Affluenza decisamente elevata a Futurpera 2017, la seconda edizione del salone internazionale dedicato alla filiera delle pere che si è svolta a Ferrara dal 16 al 18 novembre, in pratica l’unica vetrina internazionale completamente dedicata alla pericoltura. Nei padiglioni di Ferrara Fiere erano presenti oltre 120 aziende specializzate del comparto frutticolo, delle quali 15% straniere, per presentare le proprie proposte.
Interessante ed intensa l’attività convegnistica dei tre giorni, ad iniziare dal World Pear Forum dal tema “Più redditività e competitività per le pere italiane”, che nella prima giornata era dedicato alla tecnica. Il convegno ha visto la partecipazione di diversi ricercatori e tecnici che hanno fatto il punto sulla redditività dei frutteti di Abate Fétel e sulle tecniche e strategie per incrementare la PLV in modo da coprire i costi.
L’intervento di Carlo Pirazzoli dell’Università di Bologna, sulla base dei dati forniti dal Cso, ha messo in risalto il calo significativo delle superfici investite a pero in Emilia-Romagna, passando dai 27.000 ha di fine anni ‘90 agli attuali 19.000, una diminuzione legata ad un problema di redditività, per cui sono state definite le soglie ideali delle rese e della relativa redditività di Abate Fétel. I costi di produzione attuali risultano prossimi ai 18.000 €/ha, mentre la Plv media si attesta a 15.000 € (prezzo di vendita 0,60 €/kg e al “pack out” del solo 65%). Tutto ciò a causa di una produttività media degli impianti di Abate Fétel che risulta mediamente di 25 t per ha. Per potere garantire un profitto, quindi, occorre agire sia sul fronte dei volumi prodotti, sia su quello della qualità dei frutti. Secondo il prof. Pirazzoli, con una resa media annua di 30 t per ha si coprirebbero per intero i costi di produzione, mentre con una qualità dei frutti più elevata (almeno il 50% di calibro dei frutti oltre i 70 mm e minore quantità di seconda qualità) potrebbero essere sufficienti anche solo 28 t per ha. Il miglioramento di entrambi i parametri quanti-qualitativi potrebbe garantire una marginalità di alcune migliaia di € per ha. In assenza di questi miglioramenti e stante la situazione tecnica attuale, il punto di pareggio si raggiungerebbe solo con un significativo aumento dei prezzi di mercato con un incremento di 0,15 €/kg, portando così il prezzo medio alla produzione di Abate Fétel intorno ai 0,75- 0,80 €/kg, fatto alquanto improbabile.
L’intervento successivo di William Pratizzoli di Arpae Emilia-Romagna, grazie ad una serie innumerevole di dati e stime, ha chiaramente evidenziato come negli ultimi anni si sia assistito ad un rapido e radicale cambiamento del clima, che ha inciso penalizzando le rese. Attraverso l’analisi dei dati della stazione meteorologica ferrarese di Copparo, attiva dal 1961, Pratizzoli ha sottolineato che a partire dagli anni ‘90 si è passati ad un nuovo clima, caratterizzato da una maggiore escursione termica, con più caldo in estate e con temperature più elevate anche d’inverno. Le estati dal 2015 sono risultate più calde di 2,5°C rispetto quelle del periodo 1961-1985 e quella del 2017 ha registrato addirittura 4°C in più. Il clima sta cambiando rapidamente e purtroppo non tornerà più indietro: si stima che nel prossimo trentennio (2021-2050), un’estate su tre potrebbe raggiungere una media stagionale delle temperature massime superiore a quella del 2017 di 1-2°C. Parallelamente sono notevolmente diminuite le piogge estive, mentre sono aumentate quelle primaverili ed autunnali. In futuro non si prevede un miglioramento nemmeno per le gelate tardive, perché l’aumento stesso delle temperature favorisce l’anticipo dello sviluppo vegetativo delle piante che possono quindi subire danni e portare a conseguenti cali produttivi.
