Si infiamma la polemica sull'origine in etichetta dell'ingrediente principale degli alimenti a seguito dell'approvazione da parte della Commissione europea del regolamento che stabilisce le norme in base alle quali è possibile indicare in etichetta l’origine dei prodotti agroalimentari. Lo schema di Regolamento è stato approvato dalla maggioranza degli Stati membri compresa l’Italia e con l’esclusione della Germania dopo una consultazione pubblica che si è conclusa il 1° febbraio 2018, ma le nuove norme hanno riaperto subito le polemiche sia per la loro formulazione, ritenuta di portata limitata, e sia per la fine che faranno i provvedimenti italiani che hanno anticipato l’obbligo di indicazione dell’origine per taluni dei prodotti più importanti.
In definitiva si tratta di una norma facoltativa che diventa obbligatoria solo nel momento in cui tutto quello riportato in etichetta lasci immaginare al consumatore anche l’origine del prodotto che, invece, per l’elemento primario è diversa. La pasta fabbricata in Italia con chiara indicazione del relativo stabilimento di pastificazione dovrà riportare anche l’origine del grano e della semola se questa proviene da un altro Stato membro o da un Paese extracomunitario.
Le nuove norme non verranno applicate ai prodotti a Dop e Igp che per definizione indicano chiaramente la loro origine, e ai marchi registrati che, a parole o con segnali grafici, indicano già di per sé la provenienza del prodotto. Tutti i marchi che evocano italianità nel nome o nella grafica, ma che italiani non sono, dovranno comunque precisare che il prodotto non è made in Italy.
Il nuovo regolamento andrà in vigore dal 2020 ma non appena verrà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale unionale, decadranno automaticamente i provvedimenti italiani che hanno imposto l’indicazione dell’origine per pasta, riso, latte, prodotti lattiero caseari e prodotti a base di pomodoro. A quel punto occorrerà disciplinare l’indicazione sull’origine e soprattutto quella sull’ingrediente primario, sulla base delle norme quadro riportate dal regolamento comunitario. In termini pratici, ciò comporterà un nuovo sforzo legislativo sia a livello di precetti che di sanzioni, ma anche e soprattutto un nuovo sforzo economico degli operatori del settore che dovranno rivedere completamente l’etichettatura e il package con conseguenti gravosi oneri economici.
I prossimi mesi scateneranno quindi ogni sorta di polemica sull’esatta interpretazione della norma comunitaria e per questo si annunciano già raccolte di firme per petizioni nazionali o referendum per mantenere in piedi le norme nazionali italiane anche a costo di procedure d’infrazione aperte dalla Commissione contro l’Italia.
L'elemento primario
Per quanto riguarda la formulazione della nuova norma comunitaria occorre precisare che l’indicazione dell’origine si riferisce all’elemento primario che compone un prodotto e deve venire comunicata in etichetta quando essa non coincida con quella dell’alimento, la quale coincide peraltro con il Paese di ultima trasformazione del prodotto, e di quest’ultima sia fornita indicazione.
In particolare la norma approvata prevede che:
Quando il paese d’origine o il luogo di provenienza di un alimento è indicato e non è lo stesso di quello del suo ingrediente primario allora:
a) è indicato anche il paese d’origine o il luogo di provenienza di tale ingrediente primario; oppure
b) il paese d’origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario è indicato come diverso da quello dell’alimento.
L’origine dell’ingrediente primario può venire esposta con varie formulazioni e cioè:
– “UE”, “non-UE” o “UE e non-UE”,
– macro-regione, che può abbracciare più Paesi, purché riconosciuta dal diritto pubblico internazionale o comunque facilmente intesa dal consumatore medio ‘mediamente informato’,
- zona Fao di cattura dei prodotti ittici,
– Stato membro o Paese extra-UE,
– Regione o altro territorio, all’interno di uno Stato membro o Paese extra-UE, purché intesi con facilità dal consumatore medio.
In alternativa, sarà possibile dichiarare più genericamente in etichetta che ‘l’origine dell’ingrediente (…) non coincide con l’origine del prodotto’, o altra dicitura di pari significato.
Il commento dell'Alleanza delle cooperative
«Le cooperative agricole che indicavano l'origine italiana della materia prima sui loro prodotti in maniera volontaria ancor prima dell'emanazione dei decreti ministeriali, continueranno a rispettare le disposizioni nazionali sull'origine, per valorizzare il prodotto dei loro soci e per rispondere alle esigenze di trasparenza dei consumatori». Così il presidente dell’Alleanza Cooperative Agroalimentari Giorgio Mercuri commenta l’approvazione del Regolamento europeo sull’indicazione in etichetta dell’origine dell’ingrediente principale degli alimenti.
«In tema di indicazione obbligatoria dell’origine della materia prima – spiega Mercuri – l’Europa ha approvato un regolamento esecutivo unico, valido per tutti i produttori europei, disciplinando nel dettaglio i singoli casi in cui è obbligatorio indicare il paese d’origine. I quattro decreti italiani sull’etichettatura d’origine di latte e formaggi, pasta, riso e derivati del pomodoro prevedono che, con l’entrata in vigore del Regolamento esecutivo, decadano e, quindi, perdano di efficacia. Sarebbe opportuno che le normative nazionali vengano rifatte con urgenza, al fine di portare a termine la fase di sperimentazione di due anni prevista dalla normativa italiana sull’origine».
L’auspicio dell’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari è che «le aziende che operano in Italia continuino ad indicare il paese d’origine, attenendosi alle normative nazionali, a prescindere dall’entrata in vigore del regolamento. In tal modo i consumatori potranno continuare ad avere maggiori informazioni in etichetta, in linea con la crescente attenzione e esigenza di rassicurazione sull’origine della materia prima».