La risicoltura uruguaiana non prevede sussidi

    Aziende specializzate e di grandi dimensioni con ridotti costi produttivi. Forte dipendenza dalle riserie ma filiera compatta. Parallelismi con la realtà italiana

    Con una superficie di 176.215 km2 e una popolazione di 3,5 milioni di abitanti, l’Uruguay è il Paese più piccolo dell’America del Sud. L’intero territorio corrisponde, come quello Italiano, alla zona climatica temperata, ma trovandosi nell’emisfero opposto. Pertanto, la semina del riso avviene tra la fine di settembre e l’inizio di novembre e la raccolta inizia nel mese di marzo.

    Il territorio uruguaiano è caratterizzato principalmente da pascoli naturali (70%), con terreni spesso dotati di uno strato attivo sottile che non li rende adatti alle lavorazioni profonde. La restante parte è dedicata a seminativi (10–15%), foreste (5%) e foraggere (10–15%).

    Il riso è sempre coltivato in rotazione, con un periodo di monocoltura che deve essere, per legge, di al massimo 3 anni. La rotazione più frequente è composta da 2 anni di riso e 3 di pascolo, ma spesso vengono adottate delle varianti che includono altre colture come soia e sorgo.

    Tra i primi dieci esportatori

    Nonostante la sua ridotta superficie, l’Uruguay è tra i primi 10 Paesi esportatori di riso. L’export, da cui dipende il sistema produttivo del Paese, rappresenta il 95% della produzione totale e costituisce il 3% del mercato di esportazione di riso bianco del mondo.

    È importante ricordare che l’Uruguay ha un sistema senza sussidi a favore degli agricoltori e il guadagno dipende quindi solamente dalla produzione.

    Il comparto agro-industriale è concentrato in poche realtà private. Il 90% di esse è rappresentato dall’associazione GMA (Gremial de Molinos Arroceros). Anche l’85% degli agricoltori fa parte di un’associazione di rappresentanza: l’ACA (Asociacion Cultivadores de Arroz).

    La filiera

    Gli agricoltori, che nella maggior parte dei casi non possiedono silos ed essiccatoi, provvedono alla produzione del risone, poi le riserie si occupano dell’essicazione, dello stoccaggio, della trasformazione e della vendita del riso bianco. Il prezzo del risone viene definito nel corso dell’anno in base al mercato internazionale e attraverso il confronto tra ACA e GMA. Gli attori di queste due associazioni stipulano contratti che vincolano ambo le parti a rispettare diverse clausole. Tra queste, le più importanti a carico dei produttori, sono l’impiego di semente certificata e il divieto di utilizzo dei prodotti chimici i cui residui non sono ammessi dai Paesi importatori. L’industria è tenuta invece ad acquistare tutto il prodotto rispettandone il prezzo convenuto. L’industria fornisce al produttore l’assistenza tecnica ed è garante dei contratti di affitto e acquisto dell’acqua del produttore.

    Le riserie

    La riseria è anche la figura che vende la semente e che influisce sulla scelta delle varietà da seminare e delle superfici. Le varietà speciali, come alcuni Lunghi A, ricevono un premio maggiore del prezzo di base concordato fino al 65% per Carnaroli, per compensare il minor potenziale produttivo.

    Molte riserie possiedono invasi di acqua propri, per cui gli agricoltori pagano un costo a ettaro. A inizio stagione, agricoltori, riserie e ricercatori organizzano delle riunioni per pianificare la superficie da seminare a riso sulla base dell’acqua disponibile. All’inizio della campagna 2022-2023 l’invaso gestito dalla riseria Saman, che ha una capacità di irrigazione massima di 3000 ha, aveva una disponibilità di acqua ridotta del 30% rispetto alla capienza massima. Gli agricoltori a cui distribuiscono acqua hanno seminato ognuno il 30% in meno di superficie.

    La coltivazione

    La resa media nazionale attuale è di 9 t/ha e in alcuni casi le produzioni arrivano a 11-12 t/ha, ma il potenziale produttivo di alcune varietà stimato dall’INIA e già ottenuto in alcuni campi sperimentali è di 14-15 t/ha.

    L’80% delle varietà coltivate attualmente è stato costituito dall’INIA, l’istituto Nazionale di Ricerca in Agricoltura, che si occupa della moltiplicazione della semente base e che subisce i controlli sulla purezza e la sanità da un Ente certificatore esterno.

    Le varietà coltivate sono poche, soprattutto di tipo lungo B, anche se ultimamente il panorama sta cambiando a favore dell’apertura di alcuni mercati per le varietà speciali, come Carnaroli, Carnise, Baldo e Perla, destinate ai mercati Europeo e Turco. Dal 2012 è stata introdotta anche la tecnologia Clearfield®, che continua ad interessare superfici contenute.

