L’ortofrutta è in forte crisi, ma la soluzione non può arrivare (solo) dall’obbligatorietà delle assicurazioni.
La tempesta perfetta che colpisce il sistema produttivo ortofrutticolo nazionale ha infatti una doppia origine: il cambiamento del clima, con eventi estremi sempre più frequenti, e il non cambiamento nei rapporti commerciali, con un forte squilibrio in favore della distribuzione, nonostante il tardivo recepimento della direttiva sulle pratiche sleali.
Più risorse sulla difesa attiva
«Il malato è grave, ma si può curare – garantisce Cristiano Fini, Presidente di Cia Emilia Romagna».
«Un sistema di indennizzi snello – commenta Dino Scanavino, presidente di Cia- Agricoltori italiani - e una buona copertura assicurativa, sono indiscutibilmente necessari per far fronte, a posteriori, ai danni che l’ortofrutta italiana subisce per effetto delle calamità, siano essi eventi atmosferici estremi (+60% nel 2021) o attacchi di parassiti vegetali e animali (più di 700 milioni di danni per la sola cimice asiatica)».
«Cambiamenti climatici, Covid, crisi economica lungo la filiera e pressioni commerciali a livello globale – continua-, rendono però sempre più urgente una gestione integrata del rischio che metta al centro la prevenzione, grazie a più risorse e ricerca su soluzioni di “difesa attiva”».
Per trovare la “cura preventiva” più adeguata Cia-Agricoltori italiani ha organizzato al Macfrut 2021 di Rimini il convegno «Ortofrutta e calamità: risorse per la difesa attiva» con la moderazione di Terra e Vita. Un evento organizzato con l’obiettivo di lanciare un forte appello a Università e istituzioni per lavorare sul campo a progetti mirati e che colgano opportunità straordinarie come i 500 milioni del PNRR per innovazione e meccanizzazione.
Transizione ecologica e digitale, il ruolo della meccanizzazione
«Il nostro Paese – testimonia Alessandro Malavolti, presidente di FederUnacoma – deve affrontare una difficile transizione ecologica e digitale e per riuscirci deve innanzitutto puntare sulle risorse che sono già in campo». Il riferimento è ai due milioni di trattrici e operatrici che oggi costituiscono la dotazione tecnologica dell’agricoltura italiana. «Se opportunamente valorizzate possono dare un contributo diretto decisivo nella prevenzione dalle calamità ad esempio con la pulizia degli alvei dei fiumi e la manutenzione dei boschi, attività che oggi sono disattese».
La meccanizzazione italiana è in prima fila nella rivoluzione della digitalizzazione. «Sensori e Gps – descrive Malavolti- possono dare un contributo decisivo nella razionalizzazione e riduzione dei mezzi tecnici, assicurando una maggiore sostenibilità nella difesa, fertilizzazione e irrigazione. Se si vuole favorire la transizione verso il digitale occorre però che l’impegno degli agricoltori sia valorizzato, ad esempio evitando, attraverso barriere non tariffarie, la concorrenza di produzioni ottenute in sistemi molto meno sostenibili».
Varietà resilienti nel futuro
«Il climate change e l’aumento delle temperature – riconosce Alessandra Gentile dell’Università di Catania – mettono in forte difficoltà gli agricoltori, che possono reagire mettendo in campo azioni di adattamento (limitazione degli effetti negativi); ma anche di mitigazione (ruolo attivo nel contrasto agli effetti deleteri: es. lotta alla desertificazione, stoccaggio della CO2,)». Aspetti in cui la natura poliennale degli impianti frutticoli può assumere un’importanza determinante.
Un esempio può venire da quella che Gentile chiama “la questione irrigua”, ovvero la necessità di utilizzare al meglio la risorsa acqua senza penalizzare l’effetto climatizzante (mitigazione) assicurato dalla presenza di impianti arborei. Un problema che può essere affrontato con una tripla prospettiva:
- gestionale (diffusione di metodi irrigui caratterizzati da maggiore efficienza e di tecniche di aridoresistenza);
- di riciclo (utilizzo di fonti idriche non convenzionali, tutte caratterizzate da maggiore salinità);
- biologica: (ricerca di varietà, portinnesti e loro combinazioni caratterizzati da una maggiore efficienza idrica (Wue) anche in riferimento, appunto, a qualità delle acque «non canoniche»).
Il miglioramento genetico può dare un forte contributo per la prevenzione e il controllo di stress biotici e abiotici e Gentile è una dei protagonisti del progetto nazionale Biotech che mira a sviluppare, attraverso le tecnologie di breeding più evolute, varietà resilienti e adatte alle condizioni pedoclimatiche italiane. Tra gli obiettivi su cui si sta lavorando: limoni resistenti al mal secco, agrumi resistenti al Huanglongbing disease, cv di pero con minore esigenza di freddo invernale, portinnesti resistenti alla salinità, ecc.
Irrigazione contro le gelate
«L’irrigazione – mette in guardia Paolo Mannini, direttore generale del Consorzio del Canale emiliano romagnolo - è una pratica imprescindibile per l’ortofrutta italiana. Nel 2017, 2020 e 2021 le prolungate alte temperature e l’intensa radiazione solare hanno comportato danneggiamenti alle colture che solo l’effetto climatizzante dell’irrigazione e l’ombreggiamento delle reti anti-grandine hanno potuto contrastare».
Irrigazione che rischia di diventare decisiva non solo in estate, ma anche a inizio primavera per contrastare l’impatto devastante delle gelate tardive sempre più frequenti.
«L’incremento delle temperature invernali – spiega Mannini- determina un anticipo nella formazione delle gemme e della fioritura con maggiori rischi di gelate tardive per irraggiamento, con gravi perdite di produzione. L’irrigazione antibrina può ridurre i danni sulle piante».