Anche altri elementi possono limitare l’aumento delle rese. Secondo Fabio Galli della Fondazione F.lli Navarra di Ferrara, tra i fattori che ostacolano il raggiungimento delle rese medie ideali c’è sicuramente il panorama varietale molto limitato (si costituiscono frutteti monovarietali) e l’assenza di impollinatori, oltre ai già citati cambiamenti climatici e nuove avversità come la cimice asiatica e la valsa. Tutte condizioni sanitarie che stanno provocando un’importante mortalità delle piante e/o danneggiamenti ai frutti che danno origine a rese produttive insoddisfacenti. Oggi per diversi impianti la redditività non è garantita; un impianto di Abate Fétel che produce 25 t/ha liquidate, forse consente la copertura dei costi di gestione, ma limita sicuramente la programmazione di nuovi impianti. Galli ha poi evidenziato che, tranne per le aree ai margini della zona produttiva particolarmente vocata, si è piantato pero su cotogno per oltre il 90% degli con alberi di taglia ridotta ed un conseguente aumento del numero di piante per ha. Purtroppo una parte di questi impianti è scarsamente efficiente a causa di una vigoria stentata, di senescenza anticipata e mortalità per disaffinità, asfissia, fitoplasmi, ecc. fin dai primi anni d’impianto. La Fondazione Navarra sta lavorando anche sulle piante ottenute da meristema e su vari cloni di franco che, a differenza del Cotogno, garantiscono un’efficienza pressoché totale grazie all’ottima sanità delle piante. I giudizi sui portinnesti Farold 40, 69, 87 non sono unanimi soprattutto in riferimento alla qualità dei frutti.
A seguire si è tenuta una tavola rotonda sulle possibili tecniche utilizzabili per migliorare le rese. Luca Dondini dell’Università di Bologna ha puntato il dito sugli impianti monovarietali e senza impollinanti. La sperimentazione di diversi anni fa dimostrò l’utilità degli impianti con impollinatori e nonostante il fenomeno della partenocarpia sia noto è altrettanto conosciuta la maggiore percentuale di frutti di scarto e frutti di forma affusolata, non tipica della varietà.
Albano Bergami, vice-presidente dell’OI Pera, ha ricordato che la pericoltura italiana ha bisogno di aumentare la quantità delle produzioni, senza ridurre la qualità. A suo parere è fondamentale il rapporto foglie/frutto per intercettare al meglio la luce. È dell’avviso di sfruttare ancora il cotogno EMC per gli impianti ad alta densità innestando direttamente in campo o il cotogno Adams come alternativa. Carlo Mazzola dei Vivai Mazzoni, ha evidenziato che la causa della moria dei cotogni sia dovuta in particolare al cambiamento climatico per cui è importante scegliere i cotogni più vigorosi (EMA), aumentare l’apporto di acqua irrigua, piantare più in profondità e potare gli astoni subito dopo il trapianto. Per Maurizio Saltari, responsabile tecnico di Fruit Modena Group, invece, ci si dovrebbe concentrare maggiormente su nutrizione e sostanza organica, mentre Michele Giori di Salvi Vivai ritiene obbligatoria l’analisi del terreno per poter scegliere il portinnesto ideale per l’area. Giovanni Zanzi propone di fare impianti con il portinnesto clonale FOX 9 ottenuto dall’Università di Bologna con caratteristiche simili a BA29, ma più efficiente e longevo. Da ultimo è intervenuto Ugo Palara, direttore tecnico della Coop. Agrintesa di Faenza, che ha ricordato come non esista un unico modello di impianto per Abate Fétel vista la diversità di situazioni pedo-climatiche in cui insiste la pericoltura emiliano-romagnola; il fattore più importante è quello di garantire efficienza e longevità alle piante e, soprattutto, un raccolto con quote importanti di frutti con calibro di 70 mm. Ad Agrintesa, in molti pereti romagnoli, hanno sviluppato l’autoradicato da micropropagazione come sistema preferito di propagazione della pera Abate Fétel, con risultati soddisfacenti in termini di rese (mediamente allineate alle 35-40 t/ha/anno), con frutti di buona qualità per aspetto e calibro.
Le esperienze internazionali
Il quadro della tecnica di produzione delle pere è stato ampliato da tre relazioni di tecnici di altri Paesi produttori, alcuni dei quali hanno introdotto recentemente anche la cv Abate Fétel.