    Data l’economicità della semente e l’elevato potenziale produttivo delle varietà coltivate, l’impiego di ibridi resta al di sotto del 10%.

    La tecnica di produzione

    Le aziende risicole in questo Paese sono altamente specializzate e di grandi dimensioni. Analogamente a quanto avviene in Italia, il suolo viene livellato e successivamente, attraverso sistemi laser o RTK si costruiscono degli avvallamenti (taipas) lungo le linee di livello, ogni 3-4 cm di differenza di dislivello, che permettono il controllo e la gestione dell’irrigazione. La semina avviene su sodo o con minima lavorazione, prima o dopo la costruzione delle taipas.

    L’acqua viene prevalentemente pompata e arriva per il 40% da fonti naturali e per il 60% da invasi artificiali.

    Il controllo delle erbe infestanti è caratterizzato da un passaggio di glifosate prima della semina, spesso miscelato a dicamba, clethodim, o quinclorac, seguito da un trattamento di pre-emergenza con clomazone. Quando il riso è allo statio di 3-4 foglie, si effettua un ultimo trattamento in base alle infestanti presenti. Insieme al trattamento viene effettuata anche la prima concimazione azotata (70% del totale) con urea. Entro 3-4 giorni viene immessa l’acqua, che permane fino al periodo della maturazione. Una seconda concimazione azotata viene effettuata tra inizio levata e formazione della pannocchia, solitamente con distribuzione aerea ed un trattamento fungicida in caso di varietà non resistenti al brusone.

    Parallelismi con la realtà italiana

    Appare chiaro quanto il sistema risicolo uruguaiano sia differente dal nostro, in particolare per le caratteristiche pedologiche.

    Considerando invece la gestione agronomica e gli effetti del ricorso alla successione, alcuni ragionamenti sono possibili. Ad esempio, la rotazione riso-soia o riso-prato, come sta accadendo in alcune zone al confine dell’area risicola, potrebbe trovare una sua convenienza considerando il problema della crisi idrica, della riduzione dei principi attivi disponibili, dell’insorgenza di resistenze sempre più diffuse e complesse. Allo stesso tempo, con questa tendenza, le esigenze quantitative delle riserie, potrebbero rischiare di non essere soddisfatte dal mercato interno.

    Il vantaggio economico del riso, anche grazie ai sussidi specifici, unita all’impossibilità di coltivare altre specie in zone difficili, è ad oggi il principale motivo per cui si sceglie di non ruotare questa coltura con altre. Nel caso dell’Uruguay, dove il guadagno dell’agricoltore è dato solamente dal profitto della coltivazione, e di conseguenza l’aumento dei costi pesa sul bilancio di coltivazione, la monocoltura del riso rispetto alla rotazione riso-soia appare sconveniente sia a livello produttivo che economico.

    Dal punto di vista del sistema risicolo, sono estremamente interessanti le dinamiche produttori-industrie, organizzate in associazione. Se da un lato, la dipendenza così forte dalle riserie costituisce un ostacolo alla marginalità del produttore in anni favorevoli, dall’altro rappresenta una tutela in anni sfavorevoli, generando la tendenza alla cooperazione e alla discussione.

    Questo tipo di interazione tra le diverse figure della filiera potrebbe suggerire un tipo di approccio meno concorrenziale e più costruttivo, che permetterebbe una maggiore stabilità del settore in situazioni di difficoltà generalizzate e imprevedibili, come quelle causate dall’andamento del mercato o dal clima.

    Quello che prima sembrava ovvio da evitare potrebbe diventare necessario per superare le attuali difficoltà e soddisfare le necessità richieste dall’industria e dalla politica agricola europea; perciò, osservare strategie differenti può dare idee per la soluzione di problemi nostrani.

      Uruguay Italia
    Superficie a riso 168.000 ha (dati 2021) 218.100 ha (dati 2021)
    Superficie media azienda 386 ha (dati 2017) 60 ha (dati 2020)
    Numero produttori 426 (dati 2017) 3785 (dati 2020)
    Produttori affittuari 80% 50%
    Semina 100% interrata a fine

    60% interrata
    40% in acqua c.ca

    Rotazioni Sempre Molto raramente
    Riso tipo lungo B 90% (dati 2021) 26% (dati 2021)
    RESA t/ha (lungo B) 9 7
    Costi di produzione 2.140 €/ha 2.934 €/ha (dati 2021)

     

    La risicoltura uruguaiana non prevede sussidi - Ultima modifica: 2023-06-16T17:23:20+02:00 da Alessandro Maresca

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