Sgomita e si fa spazio tra vigneti di Glera e Ribolla gialla sempre più fitti. L’olivo friulano e soprattutto giuliano ha per ora piccoli numeri, ma in decisa crescita (+5% all’anno). Merito forse del cambiamento climatico, che però negli ultimi anni sta un po’ “tradendo” visti i ritorni di freddo primaverili, causando una forte alternanza delle produzioni.
L’altalena delle rese
Nel biennio 2016-2017, la produzione di olive e di olio ha avuto infatti un andamento decisamente alterno: nel 2016 sono stati prodotti circa 15-16.000 q di olive pari a 2.000 q di olio (tutto di categoria extravergine di oliva). Nel 2017 la produzione è calata a 10.000 q di olive pari a 1.200 q di olio. Un divario determinato da vari fattori, compreso il fatto che nel 2017 c'è stato un inverno particolarmente freddo (temperature minime, in alcune località, scese anche a -14 °C). Ma è stata la siccità invernale e primaverile a stressare le piante provocando una ridotta allegagione della seppur abbondante fioritura. Quest’alternanza di produzione si è manifestata soprattutto nelle aree più esposte al freddo di tutta la regione (risultate stranamente anche le più siccitose nei mesi di gennaio, febbraio, marzo e aprile del 2017).
La Dop Tergeste e la resistenza della Bianchera
A riprova di questo, dei 10.000 q di olive prodotte nel 2017, 8.000 q sono stati raccolti nella sola provincia di Trieste che, notoriamente, ha un clima più mite e dove si coltiva la varietà autoctona Bianchera (che entra almeno per il 30% nel blend previsto per il confezionamento del Tergeste, l’unica Dop dell’olio regionale, riconosciuta nel 2004, con 13 produttori certificati), abbastanza resistente agli sbalzi termici. Anche la fredda primavera del 2018 ha creato non poca preoccupazione fra gli agricoltori, ma il freddo è stato meno intenso e di più breve durata. L’annata 2018, perciò, ha avuto un andamento simile a quella del 2016 sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo (si sono verificati pochissimi attacchi di mosca olearia in Friuli, mentre nella ex provincia di Trieste la mosca ha fatto alcuni danni alle drupe).
Cascole indotte dalla cimice
Purtroppo, è venuta a mancare tutta la produzione degli oliveti della pianura friulana e quella della collina di San Daniele, per un totale di 60-80 ettari. La causa? La famigerata cimice marmorata asiatica (Halyomorpha halys) che, non solo ha gravemente danneggiato le mele, le pere e la frutta in generale, ma anche le olive, attaccando i germogli e provocando, conseguentemente, la cascola delle drupe.
E quest’anno quanto incide la pioggia insistente di maggio?
«Per questa primavera, segnaliamo che tutta la vegetazione è in ritardo», dice Erik Starec, giovane olivicoltore della Tergeste Dop a San Dorligo della Valle. Un produttore con 7 ettari di oliveto, compreso 1,5 ettari intensivi, a dimora dal 2005. «La colpa è dell’andamento freddo e piovoso del mese di maggio, il periodo della fioritura. Questo andamento stagionale non è usuale dalle nostre parti – prosegue -, ma non si segnalano danni particolari allo sviluppo vegetativo. Confidiamo che, con l’arrivo del caldo, tutto rientri nella norma».
Tutto (o quasi) extravergine
L’olio prodotto in regione è, per il 95%, di categoria extravergine di oliva alla fonte. Si aggiunga che il 50% dell’olio prodotto è destinato al consumo familiare mentre il resto viene confezionato e venduto sia direttamente in azienda (per la maggior parte), che tramite adeguate strutture commerciali, prevalentemente in Italia, ma anche all’estero: Gran Bretagna, Usa, nel resto d'Europa, sino all'Estremo Oriente. I prezzi di vendita sono medio - alti: tra i 15 e i 20 euro al litro.
Le cifre del settore
In Friuli Venezia Giulia ci sono solo poco più di 600 ettari in coltivazione a olivo, di cui 450 in piena produzione. Il tasso attuale di crescita è però pari a 30-40 ettari all’anno. Presente in regione fin dall’epoca degli antichi Romani, l’olivo è così diventata, dopo il melo e l’actinidia (vite esclusa), la coltura da frutto più diffusa nel territorio.
Sono circa 1.000 le aziende interessate a questa coltivazione, in genere di piccole dimensioni (50 – 100 piante) per una produzione a uso famigliare, con alcune invece, più grandi, di 10 - 18 ettari. Sono una decina le aziende che hanno adottato il metodo biologico di coltivazione per complessivi 30 ettari. Tutte le altre aziende utilizzano la difesa integrata. Le coltivazioni sono posizionate prevalentemente in collina anche se, negli ultimi anni, si stanno diffondendo pure nella pianura friulana. I migliori risultati con meno rischi - dati soprattutto dalle gelate - si ottengono negli appezzamenti delle colline triestine di Muggia e di San Dorligo della Valle; nella zona del Collio, nella ex provincia di Gorizia; in quelli dei Colli Orientali; sulle colline moreniche di San Daniele del Friuli e nella Pedemontana pordenonese.
Pochi frantoi
I frantoi regionali autorizzati per molire le olive per conto terzi sono: 2 a Trieste, di cui uno con una capacità di lavorazione di 25 q/ora, e 3 in provincia di Udine, uno dei quali in dotazione all’Istituto Tecnico Agrario “Paolino d’Aquileia”, di Cividale del Friuli. A Pordenone non sono operativi frantoi “pubblici” autorizzati e, di conseguenza, le olive vengono portate a molire nella vicina provincia di Treviso. Oltre a questi, si rileva la presenza di una ventina di frantoi di proprietà aziendale. In Friuli VG le aziende che confezionano e vendono le bottiglie di olio extravergine di oliva sono circa 60.