Mauricio Navarro, della società cilena Pomme Fruit, ha informato che in Cile la pericoltura ha raggiunto gli 8.700 ha ed è in crescita, con Abate Fétel al secondo posto tra le varietà coltivate. Si tratta di un areale produttivo dove le maggiori rese sono fornite dall’ottimale situazione climatica. Gli impianti hanno densità variabile tra 1.666 e 3.570 alberi/ha, questi ultimi con forme di allevamento ad asse centrale, Bibaum® (4 metri tra le file x 1,5 sulla fila) e a V. La tecnica prevede l’utilizzo di Ga4+A7+BA e Prohexadione calcio per favorire l’allegagione oltre che a BA (12 l/ha quando i frutticini hanno diametro di 12 mm) per il diradamento. Attualmente la produzione media è di 35-40 t/ha, ma l’obiettivo per ottenere profitto è di 60.
Christo Strydom, general manager di Wolseley Fruit Packers, ha evidenziato che in Sudafrica la coltivazione del pero riveste 13.000 ha ed è in aumento e dal 2005 è aumentata del 5%. Le principali varietà coltivate sono Packham’s Triumph, William, Forelle®, mentre l’ultima varietà introdotta, Cheeky®, è piantata su 300 ha. Abate Fétel è salita a circa 800 ha. La produzione totale di pere supera le 400.000 t di cui il 42% viene esportato. Gli impianti sono in altura (da 200 a 1.200 metri slm), sono a bassa densità (1.100 – 1.900 alberi/ha, con sesti di 3,5-4,5 x 1,5-2 m) e le varietà sono innestate prevalentemente su BP1 e BP3, portinnesti che inducono vigoria elevata, o C51 per i terreni ad alto potenziale produttivo. L’impollinazione è uno dei principali aspetti che viene considerato per il miglioramento quali-quantitativo dei frutti. Si pone grande attenzione alla fisiologia della pianta e la tecnica del “girdling” (decorticazione anulare alla base del tronco) è un’operazione di routine che viene applicata per almeno un paio di volte tra la fioritura e sei settimane dopo con lo scopo di bloccare temporaneamente lo sviluppo dell’albero inducendo l’allegagione.
Eric Van Der Hoeff, tecnico olandese di Fruit Consult ed esperto in fertilizzazione, ha presentato il quadro della produzione belga e olandese legata alla sola varietà Conference ed ha fornito indicazioni sulle tecniche di gestione del frutteto in Nord Europa, una situazione ambientale molto diversa da quella italiana. In Olanda il solo 10% degli impianti è a bassa densità (2.500 alb./ha) e sono datati. Attualmente si pianta con densità superiore, dallo “spindle” con 3.125 alb./ha ad astone unico, al “V system” e due leader (6.666 alberi /ha; 3 x 0,5-0,6 m) e al “superspindle” con 11.111 alb./ha (sesti di 2,8-3 x 0,3 m). La tecnica prevede l’uso di alleganti e di diradanti.
Mercato e consumi: tendenze e sfide future
La seconda giornata del World Pear Forum ha trattato di “Mercato e consumi: i nuovi trend e le sfide future”. Le esportazioni dell’ortofrutta nazionale quest’anno sono in calo, ma quelle di pere, tra i frutti ritenuti strategici per il “made in Italy”, rallentano ancora di più. Per questo l’accesso a Paesi terzi diventa sempre più una priorità. È necessario velocizzare le trattative avviate per l’apertura del mercato cinese, oltre agli scambi già possibili con altri Paesi come Brasile, India e Nord America. Questo il messaggio emerso al World Pear Forum di Ferrara tra operatori, nazionali ed esteri.
Come ha precisato Gianni Amidei, Presidente di OI Pera, il settore registra a consuntivo una produzione di circa 735.000 t (+8% in più rispetto al 2016) per un valore stimato di 600 Ml €. Abate Fétel ha superato le 324.000 t (+10% sul 2016), seguita da William con 162.000 (+3%), Conference con 61.000 (+2%) e Kaiser con 41.000 (+12%); una produzione di certo non eccedentaria, associata a un’ottima qualità dei frutti che dà garanzia di una buona conservazione e lascia ben sperare in un regolare svolgimento della stagione di commercializzazione.
