«Riscriviamo le regole della programmazione insieme alla parte industriale». È questa la sintesi dei produttori di pomodoro da industria di Confagricoltura e Cia dell’Emilia-Romagna, che coltivano oltre la metà dei 25.427 ettari di superfici investite in regione, mentre la restante parte è rappresentata da soggetti cooperativi, privati e altre rappresentanze agricole. Dall’Emilia-Romagna proviene il 70% del raccolto del Nord Italia pari a 2,7 milioni di tonnellate.
Infatti, nonostante la crisi dei consumi, il pomodoro “100% italiano” – dai concentrati alle conserve ai pelati – vince a scaffale ma scontenta i coltivatori. Le due organizzazioni agricole regionali commentano la più difficile campagna della storia e rilanciano: «Aumentano le anomalie climatiche e diminuisce il potenziale di trasformazione. Oltretutto si sono accorciati anche i tempi di raccolta a causa della maturazione in contemporanea delle bacche tanto che il 20 settembre le piante erano già scariche, nude di frutti. Pertanto sono da rimodulare i termini dell’accordo tra agricoltori e industriali per dare valore al prodotto in campo».
Nel 2021 confermare le quantità del 2020
Confagricoltura e Cia dell’Emilia-Romagna fissano una posizione comune da presentare al tavolo della trattativa sul contratto quadro d’area Nord Italia per il prossimo anno, visto anche il buon riscontro nel mercato dei derivati del pomodoro da industria, e cioè «confermare il quantitativo da produrre che è stato proposto per il 2020 dalle due organizzazioni agricole, ossia 25-26 milioni di quintali - con una variabilità statisticamente confermata del ±4% -, come pure l’obiettivo in termini di superfici investite di circa 35-36.000 ettari, di cui 25.000 in Emilia-Romagna», ma è tuttavia necessario – sottolineano Confagricoltura e Cia regionali – «cambiare rotta sulla gestione del potenziale produttivo, di fronte a condizioni di ritiro e trasformazione completamente stravolte dal clima e da una capacità delle industrie di fatto diminuita (ci sono meno realtà attive sul territorio), con imprese impegnate nella lavorazione di più tipologie, varietà particolari (datterino o ciliegino) e produzioni biologiche, e rallentamenti inevitabili lungo la catena».
Premiare chi rischia di più
Le due organizzazioni agricole insistono sulle criticità da scongiurare: «I nostri produttori hanno ottenuto una resa per ettaro alta se confrontata alla media quinquennale (74 tonnellate a ettaro contro 70) e un grado brix di 4,82 che ne testimonia la qualità, però – concludono Cia e Confagricoltura regionali - il prezzo riconosciuto si è mantenuto basso nei periodi critici della campagna facendo ricadere sulla parte agricola tutto l’onere. Si chiede pertanto di inserire, in sede di prossima contrattazione, un’importante premialità, nella misura non inferiore al 15% del valore della materia prima, per il pomodoro conferito nel mese di luglio e dopo il 5 di settembre, al fine di incentivare la coltivazione nei periodi più rischiosi per lo stato fenologico delle piante».