Il bilancio fitosanitario 2018 e 2019 del pero si conferma negativo. A incidere su questo risultato e a preoccupare i frutticoltori sono state essenzialmente la maculatura bruna e la cimice asiatica. La gestione della difesa dal patogeno e dall’insetto nel Nord Italia è stato il focus prioritario dell’incontro di ieri a Bologna organizzato dall’Aipp (Associazione Italiana per la Protezione delle Piante) in collaborazione con la Regione Emilia-Romagna e le Giornate Fitopatologiche. Si tratta di uno dei nove appuntamenti “I giovedì dell’Aipp” sui bilanci fitosanitari delle principali colture italiane: melo, pero, drupacee, pomodoro, cereali, uva da vino e uva da tavola, agrumi. A fare il punto sulle principali criticità nella difesa sono stati gli esperti dei servizi fitosanitari Riccardo Bugiani e Massimo Bariselli per l’Emilia-Romagna, Gabriele Zecchin per il Veneto, Paolo Culatti per la Lombardia e Luca Nari, di Agrion, per il Piemonte.
Aumenta la pressione della Maculatura bruna
Emilia-Romagna, Veneto, Lombardia e Piemonte, nel biennio 2018-2019, si sono scontrate con un andamento climatico caratterizzato da temperature superiori alla media degli ultimi 15 anni (soprattutto le T° minime) e da un’elevata piovosità (soprattutto nel mese di maggio), condizioni che hanno favorito sia le sporulazioni, che sono iniziate da fine aprile-inizio maggio e si sono mantenute elevate per tutta la stagione, sia le infezioni di S. vesicarium (agente causale della maculatura). La pressione della malattia è stata di elevata entità nel 2018 ed è addirittura aumentata nel 2019, passando dal 60-70% di danno alla produzione fino all’80%-100% in alcuni casi. Le varietà più colpite sono state Abate Fetel, Kaiser, ma anche William rossa e bianca, Falstaff e Angelys che normalmente sono meno sensibili. Su Abate in particolare si sono registrati fino a 25 punti di entrata per frutto.
«Dal punto di vista della difesa – ha spiegato Riccardo Bugiani – S. vesicarium si conferma sensibile a iprodione, fludioxonil e strobilurine, anche grazie alle strategie antiresistenza messe in atto. Il discorso è diverso invece per gli SDHI che, probabilmente a causa di un utilizzo eccessivo nel corso di una stagione caratterizzata da elevata pressione infettiva, hanno dimostrato una minore efficacia, tant’è che per il 2019 è stata consigliata la sospensione dell’utilizzo di questi prodotti nei frutteti nei quali è stato rilevato un grado di azione <30%. Inoltre, si deve considerare che in condizioni di elevata pressione della malattia, le tecniche di difesa adottate non hanno sempre fornito risultati apprezzabili. Per questo è necessaria un’integrazione tra la difesa chimica alla chioma e le altre tecniche di sanitizzazione del frutteto, al fine di ridurre l’inoculo nei frutteti: la rimozione del cotico erboso; il pirodiserbo; l’impiego di Trichoderma spp. al cotico erboso (in corso di registrazione), calciocianamide e solfato ferroso; l’eliminazione dei frutti colpiti caduti a terra e un’attenta potatura. In particolare, la rimozione del cotico erboso sembra essere particolarmente efficace. Tra i fattori di rischio da tenere sotto controllo nella gestione fitosanitaria vi sono anche le prolungate bagnature fogliari, favorite dalle irrigazioni sopra chioma e dalle reti anti insetto, che sempre più frequentemente ricoprono i frutteti».
Il ritorno dei cancri da Valsa
Purtroppo non c’è solo la maculatura. Oltre a S.vesicarium, continua a essere presente Venturia pyrina (ticchiolatura), ma soprattutto si è assistito a un aumento della presenza di Valsa ceratosperma (cancri da Valsa) e Erwinia amylovora (colpo di fuoco).
Nonostante queste malattie risultino al momento gestibili, i tecnici sottolineano l’importanza di tenere monitorate soprattutto Valsa, un patogeno “del passato”, che colpiva più che altro il legno vecchio delle piante forestali, ma che nel tempo si è evoluto fino a causare gravi danni ai tronchi dei fruttiferi e per il quale non esistono soluzioni, ed E. amylovora, che se non viene affrontato tempestivamente con la potatura e la pulizia delle parti infette può portare all’estirpo delle piante.
Per quanto riguarda Veneto, Lombardia e Piemonte, gli esperti Gabriele Zecchin, Paolo Culatti e Luca Nari hanno testimoniato situazioni sostanzialmente analoghe a quelle dell’Emilia-Romagna, anche se in Lombardia e Piemonte la maculatura è stata spesso associata alla presenza di Alternaria spp., che ha causato in molte aziende filloptosi anticipata (già da metà agosto) e gravi danni produttivi (30%-50%).
La cimice asiatica è sempre più il fitofago chiave
Per quanto riguarda i fitofagi, in tutte e quattro le regioni, la cimice asiatica (H. halys) resta l’insetto chiave. «In Emilia-romagna – ha spiegato Massimo Bariselli - l’andamento climatico favorevole del 2018 ha portato allo sviluppo elevato delle popolazioni di cimice che hanno causato un danno medio del 6-7% che, nel 2019, nonostante la forte mortalità invernale, è arrivato al 15% su Carmen, al 50% su William e fino al 70% su Abate fetel (qui l’incidenza dei danni da cimice si fonde con la scarsa produzione e con il danno da maculatura bruna)».
In generale, parallelamente all’espansione incontrollata della cimice, non si riescono a risolvere le criticità della difesa: il monitoraggio resta difficoltoso (trappole e rilievi visivi poco affidabili per individuare il livello di rischio, soprattutto in annate come il 2019 dove il clima freddo e piovoso primaverile che ha dilazionato la fuoriuscita della cimice dai ricoveri invernali) e gli interventi chimici non sono risolutivi (persistenza limitata dei prodotti, efficacia solo di contatto). Le reti anti insetto sono lo strumento più efficace (specialmente le monofilari), anche se in condizioni di popolazione elevata non danno risultati soddisfacenti. Si attende, a questo punto, l’autorizzazione per i lancio dei parassitoidi Trissolcus mitsukurii e Trissolcus japonicus.
Ritorna la psilla ed è un effetto collaterale della cimice
Gli altri fitofagi del pero, principalmente Carpocapsa, Cydia molesta, Eriofide vescicoloso e ragnetto rosso, restano sostanzialmente gestibili e non preoccupano. Fa eccezione la Psilla (Cacopsylla pyri). Nel 2018 si sono evidenziati i primi problemi dovuti ad una ripresa delle infestazioni e nel 2019 si è registrata una elevata presenza in tutte le regioni. La difficoltà nel contenimento di questo fitofago sembra essere legata all’elevato utilizzo di prodotti ad ampio spettro (ad es. piretroidi) per la difesa dalla cimice asiatica. In molte aziende dell’Emilia-Romagna e della Lombardia sono stati osservati forti attacchi post raccolta, che hanno provocato l’annerimento delle piante per le fumaggini sviluppatesi sulla melata.