In base alle ultime elaborazioni di Fruitimprese su dati Istat, Marco Salvi, Presidente di Fruitimprese, ha messo in risalto che il nostro Paese è il terzo fornitore al mondo dopo Belgio (327 mila t nel 2016) e Olanda (315.000), ma le esportazioni sono in tendenziale contrazione; nei primi sette mesi del 2017 i volumi di pere italiane esportati sono stati di 50.560 t a fronte di 70.920 dello stesso periodo del 2016, con un calo del 29%. All’origine di tali dati un insieme di fattori che vanno dal calo generalizzato dei consumi nei Paesi Ue, all’aumento della produzione in alcuni mercati “obiettivo”, all’embargo russo che perdura dal 2014. Lo scorso anno, il 92% delle pere italiane esportate è stato assorbito dal mercato Ue (40% destinato alla Germania e 15% alla Francia), mentre solo l’8% ha varcato i confini Ue; di questo, il 32% è stato spedito in Libia (a seguito dell’instabilità politica dal 2014 ha ridotto gli acquisti del 70%), il 29% in Svizzera, l’8% in Albania, il 6% in Norvegia, il 5% in Canada, il 4% in Brasile. Negli ultimi dieci anni, mentre gli esportatori belgi hanno incrementato le proprie esportazioni di pere del 34%, l’Italia le ha ridotte del 16%. Per una possibile inversione di tendenza ed in attesa di auspicabili aperture di nuovi mercati che richiedono accordi bilaterali, il presidente di Fruitimprese ha indicato alcuni Paesi obiettivo verso i quali gli operatori italiani potrebbero già orientarsi: Sudafrica, India, Canada, Stati Uniti, Messico, Brasile, Russia e Cina. È anche da considerare che il calo dei noli marittimi comporta che spedire un container di pere via nave costa meno che esportare su gomma dall’Italia verso la Germania.
Per le pere italiane una piazza commerciale di sicuro interesse è quella degli Emirati Arabi, come ha sottolineato James Varghese nella sua relazione. Si tratta di un mercato molto vicino che può offrire diverse opportunità per i vari segmenti di prodotto. Simona Rubbi, responsabile dei progetti di apertura nuovi mercati del CSO, ha dichiarato che diversi Paesi sono potenzialmente ricettivi ai prodotti ortofrutticoli italiani, ma tuttora chiusi a causa di barriere (fitosanitarie) imposte dai loro Governi. È un’anomalia del sistema europeo che prevede che ogni Paese della Ue richieda l’apertura del mercato per un prodotto; si sta lavorando su diversi fronti e dialogando con diversi Paesi (Cina, Messico, Vietman, Sudafrica, India) ed in particolare sull’apertura del mercato cinese alle pere italiane che ci si augura di poter avere nel più breve tempo possibile. Per ora in Cina esportano pere solo Belgio e Paesi Bassi, che hanno chiuso da anni le trattative per l’abbattimento delle barriere non doganali con le autorità di Pechino.
Il quadro generale relativo all’andamento dei consumi è stato descritto da Daria Lodi, di Cso Servizi. Gli acquisti alimentari sono in un momento di transizione, sempre più indirizzati verso salute e benessere. Frutta e verdura non sono vissuti come dessert o contorni, ma sono diventati un vero pasto, come del resto i numeri citano. Nel 2016, infatti, i consumi di ortofrutta sono aumentati per il terzo anno consecutivo. Gli italiani hanno acquistato 8,2 Mlt di prodotti ortofrutticoli (+1,4%), di cui 4,5 Mlt di frutta. A riguardo delle pere, la percentuale di volumi acquistati rispetto a tutta la frutta è del 17%, con un prezzo medio sostanzialmente stabile. Il consumatore di pere per la maggior parte è over 65, categoria che vanta un indice di penetrazione al 94%, appartenenti per lo più a nuclei familiari di 1 o 2 componenti. In Italia nel 2016 sono state consumate oltre 400.000 t di pere, il 5% in più rispetto all’anno precedente e il 31% in più rispetto al minimo registrato nel 2013. C’è ancora molto da fare, nell’acquisto medio per famiglia che, nell’area di produzione, si ferma a 14 kg annui. Per il 2017 si stimano consumi superiori dell’1% rispetto allo scorso anno.
