamento.
I ricercatori hanno attribuito gli aumenti e i cali della superficie destinata alla coltivazione di colture biotech all’accettazione e alla commercializzazione di nuovi prodotti, all’aumento della domanda di carne e di mangimi, al consumo di etanolo, alle condizioni meteorologiche, ai prezzi del mercato globale, alla pressione esercitata da malattie e parassiti, e alle politiche adottate dai governi, che consentono l’utilizzo delle biotecnologie. Gli Stati Uniti sono il principale produttore di colture Ogm, seguiti dal Brasile, dove il 93,4% di tutta la soia, il mais e il cotone è transgenico. Inoltre, Brasilia sta sviluppando varietà geneticamente modificate di fagioli, canna da zucchero, patate, papaya, riso e agrumi.
L’Argentina è il terzo maggior produttore, e coltiva soia, mais e cotone. Recentemente, ha approvato una patata resistente a determinate malattie, sviluppata da un ricercatore argentino. I ricercatori stanno, inoltre, lavorando su un tipo di frumento resistente alla siccità, e su una varietà di canna da zucchero in grado di tollerare gli erbicidi. Il Canada è il quarto maggior produttore, e coltiva colza, soia, mais e canna da zucchero Ogm. Di recente, ha approvato la commercializzazione della mela Arctic, che non annerisce dopo il taglio, della seconda generazione di patate InnateTM contenenti quattro caratteristiche, e di una nuova varietà di soia resistente agli erbicidi. Nelle Filippine, l’adozione del mais sviluppato geneticamente ha registrato un aumento del 65%, rispetto allo scorso anno, con i piccoli produttori agricoli che scelgono varietà resistenti agli erbicidi e alla siccità. Esperimenti su piccola scala vanno avanti per quanto riguarda la melanzana Bt, la papaya resistente ai virus, il cotone Bt, e il riso dorato.
All’interno dell’Unione europea solo quattro paesi hanno piantato colture modificate geneticamente, guidati dalla Spagna, alla quale si sono aggiunti Portogallo, Slovacchia e Repubblica Ceca. Nonostante il mais resistente agli insetti sia l’unica coltura sviluppata geneticamente la cui coltivazione è stata approvata dall’Ue, la superficie destinata alla produzione di questa coltura ha registrato un aumento del 17%, tra il 2015 e il 2016.
L’India resta il principale produttore mondiale di cotone, il 96% del quale è Ogm, con una caratteristica che lo rende resistente agli insetti. Tuttavia, per la prima volta in 14 anni, si è registrata una leggera contrazione della quantità di terra destinata alla coltivazione di cotone transgenico. È stata, inoltre, approvata la sperimentazione di ceci, riso, cotone, mais, canna da zucchero e brinjal biotecnologici, mentre l’adozione della mostarda geneticamente modificata è bloccata, a causa della ferma opposizione degli attivisti.
Coldiretti: 7 italiani su 10 non vogliono gli Ogm nel piatto
«Quasi 7 cittadini su 10, il 69%, considerano gli alimenti con organismi geneticamente modificati meno salutari di quelli tradizionali, mentre l'81% non mangerebbe mai carne e latte proveniente da animali clonati o modificati geneticamente», sottolinea Coldiretti sulla base di una propria indagine realizzata con Ixè e diffusa in occasione della pubblicazione dei risultati di una ricerca sul mais Ogm. «Mentre continua il dibattito scientifico, i pareri dei cittadini restano fortemente diffidenti agli organismi geneticamente modificati nel piatto in italia ed anche in europa - evidenzia la confederazione - lo dimostra il fatto che sono rimasti solo due paesi a seminare Ogm nel vecchio continente dove si registra un ulteriore calo della superficie coltivata del 4,3% secondo l'analisi Infogm. La superficie europea coltivata a transgenico nel 2017 risulta, infatti, pari ad appena 130.571 ettari rispetto ai 136.338 dell'anno precedente, con le colture biotech che sopravvivono nell'Unione europea solo in Spagna e Portogallo, dove tuttavia si registra una riduzione delle semine del mais mon810, l'unico coltivato; anche Repubblica Ceca e Slovacchia hanno infatti abbandonato la coltivazione e si sono aggiunte alla lunga lista di paesi 'ogm free' dell'unione europea - prosegue Coldiretti - le scelte degli agricoltori europei sono la dimostrazione concreta della mancanza di convenienza nella coltivazione Ogm nonostante le proprietà miracolistiche propagandate dalle multinazionali che ne detengono i diritti. Per l'italia - conclude l'associazione presieduta da Roberto Moncalvo - gli organismi geneticamente modificati in agricoltura non pongono solo seri problemi di sicurezza ambientale, ma soprattutto perseguono un modello di sviluppo che è il grande alleato dell'omologazione e il grande nemico del made in Italy».
