Il recupero degli ulivi abbandonati di Capri

    L'oro di Capri
    Ventimila piante risucchiate dalla macchia dopo l’abbandono degli agricoltori. L’associazione “L’oro di Capri” di Angelo Lo Conte vuole recuperarli assieme al Cnr

    Angelo Lo Conte, agronomo irpino, è il direttore tecnico di un importante processo di recupero dell’identità e della tradizione rurale di Anacapri.

    Da circa 10 anni, infatti, affianca l’associazione “L’oro di Capri” composta da 56 soci, tra albergatori e proprietari terrieri che hanno deciso di recuperare e rimettere in produzione un antico e prezioso patrimonio colturale dell’isola. I vecchi uliveti tappezzano un territorio che si estende dalla Grotta Azzurra fino al faro, con piante secolari e millenarie.

    Il lato agricolo dell’isola

    Angelo Lo Conte

    Il lavoro è iniziato nel 2014 con un percorso di recupero di tutte le piante abbandonate, circa 20 mila in tutto, e altrettante saranno recuperate nei prossimi tre anni, “Per poi stabilire la nuova rotta e gli obiettivi dell’associazione stessa” come ha puntualizzato l’agronomo.

    L’ambizioso progetto messo in campo dal Cnr, imprenditori, agricoltori e appassionati, vuole ripristinare il versante agricolo dell’isola di Capri, che per millenni ha vissuto con due facce, complementari e speculari tra di loro: i pescatori e i contadini, che da sempre si sono assicurati sussistenza barattando i loro prodotti.

    Fuori dalla macchia

    Il forte impulso all’industria turistica esplosa negli anni ’60 che ha fatto di Capri la meta vacanziera del sogno italiano celebrata in tutto il mondo ha sacrificato l’agricoltura.

    I contadini sono diventati baristi, ristoratori, operatori del terziario e del commercio. Contemporaneamente la macchia mediterranea ha risucchiato gli olivi, comportando uno stravolgimento paesaggistico.

    Oggi l’obiettivo dell’associazione “L’oro di Capri” è quello di ricostruire l’armonia della convivenza tra uliveti e le piante di macchia. “Vogliamo riequilibrare la presenza delle piante di olivo con quelle del mirto, dell’euforbia, il lentisco, l’alaterno, la ginestra, carrube, l’erica e il ginepro” spiega Lo Conte.

    Un progetto di formazione e comunicazione

    Oltre al recupero dell’identità materiale, che coinvolge centinaia di lavoratori e uno sforzo importante di convergenze operative e scientifiche, i pionieri dell’oro di capri lavorano anche alla costruzione dell’identità immateriale. “Lavoriamo sul fronte della sensibilizzazione culturale del processo che stiamo ricostruendo e dialoghiamo in particolar modo con le scuole” aggiunge. “Invitiamo gli studenti a visitare gli uliveti e a conoscere le attività che portiamo avanti; oltre che a scoprire la tradizione della coltivazione delle olive”.

    Altro aspetto innovativo consiste nel coinvolgimento delle neo mamme. “Grazie ad un progetto che si chiama “Mamma Evo”, proponiamo attività di formazione e informazione sull’utilizzo dell’olio, a partire dai cento giorni dal concepimento del nascituro. Regaliamo un libro per illustrare la qualità e le proprietà dell’olio che si produce, con tutti gli effetti benefici per le mamme e i bambini, soprattutto nel periodo della gravidanza”.

    Il ruolo del Cnr

    Oltre alle attività di divulgazione e informazione per attivare un processo di valorizzazione condiviso e dal basso, l’associazione investe molto nella ricerca. “In questo processo sono coinvolte due università e il Cnr, per studiare le caratterizzazioni genetiche del prodotto, e che dovranno anche certificarne l’unicità, non la tipicità” puntualizza il direttore tecnico.

    L’attività di recupero ha consentito anche di scandagliare le unicità genetiche di alcune piante: “Abbiamo olivi esemplari che sono stati già catalogati, e grazie ad una ricerca universitaria stiamo rilevando le caratteristiche sensoriali e nutrizionali per i marcatori. A livello qualitativo l’olio che si produce è il top di gamma, infatti le campionature vengono inviate a concorsi prestigiosi e di livello internazionale” spiega Lo Conte.

    Sull’isola non c’è un frantoio attivo e i lavoranti trasferiscono il raccolto in Cilento, dove viene affidato ad un macchinario che è una avanguardia mondiale, in grado di implementare le migliori tecnologie ed estrarre olio di grande qualità. “Il titolare del frantoio è uno scienziato della fluidodinamica e ci affidiamo a lui, anche se l’obiettivo dell’associazione è quello di dotarsi di un frantoio sull’isola”.

    Attualmente solo un quarto della produzione dell’oro di Capri è in commercio, mentre la maggior parte dell’olio viene utilizzato in progettualità della zona, soprattutto da parte di ristoranti del posto che lo legano alla tipicità di alcune pietanze, e per la ricerca. “Una bottiglia da 250 ml costa 18 euro sul mercato, e il prezzo di vendita mediamente non copre i costi di produzione” aggiunge. “Il nostro obiettivo non è commerciale, ma guarda al recupero del paesaggio olivicolo. Basti pensare che i soci dell’associazione si sono caricati il peso di un investimento importante per recuperare una biodiversità unica al mondo, senza incassare nulla. Al momento il guadagno che entra viene reinvestito per l’acquisto di attrezzature che vengono date ai soci gratuitamente, oppure vengono investite in iniziative culturali e di formazione”.

    Il direttore spiega che l’associazione è composta in larga maggioranza dai proprietari degli uliveti e appena 5 aziende agricole. Altri sono albergatori e professionisti, 54 in tutto, che hanno dato mandato ad un gruppo tecnico per guidare il percorso di recupero di una tradizione rurale millenaria. Angelo Lo Conte infatti si occupa della direzione tecnica e dell’organizzazione delle squadre di lavoro e della manodopera. “In questo progetto non c’è alcuna meccanizzazione: i terreni su cui lavoriamo sono tutti terrazzati e i nostri lavoranti svolgono tutto a mano, incluso il trasporto delle cassette. La nostra manodopera è specializzata e spalma ricadute economiche importanti ad Anacapri. Senza contare che molti professionisti arrivano da fuori. Di certo, il nostro lavoro di recupero è stato calendarizzato fino al 2025. Lavoreremo intensamente per recuperare gli uliveti abbandonati, poi si vedrà quale sarà il passo successivo” conclude.

    Il recupero degli ulivi abbandonati di Capri - Ultima modifica: 2023-03-10T10:52:18+01:00 da Lorenzo Tosi

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