Ha chiuso il convegno una tavola rotonda alla quale hanno partecipato rappresentanti delle aziende commerciali di Francia, Belgio, Olanda e Portogallo, con i quali si è acceso il dibattito sulla distribuzione commerciale perché questi Paesi, in particolare Belgio e Olanda, stanno già rifornendo di pere il mercato cinese e sono in fase molto avanzata per l’apertura con Giappone e Messico. Per l’Italia erano presenti Luca Granata, direttore generale di Opera, e Alberto Garbuglia, amministratore delegato di Origine Group, che hanno ribadito il primo l’importanza della concentrazione della produzione e della comunicazione per aumentare le vendite e i consumi, sia in Italia che all’estero, il secondo per l’apertura di nuovi mercati e le vendite sui mercati esteri extra Ue. Per la Grande Distribuzione hanno partecipato Germano Fabiani di Coop Italia, Gianmarco Guernelli di Conad che hanno dichiarato come l’aumento di consumi di ortofrutta nelle loro insegne non si sia verificato. Annabella Donnarumma AD di Eurogroup Italia, l’azienda che si occupa dell’acquisto e della vendita di frutta e verdura per il gruppo tedesco Rewe, ha ribadito l’importanza di sinergia tra produzione e GD per programmare la commercializzazione e la vendita del prodotto.
I costi di produzione delle pere visti dai produttori
A latere del World Pear Forum, si è tenuto un incontro indetto da Terra e Vita - Edagricole e animato dal giornalista Giorgio Setti che ha visto alcuni produttori portare la loro esperienza sui costi di produzione delle pere. Davide Vernocchi, Presidente di Apo Conerpo, ha iniziato i lavori evidenziando che in Europa il comparto pere mostra grandi differenze sia nelle rese (60-70 t/ha di Conference in Olanda e Belgio) e soprattutto nei costi della manodopera (5 €/h in Portogallo, 9 in Spagna e 12 in Belgio) e per gli energetici. Attualmente i nostri impianti di Abate Fétel hanno una resa di 27-28 t/ha e la redditività si raggiungerebbe superando le 30. La stessa considerazione vale per William, che oggi rende 30-32 t/ha contro le 50 che garantirebbero un reddito positivo. Albano Bergami ha affermato che negli ultimi anni i prezzi sono aumentati e si è assistito ad un miglioramento anche per merito della concentrazione di una parte della produzione. Ritiene possibile il fatto che l’aggregazione totale potrebbe produrre una Plv di 20.000 €/ha a fronte di 15-16.000 € di costi di produzione. Urban Mittermair, produttore ferrarese, ha messo in risalto che i propri impianti ad elevata densità hanno un costo di produzione di 18.000 €/ha e deve produrre costantemente 40 t/ha per ottenere una Plv di 22-24.000 €/ha necessari per i nuovi investimenti. Luigi Fenati, produttore di pere e Presidente delle Fondazione F.lli Navarra, è entrato nello specifico analizzando i lati negativi sui cui lavorare. Dalla scelta dei portinnesti (no MH in terreni pesanti e asfittici), alle densità e alle forme di allevamento, ai sospetti sugli effetti dei diserbanti (Glifosate e residuali), alla rivalutazione di alcune pratiche agronomiche dimenticate (esclusione dei reimpianti), alla totale efficienza dei nuovi pereti. Ritiene importante il dialogo e lo scambio di opinioni per crescere, oltre che una maggiore chiarezza e semplificazione.
Innovazioni a Futurpera
Nel campo delle innovazioni varietali, Michael Neumuller della società tedesca Bay OZ ha presentato Alessa®, varietà con frutti a maturazione autunnale che si raccoglie tre settimane dopo Conference. I frutti, di grosso calibro e forma simile a Decana, hanno l’80% della buccia sovraccolorata in rosso scuro che a seguito della frigoconservazione diviene brillante. È una pera invernale e necessita di almeno due, tre settimane di refrigerazione in cella prima della commercializzazione. La polpa è fine e semi-fondente a piena maturazione, succosa, dolce, altamente aromatica.
La società Cifo ha presentato Macys BC 28, biostimolante vegetale composto da estratto puro di un’alga bruna tipica delle coste occidentali canadesi (Macrocystis integrifolia). Tale prodotto lavorato con un processo brevettato, esclusivamente meccanico e a bassa temperatura, permette di ottenere un succo concentrato ricco di sostanze biologicamente attive. Grazie a questo componente, il nuovo preparato Cifo stimola lo sviluppo vegetativo e produttivo della pianta, migliora la resistenza agli stress ambientali (alte temperature, siccità, salinità, squilibri idrico-nutrizionali) e incrementa l’assorbimento e la traslocazione dei nutritivi nei tessuti vegetali (azione “carrier”).