Il metodo più corretto varia però a seconda del territorio. L’irrigazione soprachioma adottata in Trentino non si adatta infatti alle condizioni di pianura. Le prove del Cer dimostrano invece l’efficacia in queste zone dei sistemi sottochioma con microirrigatori su terreno inerbito. Occorre però poter disporre di risorse idriche proprie come pozzi o laghetti perché l’attingimento sincronizzato di un numero elevato di utenti metterebbe in crisi le reti consortili di irrigazione.
E un altro problema è il costo: Lorenzo Berra, Direttore della Fondazione Agrion, in Piemonte, stima infatti che un impianto frutticolo dotato di sistemi di difesa attiva contro gelate, siccità e grandine possa arrivare a costare tra 70 e 100mila euro ad ettaro. Investimenti che possono essere sostenuti solo in presenza di un sistema creditizio efficiente e sostegni pubblici adeguati.
L’appello di Cia: riduciamo l’impatto delle calamità del 40%
«Dobbiamo provare – è l’appello di Cia-Agricoltori Italiani - a ridurre attraverso l’innovazione l’effetto delle calamità di almeno il 40%».
Il conto dei danni che ha subito il settore frutticolo nel 2021 da gelate, grandine, siccità e problemi fitosanitari (e anche commerciali) può far capire il valore di questo obiettivo. «Le aziende accusano – stima Fini- una riduzione del 40% della Plv nel caso delle albicocche, -65% per le pesche, -70% per le susine, -15% per le mele fino al caso estremo delle pere con una perdita che anche quest’anno ha superato l’80%, come fanno i produttori ad andare avanti?».
«L’ortofrutta è il settore più in crisi – concorda Alessio Mammi, assessore all’agricoltura dell’Emilia – Romagna -. Difficoltà che a dire il vero vanno avanti da qualche anno. Ma è un settore vitale e su cui conviene investire, anche alla luce del trend di aumento dei consumi internazionali».
Mammi ha in mente una ricetta di rilancio che passa attraverso 7 punti e ha chiesto al ministro Stefano Patuanelli di allestire un tavolo di crisi mirato.
230 milioni di indennizzi per le gelate da sbloccare
Il primo segnale che andrebbe dato è però la tempestività negli indennizzi. I produttori frutticoli hanno ad esempio subito danni per le gelate negli ultimi due anni. Hanno ricevuto la prima trance da 20 milioni di euro ma ancora devono ricevere i 70 milioni stanziati dalla Finanziaria 2020 e i 161 espressi dal decreto sostegni. «Gli indennizzi arriveranno entro la fine dell’anno – assicura Mauro Serra Bellini della direzione generale dello Sviluppo rurale del Mipaaf - anche perché i fondi legati al decreto sostegni devono essere attribuiti entro la fine del 2021. Stiamo contabilizzando gli interventi e ad aver causato i ritardi è stato l’allargamento ai danni per le grandinate estive».
Nella prossima Pac cambia tutto
L’obiettivo dell’Unione europea è però quello di ridurre nei prossimi anni il ricorso ai fondi per le calamità naturali.
«Nella programmazione post 2023 – spiega Serra Bellini - la carenza di offerta assicurativa di alcune tipologie di rischio non più economicamente sostenibili sposta l’attenzione dagli interventi di difesa passiva – le polizze assicurative – agli interventi di difesa attiva contro il maltempo (ad es. gelo, grandine, brina) e organismi nocivi».
Fondo solidarietà da ripensare
L’ortofrutta nazionale sta affrontando per il secondo anno consecutivo la crisi per le gelate tardive che hanno procurato, in questo 2021, oltre 800 milioni di danni alla frutticoltura estiva e primaverile (albicocche, pesco, susino e ciliegio) e poi su pere, kiwi e frutta in guscio con particolare riferimento alle nocciole (-70%). «Gestire l’emergenza – ribadisce Scanavino - è di fatto ormai anacronistico, come lo è pensare che le aziende possano contare solo sul sistema assicurativo con costi di accesso crescenti o confidare nel Fondo di Solidarietà nazionale che va assolutamente ripensato».
Ma gli investimenti latitano
Se l’obiettivo, stando all’incidenza sempre maggiore dei cambiamenti climatici, è quello di mettere in sicurezza la produzione da intemperie, malattie e parassiti, la lente d’ingrandimento secondo Cia Agricoltori italiani va portata su tecnologie specifiche di protezione delle colture sia tradizionali che innovative e multifunzionali. «Soluzioni che, all’atto pratico, vedono l’Italia arrancare con l’Emilia-Romagna a fare da traino sul fronte degli investimenti (oltre 20 milioni stanziati) e il resto del Paese che non supera neanche la metà».
«A mancare - chiarisce il presidente di Cia - non è l’interesse delle aziende, che senza prodotto perdono via via mercato, ma un cambio d’approccio a livello di sistema, istituzionale in primis, che anteponga la prevenzione alla cura».
Un patto di sistema più equo ed efficace
«Serve tanta buona ricerca finanziata e vanno rafforzate le opportunità, tecniche e finanziarie, per rendere più fruibile la copertura integrata al rischio assicurata dai sistemi di “difesa attiva”».
«I produttori ortofrutticoli – ribadisce Scanavino - non possono lavorare per essere risarciti, devono poter lavorare e raccogliere il frutto del loro lavoro».
«Se è vero l’obiettivo è quello di rendere l’agricoltura più sostenibile e innovativa allora quel ‘patto di sistema’ più equo, moderno ed efficace, lungamente sostenuto da Cia, puntando su catena del valore e della distribuzione, su nuove sinergie produttive nel Mediterraneo e rilancio dell’export, non può che partire da garanzie di tenuta per le aziende e dalla difesa delle produzioni».