Cia: il futuro è nel genome editing
«Lo studio della rivista Scientific Reports in realtà non aggiunge nulla di nuovo ad altre ricerche sul tema già pubblicate negli ultimi anni». Così la Cia-Agricoltori Italiani, che sottolinea come sugli Ogm non ha mai avuto una posizione ideologica.
«Bisogna tutelare, però, quelle che sono le esigenze peculiari delle produzioni tipiche dei territori agricoli italiani e scongiurare ripercussioni sui consumi legate alla comunicazione commerciale di queste tematiche. Parlare solo di Ogm, comunque, vorrebbe dire continuare a concentrare l’attenzione su una tecnologia sempre più datata -continua la Cia - sottovalutando la cisgenetica, nuova frontiera della ricerca, per un’agricoltura più sostenibile dal punto di vista ambientale e della sicurezza alimentare. È in questa direzione che si devono concentrare gli investimenti se si vogliono tutelare consumatori e agricoltori.
Le nuove opportunità offerte dalla ricerca vegetale sono straordinarie. Il genome editing o editing genomico, per esempio, è un metodo che permette di selezionare caratteristiche migliorative delle piante senza introdurre tratti estranei alla pianta stessa, come avviene invece per gli Ogm. Questa tecnologia sembra cucita proprio sull’agricoltura italiana: la selezione delle piante, con questa metodologia, non intacca né la qualità né la tipicità delle nostre produzioni e delle nostre varietà locali, perché al di là del carattere desiderato non tocca null’altro del genoma della pianta».
Confagricoltura: su Ogm serve approccio laico
Orgoglio, aspettativa e voglia di competizione. Queste le parole del presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti ai risultati della ricerca italiana sul mais Ogm. «Orgoglio, per i nostri ricercatori, che nonostante tutto sono tra i migliori al mondo - ha sottolineato Giansanti - ma del tutto bloccati, nella sperimentazione, nel nostro Paese. Abbiamo sempre sostenuto che, sugli Ogm, serve un approccio laico e aperto e comunque la scienza deve essere lasciata libera di studiare e sperimentare; l'assenza di ricerca diminuisce la capacità di innovazione delle imprese e ne deprime i risultati produttivi ed economici. Aspettativa perché lo scorso anno la superficie italiana coltivata a mais ha toccato un nuovo minimo storico - ha ricordato il presidente - la produzione maidicola nazionale è scesa al di sotto dei 6 milioni di tonnellate, il volume più basso degli ultimi venticinque anni; di contro, le importazioni di mais stanno crescendo a doppia cifra percentuale e supereranno quest'anno in valore i 900 milioni di euro. Un bel peso per la bilancia commerciale italiana; e questo anche grazie agli Ogm altrove utilizzati da più di due decenni e da noi bloccati del tutto. Competizione perché finora ci siamo trovati a misurarci sul mercato mondiale senza gli stessi strumenti della concorrenza, in condizioni già di per sé penalizzanti; vent'anni di divieti hanno portato a perdite consistenti nelle rese e nel reddito degli agricoltori italiani; si calcolano più di 125 milioni di euro all'anno di mancato guadagno - ha aggiunto Giansanti - non saremo mai per 'no' ideologici, ma sempre per il dibattito, il confronto, su sviluppo e ricerca e ci battiamo per un'agricoltura che veda riconosciuto il suo ruolo trainante nella nostra economia e che solo con l'innovazione potrà essere competitiva a livello globale».