Per la meccanica, la ditta Cesari ha presentato Multiplex, macchina andanatrice di sarmenti portata anteriormente, che può essere abbinata ad un trincia-tutto posteriore in modo che con un solo passaggio si effettua l’operazione di trinciatura del legno di potatura. La macchina è semplice, sfrutta l’impianto idraulico della trattrice ed è composta da due rotori i cui pettini sono in pvc. La denominazione Multiplex deriva dal fatto che gli organi rotanti possono essere sostituiti da altri organi operativi (es. barre diserbanti sulla fila).
Aermatica 3D ha spiegato come i droni saranno utili anche in frutticoltura (es. per l’impollinazione del noce) o in orticoltura per la distribuzione delle uova di insetti utili. Interessante lo studio del Dipartimento di Fisica e Scienze della terra dell’Università di Ferrara; il professor Massimo Coltorti ha mostrato i risultati del Progetto Zeolife per ridurre l’uso di concimi a base di azoto; utilizzando infatti la zeolite si riduce drasticamente la perdita di azoto per lisciviazione. Il miglior utilizzo si ha nelle colture fuori-suolo.
Nel settore dei fertilizzanti organci, AGM ha presentato preparati a base di sangue in formato liquido o granulare (Eutrofit, Orgazot). Le prove condotte su pero Abate Fétel presso la Fondazione Navarra di Ferrara hanno messo in mostra ottimi risultati quanti-qualitativi (pezzatura, °Brix) ottenuti con i fertilizzanti ematici, messi a confronto con la concimazione minerale tradizionale, a costi ridotti del 25%.
I concimi organo minerali SCAM, tutti certificati EPD® (“Enviromental Product Declaration”) sono stati messi a confronto con concimazione minerale tradizionale; le prove condotte su Abate Fétel hanno evidenziato l’efficacia nell’apportare elementi nutritivi alla pianta, che in alcuni casi si presenta più carica rispetto alla tesi con concimazione tradizionale. Anche in questo caso il minor costo del fertilizzante fa prevedere un aumento di redditività dell’impianto.
Ancora presso la Fondazione F.lli Navarra sono state messe a confronto due linee di concimazione (una aziendale e una denominata Integrata di Valagro) per due anni consecutivi (2016, 2017), in un pereto di Abate Fétel di 5 anni innestato su Cotogno Sydo. Al termine della verifica la produzione è risultata simile con una distribuzione dei frutti per calibri commerciali a vantaggio del protocollo Valagro che in entrambi le annate ha prodotto un risultato economico migliorativo di oltre 2.100 €/ha, a fronte di un maggior costo medio di 120 €.
La società BMS Micro-Nutrients, specializzata nella nutrizione delle piante e in prodotti ad applicazione fogliare, in collaborazione con la Fondazione Navarra ha svolto due sperimentazioni su Abate Fétel. Nella prima sono state messe a confronto tre tesi: applicazione al suolo di azoto, fosforo e potassio a dosi superiori a quanto consentito dai DPI in confronto alla nutrizione al suolo limitata, con integrazione di applicazioni fogliari, ed una con soli apporti fogliari. L’applicazione al suolo addizionata da integrazione fogliare pare la via migliore da percorrere per contenere l’uso di concimi senza deprimere la produzione. Nella seconda sperimentazione si è confrontato l’applicazione di ferro fogliare con l’applicazione al suolo con dosaggi di molto superiori. Le misurazioni della clorofilla tramite “spad” hanno espresso valori molto simili tra loro, ma le analisi fogliari hanno evidenziato la maggiore presenza di ferro nelle applicazioni fogliari, quindi una tecnica più efficiente.
FMC Corporation, società americana che opera nell’estrazione del litio e nel settore degli agro-farmaci, in questi ultimi anni si è espansa in Europa acquisendo prima Cheminova Agro Italia e gli agro-farmaci di DuPont. Con questa acquisizione FMC sale al 4° posto a livello mondiale tra i gruppi agro-farmaceutici. L’azienda impegnerà l’8% del fatturato in ricerca e sviluppo per la creazione di nuove sostanze. n